lunedì 26 gennaio 2015

Intervista con Marco Perona di Andrea Aguzzi



Parliamo di ‘Oltre’, il primo lavoro discografico di Misticanza. Cos’è Oltre e perché Oltre?

Oltre è un viaggio, un diario, un racconto in brani/capitolo, uno sguardo alle spalle, un nuovo sentiero da esplorare, una necessità.
Ho lavorato quasi unicamente per la danza flamenca ed il teatro ed era da tempo che sentivo l'esigenza di raccogliere ed in qualche modo dare forma alle tante note prodotte durante questi dieci anni di attività professionale e di strutturarle in un dialogo musicale che potesse reggersi autonomamente e vivere di vita propria.
Impulso che ha trovato la giusta e necessaria forza dall'incontro con Francesco De Vita, straordinario chitarrista e compositore e la conseguente nascita del progetto Misticanza.
Un diario, dicevo, che non segue un ordine cronologico e che vede qualche pagina scritta da Francesco e altre a due mani, ma è proprio questo che ricercavo, una sorta di fotografia istantanea che fermasse questo preciso momento tra uno sguardo al vissuto e contemporaneamente il primo passo verso il nuovo sentiero, l'Oltre, per l'appunto.
Dopo aver dedicato così tanto tempo al flamenco era quasi naturale che il 'colore' del disco si muovesse fra profumi e sentori andalusi, ma la tavolozza che abbiamo voluto utilizzare è molto più variopinta, i contorni meno nitidi e il tratto più sfumato.
Le musiche sono permeate da uno spunto, principalmente ritmico, flamenco, ma la linea compositiva risente delle personali esperienze musicali: dal rock progressive all'acustica, dalla bossa nova alla classica, dalla tradizione del sud Italia al folk mediterraneo, una Misticanza che rende davvero unico questo progetto.
Le chitarre lavorano a canoni, contrappunti, si inseguono e dialogano in un continuo intreccio sonoro alternandosi nel 'portare' la linea melodica principale, una fusione totale scevra da presupposti tipici del mercato discografico e calcoli matematici a tavolino, libera espressione 'Oltre' le definizioni di genere, con l'unico obiettivo di regalarci e regalare emozioni.
La scelta di accordare con un La di riferimento a 432Hz è anch'essa un tentativo, che ci auguriamo riuscito, di ottenere un impasto più gradevole all'ascolto e che meglio si sposa con le atmosfere delle nostre composizioni.
Dieci brani che raccontano il passato, il presente e anticipano il futuro di Misticanza, nella convinzione, sempre più solida, di dedicarci a suonare ciò che ci coinvolge, che ci piace e ci appaga quando mettiamo le dita sui manici e le corde delle nostre chitarre.

Quando hai iniziato a suonare la chitarra e perché? Che studi hai fatto e qual è il tuo background musicale? Con che chitarre suoni e con quali hai suonato?

Devo dire che sono stato molto fortunato, la mia famiglia si è sempre dimostrata molto attenta e rispettosa del mondo musicale, merito di mia nonna, eccellente pianista, ma anche dei miei genitori che hanno seguito i primi concerti jazz nell'immediato dopoguerra e anche di mio fratello, più grande di me, ottimo chitarrista, anche se la sua traiettoria professionale lo ha portato a fare tutt'altro.
Una chitarra a disposizione, dunque, non è stato un problema averla anche se da bambino prediligevo la batteria e poi, da adolescente, il flauto traverso.
In casa si è sempre ascoltata molta musica, dal rock alla classica, Led Zeppelin, Genesis, ma anche PFM, Le Orme, o ancora CSNY o Robert Fripp e Fabrizio De Andrè, unica esclusione, forse, la musica dance.
Ho suonato per lungo tempo una Martin HD28, che ancora possiedo, inseguendo gli artisti che in quell'epoca venivano definiti New Age e che introducevano il fingerpicking in Italia, ed ho avuto modo di seguire gli ambienti chitarristici che si andavano via via formando: nella Torino dei primi anni '80 non era difficile 'imbattersi' in personaggi come Peppino D'Agostino o Duck Baker :)
Dopo una lunga pausa lavorativa, una decina di anni in cui non ho mai smesso di suonare anche se non professionalmente, ho 'incontrato' il flamenco.
Sono completamente autodidatta per cui l'idea che io potessi anche solo pensare di poter suonare flamenco era molto distante dai miei progetti, ma l'innamoramento era ormai avvenuto con il baile, che ho studiato per qualche anno.
Questa esperienza mi ha aiutato a comprendere i legami tra la musica flamenca e il cante e il baile, i risvolti ritmici e tutte quelle caratteristiche che rendono quest'arte così unica nel panorama mondiale.
Da qui prende il via la mia carriera professionale come chitarrista flamenco che mi ha regalato ed ancora regala grandi soddisfazioni.
La chitarra che mi ha accompagnato per tanti anni era costruita da Arcadio Marin, di Madrid, grande chitarrista flamenco ed ottimo liutaio, i miei Maestri Jesus Torres e Juan Antonio Suarez 'Cano' suonano attualmente con sue chitarre. Quando mi sono trasferito nelle terre bolognesi ho conosciuto Giulio Cantore, anch'egli ottimo chitarrista e 'giovane' liutaio, e mi sono innamorato di due sue chitarre che alterno per le mie necessità.

Quali sono state e sono le tue principali influenze musicali? In che modo esprimi la tua “forma” musicale sia nell’ambito dell’esecuzione che nell’improvvisazione, sia che tu stia suonando “in solo” sia assieme altri musicisti? Elabori una “forma” predefinita apportando aggiustamenti all’occorrenza o lascia che sia la “forma” stessa ad emergere a seconda delle situazioni, o sfrutti entrambi gli approcci creativi?

Il panorama della chitarra flamenca è veramente molto vasto e costellato da straordinari interpreti che necessariamente lasciano il segno nella formazione di chiunque intraprenda lo studio del flamenco, sia che si parli di tradizionale che di jazz-flamenco o di contaminazioni in genere. Innegabili le influenze di tutti i grandi da Paco De Lucia a Vicente Amigo dai quali, ovviamente, non si può prescindere, ma fra i meno conosciuti dal grande pubblico annovererei Juan Gomez 'Chicuelo' e il già citato Jesus Torres.
I miei brani sono nati quasi tutti in solitario, anche se in questi ultimi anni con Misticanza c'è stato un cambio di percorso che mi diverte molto e pare anche molto proficuo. Non sono un virtuoso e ho sempre gradito poco le performance prettamente 'tecniche', preferisco ricercare un passaggio in cui trasmettere uno stato d'animo, un'emozione, una sensazione, raccontare una storia e dalla stessa trarne ispirazione.

Quale significato ha l’improvvisazione nella tua ricerca musicale? Si può tornare a parlare di improvvisazione in un repertorio così codificato come quello classico o bisogna per forza uscirne e rivolgersi ad altri repertori, jazz, contemporanea, etc?

Difficile per me, autodidatta, rispondere a questa domanda, a maggior ragione se così specifica sull'improvvisazione all'interno del repertorio classico. Nell'ambito del flamenco, ed ancora di più se si fa riferimento all'accompagnamento del baile o quello del cante, l'improvvisazione è quasi la consuetudine, per cui non credo sia necessario alcun altro commento relativo alla sua importanza; nelle mie composizioni, invece, preferisco attenermi alla diteggiatura e struttura che ho pensato...salvo
'districarmi' dal maledetto errore per cui, di necessità virtù :)

In che modo la tua metodologia musicale viene influenza dalla comunità di persone (musicisti e non) con cui tu collabori? Modifichi il tuo approccio in relazione a quello che direttamente o indirettamente ricevi da loro? Se ascolti una diversa interpretazione di un brano da te già suonato o che vuoi eseguire tieni conto di questo ascolto o preferisci procedere in totale indipendenza?

Come accennavo sopra, il lavorare con Francesco De Vita sul progetto Misticanza ha notevolmente cambiato il mio approccio alla composizione ed è assolutamente normale che un tema venga rivoltato e riconsiderato in funzione di ciò che nasce durante l'evoluzione stessa del brano. Ho sempre cercato di proporre solo musica scritta da me, per necessità prima e per convinzione poi, e sfortunatamente nessun altro chitarrista ha mai suonato per intero un mio brano o ne ha fatta una sua interpretazione, ma credo proprio che se ciò accadesse e la trovassi di mio gusto un pensierino lo farei sicuramente.

Una domanda un po’ provocatoria sulla musica in generale, non solo quella contemporanea o d’avanguardia. Frank Zappa nella sua autobiografia scrisse: “Se John Cage per esempio dicesse “Ora metterò un microfono a contatto sulla gola, poi berrò succo di carota e questa sarà la mia composizione”, ecco che i suoi gargarismi verrebbero qualificati come una SUA COMPOSIZIONE, perché ha applicato una cornice, dichiarandola come tale. “Prendere o lasciare, ora Voglio che questa sia musica.” È davvero valida questa affermazione per definire un genere musicale, basta dire questa è musica classica, questa è contemporanea ed è fatta? Ha ancora senso parlare di “genere musicale”?

Non ho ben inteso se il senso della domanda fosse questo, ma una delle difficoltà che incontriamo parlando di Misticanza è relativo alla definizione del suo genere. Abbiamo cercato di fugare ogni dubbio già nella scelta del nome, Misticanza, che già di per se indica una miscellanea, un insieme poco classificabile. Sono tutti brani originali e se si può intravedere una matrice flamenca sono comunque frutto di tutto il vissuto, musicale e non, e catalogare 'Oltre' come disco flamenco o acustico o contemporaneo diventa difficile se non impossibile. Personalmente preferisco continuare a mettere una nota accanto ad un'altra lasciandomi trasportare dall'emozione che ne scaturisce senza chiedermi od obbligarmi a rispettare questi o quei paletti: la si definisca come si vuole, l'importante è 'arrivare' al pubblico e goderne insieme.

Berlioz disse che comporre per chitarra classica era difficile perché per farlo bisognava essere innanzitutto chitarristi, questa frase è stata spesso usata come una giustificazione per l’esiguità del repertorio di chitarra classica rispetto ad altri strumenti come il pianoforte e il violino. Allo stesso tempo è stata sempre più “messa in crisi” dal crescente interesse che la chitarra (vuoi classica, acustica, elettrica, midi) riscuote nella musica contemporanea, per non parlare del successo nella musica leggera, dove chitarra elettrica è ormai sinonimo di rock ... in quanto musicista polivalente e trasversale… quanto ritiene che ci sia di veritiero ancora nella frase di Berlioz?

La domanda è particolarmente tecnica, e inviterei Francesco De Vita a raccontarci la sua opinione in merito.

‘Sicuramente non bisogna dimenticare che l'esiguità del repertorio è dovuta alla giovane età dello strumento; Antonio de Torres inizia la sua carriera come liutaio dopo il 1840, e solo da allora la chitarra inizia a divenire capace di esprimersi al livello che oggi conosciamo.
E' inevitabile manchi una grossa fetta di letteratura e che le trascrizioni non possano superare i limiti di proiezione sonora dello strumento rispetto a qualsiasi altro presente in orchestra; e che sia evidente quanto
compositori chitarristi come Sor o Giuliani, abbiano saputo sfruttare l'acustica dello strumento in maniera ottimale. Impatti sonori brillanti e potenti, utilizzando con maestria le corde a vuoto; l'equilibrio e l'impasto delle voci interne, la predilezione per le tonalità che calzano meglio sullo strumento. Per non parlare dell'efficacia delle diteggiature.. Contestualizzato alla chitarra classica trovo quindi l'affermazione di Berlioz ancora veritiera.
Ma il discorso è completamente diverso per la chitarra contemporanea. le possibilità che oggi offrono sistemi di amplificazione, effetti, software, hanno annientato i limiti compositivi. Si può ottenere qualsiasi tipo di suono, farlo durare quanto si vuole, suonare in tapping.. lo strumento è diventato assolutamente poliedrico e offre tutte le possibilità di eseguire in maniera ottimale una qualsiasi composizione nata per altri strumenti.
Trovo la chitarra lo strumento più geniale mai inventato ("un pianoforte in miniatura" Segovia) e soprattutto uno strumento ancora in evoluzione.’

Ho, a volte, la sensazione che nella nostra epoca la storia della musica scorra senza un particolare interesse per il suo decorso cronologico, nella nostra discoteca-biblioteca musicale il prima e il dopo, il passato e il futuro diventano elementi intercambiabili, questo non può comportare il rischio per un interprete e per un compositore di una visione uniforme? Di una “globalizzazione” musicale?

Penso che ognuno di noi sia un essere unico e straordinariamente originale proprio per la sua unicità, per cui il rischio di globalizzare un sentire musicale non dovrebbe neanche porsi se non ci si lasciasse irretire dalle richieste di un 'mercato' ma si desse libero sfogo alla creatività. Mancano gli spazi adeguati dove poter presentare i progetti e purtroppo sempre più spesso si fa riferimento al cassetto del registratore
di cassa invece che alla qualità ed originalità del gruppo o del solista in
questione.

Ci consigli cinque dischi per te indispensabili, da avere sempre con se.. i classici cinque dischi per l‘isola deserta..

Ho meditato a lungo sui cinque dischi da scegliere e ogni giorno l'elenco variava, anche stravolgendo completamente l'ordine precedente. Ho deciso che baratto i cinque dischi, il lettore, le cuffie e i cinque spartiti con una piccola chitarra da avere con me sull'isola deserta :)

Il Blog viene letto anche da giovani neodiplomati e diplomandi, che consigli ti senti di dare a chi, dopo anni di studio, ha deciso di iniziare la carriera di musicista?

L'ho già detto ma lo sottolineo: suonare sempre ciò che ti piace ascoltare

Quali sono i tuoi prossimi progetti?

In questo momento ci stiamo dedicando alla promozione del disco, abbiamo qualche data di presentazione e ci auguriamo se ne aggiungano ancora molte altre.
Nel frattempo sto consolidando il lavoro di composizione dopo le prime date realizzate ed in funzione della stagione estiva con gli spettacoli TerrAdentro e Battito di Flamenquevive e parallelamente i live con il quartetto Alboreo e il Collettivo Decanter.
Misticanza - 31 Gennaio - Evento privato - Bologna
21 Febbraio Spazio Menomale - Bologna
Battito/Flamenquevive - 20 Febbraio Teatro Fabbri – Forlì




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