martedì 25 novembre 2014

DIAMO VOCE AI COMPOSITORI 1: Intervista a Aurelio Samorì



Il SON Ensemble, formazione dedita alla diffusione della Nuova Musica, ha di recente dato il via una particolare iniziativa divulgativa: i compositori che collaborano con l'ensemble prestano la loro voce per una serie di interviste in cui parlano della propria poetica e si esprimono su vari temi dell'attualità musicale in Italia. 
La prima serie di video—interviste a cura del SON Ensemble ospita i compositori le cui opere sono state eseguite in concerto dallo stesso SON lo scorso 14 ottobre 2014: Aurelio Samorì, Andrea Toffolini, Giorgio Bussolin, Corrado Pasquotti. 
Il concerto e le interviste sono state effettuate nella cornice dei Corsi Musicali 2014 organizzati dall'Associazione Culturale “Ischia Musica”. 
 [l'intervista odierna è a cura di Leonardo De Marchi, mentre la trascrizione dell'audio è stata effettuata da Gabriele Soppelsa] 

Leonardo De Marchi: Per il canale Youtube del SON Ensemble abbiamo con noi oggi Aurelio Samorì. Buongiorno, Maestro. 

Aurelio Samorì: Buongiorno! 

 LDM: Aurelio Samorì, Faentino, classe 1946, è una delle figure più interessanti nel panorama della musica di ricerca in Italia. E’ legato in modo molto forte al Conservatorio di Pesaro, presso il quale ha studiato numerose discipline: composizione, strumentazione per banda, pianoforte e musica elettronica. Vorrei, visto il suo legame cinquantennale con il Conservatorio di Pesaro, cominciare facendole una domanda su uno dei suoi maestri, una figura importante nella sua formazione, Boris Porena, nome significativo nella musica di ricerca italiana. Ci vuole parlare di lui, di quello che ha studiato e ha avuto modo di approfondire? 

AS: Boris Porena l’ho conosciuto appunto al Conservatorio di Pesaro, quando ho terminato il corso inferiore di composizione e sono entrato nella sua classe al quinto anno. Per me è stato un maestro fantastico, nel senso che conosceva molto bene la letteratura del passato - ovviamente letteratura musicale - e mi ha spinto a scrivere e a comporre cose che non si facevano col maestro precedente. È stato perciò lui la molla principale per introdurmi alla composizione, non quella di studio ma quella libera. Quindi ho terminato con lui lo studio della composizione ed è stato una figura di notevole riferimento per quel periodo. Boris Porena, quando l’ho conosciuto io, era molto giovane, aveva 36 anni, era un compositore che veniva eseguito, aveva vinto concorsi; era poi una persona molto affabile con gli studenti, quindi mi ci sono trovato particolarmente bene. 

LDM: Ecco, un’altra figura centrale nella sua formazione è stata invece quella di Franco Donatoni. Vuole parlarci di qualche ricordo umano o professionale di quel periodo? Vorrebbe dirci inoltre quali sono secondo lei gli aspetti del pensiero musicale di Donatoni che più hanno inciso nella ricerca musicale dei nostri giorni? 

AS: Franco Donatoni l’ho conosciuto nel 1977, quando decisi di provare ad iscrivermi all’Accademia Chigiana a Siena. Ero abbastanza timoroso di poter entrare, perché so che lui era una persona molto esigente, non facile nel primo contatto coi ragazzi. L’esame d’ammissione consisteva nel presentare i lavori che uno aveva fatto, cosa che io feci: con grande mio piacere ho avuto l’ammissione. Frequentato il corso, i miei primi quindici giorni sono stati traumatici, perché i lavori che sottoponevo lui li demoliva, nel senso che voleva capire e voleva che spiegassi quasi nota per nota come avevo fatto a scrivere il pezzo. Siccome cercavo di avere un metodo, però lasciavo sempre le cose così, non dico al caso, però all’immaginazione (cosa che a lui non stava bene, nel senso che voleva che il ragionamento fosse portato fino in fondo e che uno acquisisse una tecnica per poter svolgere il materiale), ecco, sono stati quindici giorni abbastanza drammatici. Dopodiché, conoscendo anche gli altri studenti - che poi sono Luca Mosca, Paolo Ugoletti, Alessandro Solbiati, Ruggero Laganà - mi incoraggiarono e mi dissero “Ma guarda che è un pochino per tutti così, con Donatoni... bisogna capirlo, porta pazienza, bisogna lavorare...”. E così feci: iniziai a scrivere e dalle torture iniziali si passò a qualche accenno di “Massì, le cose cominciano ad andare benino” eccetera. Fatto sta che verso la fine del corso - che allora durava circa un mese e mezzo - io avevo terminato il mio pezzo, che era corto ed era per tre strumenti (clarinetto, violoncello e pianoforte). Nell’ambito dell’organico che avevo a disposizione io ho scelto questi tre strumenti. Ebbene, io, abbastanza contento, glielo sottopongo, perché poi c’era il saggio e se lui dava l'ok [il brano] veniva eseguito […] . E quindi ero speranzoso… lui lo guardò e disse: “Un po’ di cose si sono mosse, va bene... questa è una prima parte, continualo durante l’autunno e l’estate”. Al che rimasi fregato appunto, perché il saggio era “saltato” […] . Un altro episodio che ricordo abbastanza piacevolmente è stato un paio di anni dopo, nel '79. Allora avevo chiesto l’iscrizione a Roma all’Accademia Nazionale di S. Cecilia, e lui aveva avuto l’incarico in quell’anno, sostituendo Goffredo Petrassi. Anche lì mi andò bene perché mi accettò, e quindi iniziai a frequentare. Iniziammo a scrivere il brano, anche lì una cosa importante perché i brani che noi allievi riuscivamo a produrre venivano eseguiti da strumentisti dell’Orchestra della Rai […] . Poi ci aveva detto che molto probabilmente ci sarebbe stata la ripresa radiofonica e la successiva trasmissione: erano occasioni notevoli, e mi misi a scrivere. Parlo del '79, quindi erano già due anni che stavo sotto alle sue ali; iniziammo il corso, mi pare, a novembre e ci si vedeva ogni quindici giorni, e c’erano due giorni intensi di lezione. Fatto sta che, durante le vacanze di natale, decido di affrontare un viaggio, di andare in Africa, un mio desiderio fin da quando ero piccolo. Il brano fino ad allora era andato secondo le mie normali aspettative. Feci il viaggio: era stata tanta l’emozione di fare un safari fotografico, di vedere animali, la mia passione… una volta tornato, ho continuato il brano. Alla prima lezione sottopongo il lavoro, lui lo guarda sin dall’inizio (perché sfogliava sempre dall'inizio), voleva rendersi conto di come continuava. Ad un certo punto vedo che fa un gesto particolare e poi mi dice: “Ma cosa ti è successo, qui?”. Gli ho detto: “Maestro, ho realizzato il sogno della mia vita, sono andato in Africa a fare il safari fotografico”. E lui, appunto, mi fece notare che c’era una notevole differenza: ero arrivato a metà del brano e avevo chiarito molto le intenzioni musicali e le figure alle quali lui teneva molto. Erano molto più precise ed era tutto più dettagliato, e questo è stato un bel ricordo. È stata una svolta, così, cose che capitano; siccome diceva sempre che la musica è sempre legata alle nostre esperienze extra musicali, ho toccato con mano la verità di questa cosa. 

LDM: Quindi, complessivamente l’apprendistato con Donatoni è durato fino al… 

AS: ...fino all’81, quattro anni. 

 Il contenuto integrale dell'intervista è visibile al link sottostante:

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