martedì 31 gennaio 2012

Recensione di Preludi a getto d’inchiostro di Nicola Campogrande, Velut Luna 2006


Questa volta la recensione comincia dal libretto che accompagna il cd. Invece delle solite note o dell’eventuale saggio che accompagna usualmente i cd di musica questa volta è stato scelto di accompagnare le musiche con alcuni estratti dalla corrispondenza elettronica tra Elena Càsoli e Nicola Campogrande, le email spaziano tra il 1 settembre 2001 (data in cui Campogrande scrive di aver composto il primo preludio) e il 20 aprile 2003 (data in cui Elena Càsoli conferma di aver ricevuto l’undicesimo e il dodicesimo), un anno e sette mesi di lavoro per il compositore torinese per completare questi dodici schegge sonore di durata compresa tra il minuto e quarantaquattro secondi di Disincantato e i tre minuti e trentatrè secondi di Adagio liberamente.
Dodici i preludi interpretati da Elena con la sua Panormo del 1846, dodici musiche che sembrano costruite per rappresentare dei modelli, degli studi di rappresentazione armonica e melodica in grado di far respirare e rappresentare tutto il ricco caleidoscopio di colori che la sua chitarra e la sua bravura e intelligenza di interprete possono offrire a un compositore altrettanto sensibile e versatile.
I titoli stessi dei preludi (Adagio, liberamente, Con leggera insistenza, Stupendosi, Respirando con libertà, Disincantato, Ombroso, Investigando, Rimbalzando; Misterioso, Sulle colline, Seriamente, Leggero) indicano già una spiccata attenzione all’aspetto interpretativo dei brani e alla loro natura “sentimentale”, molto lontana da certe asprezze cui la musica contemporanea ci ha abituato.
Sono musiche molto piacevoli e godibili, apparentemente semplici, ma che in realtà nascondono una complessità da non sottovalutare per chi li vuole suonare e che può invece essere solo leggermente avvertita da chi li ascolta.
A ulteriore dimostrazione della notevole bravura dell’interprete e della versatilità delle musiche la presenza su cd di altre dieci registrazioni dei preludi realizzati con chitarra acustica Taylor e con arciliuto Goldsmidt (tre dei quali remixati).

Gli spartiti sono pubblicati da Universal Music Italia.

lunedì 30 gennaio 2012

Recensione di The Room di Keith Rowe, erstwhile records, 2007


Scorrendo il flusso di oltre quattro anni di lavori del Blog Chitarra eDintorni Nuove Musiche mi rendo conto che non abbiamo mai parlato di Keith Rowe, solo una volta, a dire il vero, nel corso dell’intervista a Paolo Angeli.
Mea culpa averlo lasciato fuori finora, ma rimedio con questa recensione. Rowe non è un personaggio semplice, avanguardista sempre fedele al proprio credo, sperimentatore audace e polemico sornione, costruttore di strumenti, dissacratore di ogni tradizione e nemico di ogni virtuosismo tecnico, improvvisatore radicale alla costante ricerca di linguaggi e idiomi nuovi e non strutturati, non rappresenta certo un musicista di facile approccio.
Fondatore nel 1960 del gruppo di libera improvvisazione AMM ha sempre suonato la chitarra in maniera tutt’altro che convenzionale, ovvero tenendola sulle ginocchia o su un tavolo davanti a se e utilizzandola non nel modo che conosciamo ma piuttosto come una generatrice di rumore strutturato, facendola interagire con qualcunque cosa potesse permetterle di emettere suoni nuovi, diversi, spesso al limite dell’udibile.
La sua ricerca lo ha portato in campi diversi ad esempio dell’approccio dell’altro santo inglese dell’improvvisazione, Derek Bailey: come si può sentire in questo disco (uno dei pochi lavori solisti da lui firmati) Rowe gestisce rumori, feedback e drones in modo da creare una sorta di “ambient” a volte aspro, a volte soffice in anticipo di diversi anni rispetto a lavori nell’ambito della musica elettronica licenziati da etichette discografiche indipendenti come la Sub Rosa e al Mille Plateux.
Rowe è un vero artigiano del suono. Dalla sua chitarra smembrata e ricostruita genera improvvisazioni, materia sonora casuale, noise cacofonico, fondali di drones che la sua esperienza gestisce e assembra tra loro in modo quasi contrappuntistico in una unica traccia che si snoda lasciando la strana sensazione che niente avvenga per puro caso ma in base a un ordine sequenziale ben preciso, il tutto in un unico “stream of consciusness”.
Ascoltare la sua musica non è semplice, come in questo caso poi si pone spesso ai confini della sound art, ma è sicuramente utile perché la chitarra di Rowe è capace di scuotere, di porre all’ascoltatore non superficiale domande, interrogativi sulla natura del suono e della musica e su cosa significhi suonare uno strumento. Considerate quindi questo disco come un “generatore di esperienze” e lasciatevi stimolare.

domenica 29 gennaio 2012

Guitars Speak programma radio sulla chitarra in onda su Radio Voce della Speranza



Mercoledì ore 21 su Radio Voce della Speranza: Giuseppe Chiaramonte in concerto

Mercoledì sera trasmetteremo il recital "Chitarra Elegiaca". Alla chitarra il giovane chitarrista milanese Giuseppe Chiaramonte, il concerto è stato registrato a Milano il 4 dicembre 2011, ascolteremo musiche di: J. S. BACH: Sarabande BWV 1004, J. K. MERTZ: Elegie, F. SOR: Fantasie Elégiaque op. 59, A. BARRIOS: Julia Florida, A. BARRIOS: La Catedral, [encore] Jeux Interdits

venerdì 27 gennaio 2012

Giornata della Chitarra Classica, 28 gennaio




Di seguito vi segnalo in anticipo per tutti e 12 gli appuntameni le date esatte e i luoghi delle Giornate del 2012:

Sabato 28 Gennaio

C.A.M. Lessona (via Lessona, 20)

Sabato 25 Febbraio

C.A.M. Lessona

Sabato 31 Marzo

C.A.M. Lessona

Sabato 28 Aprile

C.A.M. Lessona

Sabato 26 Maggio

C.A.M. Lessona

Sabato 30 Giugno

C.A.M. Pecetta (via Pecetta 29)

Sabato 28 Luglio

C.A.M. Pecetta

Sabato 25 Agosto

C.A.M. Pecetta

Sabato 29 Settembre

C.A.M. Lessona

Sabato 27 Ottobre

C.A.M. Lessona

Sabato 24 Novembre

C.A.M. Lessona

Sabato 15 Dicembre

C.A.M. Lessona

John Zorn, Morricone e The Big Gundown, quarta parte



Performance. La scelta dei musicisti è da sempre un fattore cruciale per il successo delle musiche di Zorn: sono i musicisti impiegati che determinano il suono che prenderanno le musiche da lui composte o riarrangiate.
In ciascuna performance, che si tratti di suonare blocchi di noise cacofonico, libere improvvisazioni, temi di film dell’orrore, bucoliche melodie popolari giapponesi, linee di jazz bebop, richiami per anatra o chitarre di metallo che ruggiscono a tutto hardcore. Nel libretto che accompagna il cd c’è una frase: “The effect is like watching a chameleon race through a paint box.”, meravigliosa.
"That style of improvisation is a true American hybrid music, like rock was a hybrid music," dice lo stesso Zorn nel libretto della prima edizione del cd. "No generation of composers has been exposed to as much different music as we have, thanks to the technology of recording and the resulting boom in the quantity of music available."
La musica di Zorn può essere etichettata come “citazionista”, lui stesso è un grande collezionista di dischi (in un intervista risalente ai tempi di Spillane parlava di possedere circa 14.000 dischi di vinile e esistono numerose foto che lo ritraggono sullo sfondo di pareti coperte da dischi) e sicuramente il suo particolare stile riflette questo immensa quantità di ascolti: "Twenty or thirty years ago you had to bend over backward to find a record from Bali,today, media's gone nuts. We're just trying to incorporate all these different elements that are available to us."
Da qui la necessità di un gruppo di musicisti perfettamente coeso e in grado di interpretare al meglio le notazioni di Zorn, tutti presentano fondamentalmente le medesime caratteristiche: eccellenti capacità tecniche, una dedizione totale per la musica, una “naturale” predisposizione per l’improvvisazione, marcata personalità artistica, eccellente capacità di lavorare in gruppo, un approccio non convenzionale agli strumenti tradizionali.
L’effetto è quello di poter aggiungere nuovi colori alla già estesa tavolozza a disposizioni di Zorn. In quell’occasione poi Zorn incassò anche i “dividendi” maturati con i lavori dedicati a Weill e a Monk: la possibilità di avere a disposizione uno studio di registrazione di prim’ordine in cui poter sperimentare a piacere: "I got to spend time in a good studio, and it was a pleasure, that process of getting everything so perfect, being able to overdub even in the improvisation, we could layer the sound."
Questo gli permise anche di poter sfruttare al meglio le già notevoli capacità dei musicisti coinvolti: "I realized, here were all these incredible musicians I'd been working with, and I'd been using onetenth of their capabilities by restricting the music to whatever was happening in that one hour the tape was rolling."
Il cast dei musicisti coinvolti per The Big Gundown è semplicemente impressionante e rappresentava all’epoca (e anche oggi) il meglio dell’ala più avventurosa della nutrita comunità musicale di New York:"I wanted each track to be very different and one of the things that made that possible was the people that play on the record,".
Molti di loro collaboravano con Zorn già da diversi anni e a loro volta erano compositori e band leader: la violinista Polly Bradfield, il batterista Mark Miller e il tastierista Wayne Horvitz probabilmente potevano vantare la maggiore “anzianità di servizio”, ma anche gli altri tra cui Anthony Coleman [tastiere], Christian Marclay [giradischi], Carol Emanuel [arpa], Bobby Previte [batteria], David Weinstein [tastiere], Bob James [nastri magnetici], Michihiro Sato [Tsugaru shamisen], Guy Klucevsek [fisarmonica], Jim Staley [trombone], Luli Shioi [voce], and Vicki Bodner [oboe] avevano già lavorato con lui.
Una delle caratteristiche della musica di Morricone era l’uso particolare della chitarra elettrica nelle colonne sonore per gli spaghetti western degli anni ’60. The Big Gundown schiera sei tra i più quotati chitarristi d’avanguardia: Bill Frisell, Fred Frith, Jody Harris, Arto Lindsay, Robert Quine, e Vernon Reid. Memorabili le loro interpretazioni nei remake di "Milano Odea," "Once Upon a Time in the West," e "Metamorfosi" conferendo una dose di drammaticità e di sana nevrosi newyorkese alle già “cariche” musiche del maestro italiano.
Gli altri musicisti sono il batterista Anton Fier dei Golden Palominos; la cantante Diamanda Galas; Ned Rothenberg [ocarina, shakuhachi and Jew's harp]; Shelley Hirsch [voce]; Melvin Gibbs [basso elettrico]; Tim Berne [sassofono] e l’ensemble di batucada brasiliano presente nella title track.
Stupisce, ma si rivela perfettamente azzeccata come scelta, la presenza del leggendario tastierista proveniente dalla Blue Note Big John Patton che suona il suo organo hammond in "Erotico," e la sublime armonica a bocca di Toots Thielmans che “recita” un cammeo in "Poverty," dalla colonna sonora di C’era una Volta in America.
La ristampa per l’anniversario dei quindici anni è stata poi impreziosita di ben sei tracce in più, tra cui vale la pena di citare una stupenda versione di "The Sicilian Clan", meno sconvolgente ma non meno affascinante di quella che comparirà sul mitico Naked City qualche anno più tardi.
Zorn distrugge, ricostruisce, ci mette dentro di tutto, musica sperimentale, classica, bebop, folk giapponese, rock, country, jazz, creando come al suo solito una musica che ha la propria forza nella massima libertà d'espressione, priva d'ogni limite ed etichetta, una musica dove non ci sono né vincitori, né vinti ma soltanto "Suono" creato dalla più pura disciplina artistica, madre dell'improvvisazione. Un disco eccezionale, imprescindibile per chiunque voglia accostarsi alla musica di Zorn, mi permetto di chiudere con il commento (scritto) di Morricone, una simile dichiarazione vale più di mille recensioni o saggi sull’argomento.

"This is a record that has fresh, good and intelligent ideas. It is a realization on a high level, a work done by a maestro with great science-fantasy and creativity. At limes my works have been varied from but it doesn't change anything because the pieces are still recognizable. My ideas have been realized not in a passive manner, but in an active manner which has recreated and re-invented what I have done previously for films. Many people have done versions of my pieces, but no one has done them like this. "
- Ennio Morricone

giovedì 26 gennaio 2012

“Deep Listening”: incontro con Pauline Oliveros + performance dell’ensemble Elettrofoscari.




“Deep Listening”: incontro con Pauline Oliveros + performance dell’ensemble Elettrofoscari.
Venerdì 27 gennaio 2012, alle ore 19, presso l’Auditorium Santa Margherita.

Pauline Oliveros, 80 anni tra qualche mese e da qualche tempo in residenza a Venezia, ospite della Emily Harvey Foundation, è la protagonista del primo incontro del 2012, organizzato dal progetto MusiCaFoscari. La compositrice parlerà della sua musica, e delle sue esperienze. Nell’occasione l’ensemble Elettrofoscari eseguirà due sue composizioni.


Pauline Oliveros è una delle figure carismatiche della musica contemporanea, è stata una delle protagoniste dalla straordinaria stagione musicale californiana degli anni 60, insieme a Terry Riley, Morton Subotnick, Ramon Sender. Da molti anni Oliveros è impegnata nello sviluppo di quello che chiama ‘ascolto profondo’, una pratica musicale fondata da una parte sull’improvvisazione, e dall’altra sull’esplorazione delle pieghe più nascoste delle esperienze sonore quotidiane. Da questo è nata la Deep Listening Band, un gruppo che suona interagendo con le risonanze e le impronte sonore di un luogo specifico.
Già direttrice del San Francisco Tape Music Center, ha insegnato in varie Università americane, ha ideato e sviluppato strumenti musicali elettroacustici, organizzato ensemble, formalizzato teorie, continuando sempre a esibirsi in performance improvvisate con la sua fisarmonica.

Info e ascolti:

http://paulineoliveros.us/

http://electronicgirls.blogspot.com/2010/01/pauline-oliveros-1932.html

L'ingresso è gratuito.

John Zorn, Morricone e The Big Gundown, terza parte


E pensare che Zorn questo disco non lo voleva fare. “La musica di Morricone è semplicemente perfetta” diceva. Poi le insistenze del produttore Yale Evelev, la fiducia conquistata e meritata con le rielaborazioni dei brani di Monk prima e di Kurt Weill dopo, l’ammirazione csconfinata che il newyorkese da sempre ha avuto nei confronti di Morricone e il pieno sostegno da parte della casa discografica gli fecero dire finalmente sì.
L’opinione del produttore fu semplicemente determinante: "John's own stuff was so free that there was no chance he was going to put all his people together and have them stay within the originals. He would be a catalyst to change things."
Per Zorn la sfida era troppo allettante per lasciar perdere: finalmente gli si dava la possibilità di uscire dalla ristretta cerchia di adoratori della musica underground potendo contare da un lato sul pieno appoggio della casa discografica, dall’altro di un nome di sicuro richiamo come quello di Morricone e infine la piena possibilità di scegliere i musicisti con cui creare le musiche. In pratica il pieno controllo sull’intero progetto e la completa libertà d’azione.
Gli arrangiamenti astuti e coraggiosi di John Zorn agiscono su queste colonne sonore col chiaro intento di rompere e aprire le loro strutture. Zorn non si limita a fornire degli abbellimenti alle musiche originali, ma piuttosto ingaggia un combattimento, una interazione al limite del nevrotico con le musiche di Morricone qualche volta con toni allegri e scherzosi, qualche volta con toni indagatori e scettici. La parodia musicale è una delle caratteristiche della musica di Zorn di quei periodi (anni ’80), ma qui si va oltre, la sua musica si incrocia con il tema del telefilm Rawhide per portarsi verso il grande macello. Zorn zoomma sui suggerimenti di Burt Bacharach della colonna sonora di Giù la Testa e sordidamente soppianta il gentile, "Sean, Sean... Sean, Sean" con un ritornello “shoop shoop” più effervescente. Se "Milano Odea" di Morricone ondeggia quasi meccanicamente, Zorn ne smantella attentamente il meccanismo e lo ridisegna in modo tale che le singole parti non siano correttamente saldate assieme. In "Giu la Testa" lo shakuhachi giapponese e lo Tsugani shamisen sottolineano lo Yojimbo di Kurosawa come una sorta di ur-text alla base del cinema di Leone; mentre la “americana” armonica a bocca di “C’era una volta in America” stride con la più “italiana” fisarmonica.
Spesso Zorn intensifica l’aggressività già espressa da Morricone nelle sue composizioni. Nella versione originale di "Metamorfosi" (da La Classe operaia Va in Paradiso) rauche strida e strilli acuti, a suggerire l’interno gotico di una fabbrica o di un macello, si avvicendano a musica da camera imbronciata e a lamenti spettrali, come tessere di una oscura sinfonia, seguendo un metodo di composizione che Zorn approfondirà con Spillane (vedi articoli sul Blog). L'adattamento di Zorn è oltre ogni modo abrasivo, con ritmi malaugurati e gemiti di morte orripilanti; come se i lavoratori si fossero risvegliati all’inferno. Per la "Battaglia di Algeri" invece Zorn raddoppia la ritmica marziale di Morricone e mina il suo tema eroico con scoppi angosciati di rumore orchestrato e grida, fischi, cariche di cavalleria. Nella colonna sonora di Peur sur la Ville di Henri Verneuil (il film è la storia di uno psicopatico che chiama le donne al telefono e poi le strozza), una melodia inizialmente ariosa e dolce viene gradualmente ostruita da sequenze di dissonanti e da gorgoglii contorti, come quelli che produce un’orchestra mentre si accorda prima di un concerto. Quello che Morricone sviluppa orizzontalmente, Zorn traduce in pratica accatastando sulle sue chitarre maniacalmente compresse, sassofoni e voci in una stretta di metallo pesante.
Grappoli stupefacenti di suoni galvanizzano anche la suite ambiziosa che Morricone ha composto per The Big Gundown di Sergio Collima, da Zorn tradotta corentemente nei propri idiomi. L'inspirazione per questo pezzo arriva da un sogno. Zorn inizialmente pensava a una versione in salsa brasiliana con un strato di surf guitars per aggiungere un po’ di sapore. Prima di registrare, però Zorn ebbe il suo primo sogno della sua vita che era musica pura. Si svegliò nel cuore della notte e scrisse la musica che lui aveva appena sentito, e non solo divenne l'introduzione al brano ma all’intero disco: un ensemble batucada brasiliano si scatena in modo decisamente non ortodosso massacrando frasi prese da dal Fur Elise di Beethoven con aggiunta di rumori chitarristici pepati. Il risultato non è soltanto un “indurimento” rispetto alla versione originale, ma un ulteriore aumento del senso di frustrazione e minaccia già espresse dal tema principale, che viene ridotto in frammenti spasmodici e quasi disperati.
Trova spazio in questo disco anche una composizione originale del sassofonista newyorkese che amplifica la carica sperimentale espressa nei brani del maestro romano e che è un indizio sicuro dell’impegno da lui versato in questo progetto, si tratta di "Tre Nel 5000", sua composizione originale che in un certo senso “vaporizza” le idee e gli stili di Morricone per creare un brano che cita tutto e niente, con continui rimandi che continuano a sfuggire all’ascoltatore, Zorn trascende
Morricone Zorn capisce che non c'è niente di innovativo nel riproporre pedissequamente le idee avantgarde di un'altra generazione e quindi preferisce piuttosto attingere alla vitalità della musica di Morricone mettendola al centro di ogni performance.



continua domani

mercoledì 25 gennaio 2012

Son Ensemble: altre musiche











Guitars Speak: Intervista a Stefano Alessandretti, Marco Marinoni e Giovanni Sparano del Son Ensemble, seconda parte




Questa sera ore 21 su Radio Voce della Speranza: Intervista a Stefano Alessandretti, Marco Marinoni e Giovanni Sparano del Son Ensemble, seconda parte

Continua la nostra intervista a Stefano Alessandretti, Marco Marinoni e Giovanni Sparano, compositori e fondatori del Son Ensemble http://www.sonensemble.net/wp/
In questa puntata approfondiremo la loro conoscenza parlando di cosa c'è alla base di un pensiero, di un desiderio di comporre musica nella nostra società contemporanea

martedì 24 gennaio 2012

MASTERCLASS DI CHITARRA Docente Aldo Minella


Masterclass Internazionale di Interpretazione Chitarristica

docente M° ALDO MINELLA

MILANO, SABATO 17 MARZO 2012

AULA MAGNA DEL LICEO CLASSICO G. CARDUCCI

VIA BEROLDO 9; MM1-MM2 Loreto

nell’ambito del FESTIVAL MUSICALE INFINITAMUSICA, evento “Corde d’Arte”

COSTI

Allievi effettivi: 50,00 EURO

Allievi uditori: 20,00 EURO

SCADENZA ISCRIZIONI

1 marzo 2012

Agli allievi sarà rilasciato un attestato di partecipazione

MODALITA’ ISCRIZIONI

Richiedere ammissione alla masterclass inviando i seguenti dati all’indirizzo e-mail

chitarra.infinitamusica@gmail.com

.Nome

.Cognome

.Luogo e data di nascita

.Recapiti (Telefono, e-mail)

.Breve curriculum vitae

.Elenco brani scelti per la Masterclass

Scarica il Bando in PDF al link:

http://www.infinitamusica.com/uploads/4/8/1/0/4810950/bando_ammissione__masterclass.pdf


Per info:

chitarra.infinitamusica@gmail.com

http://www.infinitamusica.com/infinitamusica-festival.html

John Zorn, Morricone e The Big Gundown, seconda parte







Fu l’inizio di un grande sodalizio che proseguì per tutta la serie successiva di spaghetti-western diretti dal regista romano: Per qualche dollaro in più, Il buono, il brutto, il cattivo, C'era una volta il West (1.260.000 copie vendute in Francia), Giù la testa. Un sodalizio che durò fino all'ultimo film di Leone, il gangster-movie C'era una volta in America, creando alcune tra le sue musiche più famose, contribuendo a far diventare i film di Leone dei capolavori indiscussi.
Leone trovò in Morricone una presenza astuta e sconvolgente. Ha raccontato a più di un intervistatore quanto fosse "snervante" sedere vicino a Morricone mentre lavoravano assieme alla stesura della colonna sonora: “sembrava che lui ridesse di tutto, mentre ruggiva e ridacchiava mentre sullo schermo proiettavamo scontri a fuoco, scene di amore, e cambi di scena” afferma nel libretto che accompagna il cd.
Le musiche risplendenti di Morricone suonano e funzionano diversamente da qualunque musica cinematografica precedente. Come per il lavoro di Bernardo Herrmann per Orson Welles ed Alfred Hitchcock, di Nino Rota per i film di Fellini, o John Barry per i film di James Bond, le composizioni di Morricone scritte per Leone segnavano una delle collaborazioni più intense tra compositore e direttore che la storia del cinema ricordi, nella quale la musica non solo segue ed illustra le sequenze girate del film, ma anche lo spieghi, lo espanda e lo commenti.
Un esempio perfetto in C’era una volta il West sono l'armonica stridente e la chitarra elettrica che segnalano la presenza di Charles Bronson nel granaio di Jill ancora prima che la macchina da presa lo inquadri. Suoni "concreti" ed elettronici, rumori di fondo ed amplificati (il gocciolio dell’acqua, un bisbigliare, il ronzio delle mosche ….) fanno frequentemente da ponte collegando tra loro episodi altrimenti apparentemente discontinui, a volte sostituendo direttamente i dialoghi e sottolineando le sequenze e i primi piani di Sergio Leone.
Sempre per la colonna sonora di C’era una volta il West, sceneggiatura precedentemente scartata da Bertolucci, essa fu completata addirittura prima dell’inizio delle riprese, come confermato da Leone: "throughout the shooting schedule, we listened to the recordings. Everyone acted with the music, followed its rhythms, and suffered with its 'aggravating' qualities, which grind the nerves."
Il capolavoro del Leone è un capriccioso balletto di morte, coreografato dal maelstrom musicaledi di Morricone. Ogni personaggio si muove su un tema ricorrente e la musica mima e sottolinea le interpretazioni iconografiche di Bronson, Henry Fonda, Jason Robards, e Claudia Cardinale.
Tuttavia, per quanto siano le più note ed imitate, le colonne sonore scritte per Leone rappresentano solo una parte della vena creativa del compositore, il quale si è cimentato praticamente con tutti i generi cinematografici: dalla fantascienza al thriller, dal film erotico alla commedia di costume, fondamentale la compilation “Crime and Dissonance” curata dal Mike Patton e uscita per la sua casa discografica Ipecac che permette l’ascolto delle perle nascoste di Morricone. In tal senso estremamente variegate e spesso curiose le sue collaborazioni con i moltissimi registi italiani e internazionali (ad esempio Carlo Verdone e John Carpenter).

continua giovedì

lunedì 23 gennaio 2012

Claxica 2012


Concorso di composizione per chitarra sola "Claxica 2012"
Primo premio: Euro 1000 - pubblicazione - esecuzione durante il festival
Claxica 2012 - intervista pubblica al vincitore
Limite per l'invio delle partiture: venerdì 27 aprile 2012
Per scaricare il bando: www.claxica.it

John Zorn, Morricone e The Big Gundown, prima parte


"I kept thinking, 'I just can't do it. Morricone's music is too perfect.'" John Zorn, libretto del cd The Big Gundown

Ennio Morricone è nato a Roma il 10.11.1928. Durante la sua carriera si è cimentato in tutte le specializzazioni della composizione musicale: nella musica assoluta così come nella musica applicata, dapprima come orchestratore e direttore in campo discografico, poi come compositore per il teatro, la radio, la televisione ed il cinema. Nel 1946 consegue il diploma di tromba al Conservatorio e ottiene il primo impiego come arrangiatore per il teatro di varietà; nel 1947 viene ingaggiato come compositore di musiche per teatro; nel 1953 realizza il primo arrangiamento per una serie di trasmissioni per la radio. Nel 1954 si diploma in Composizione al Conservatorio sotto la guida di Goffredo Petrassi. I voti: diploma in tromba (7/10), strumentazione per banda (9/10) e composizione (9,50/10)
Comincia a scrivere musiche per film nel 1955, lavorando parallelamente come arrangiatore di musica leggera per diverse orchestre e per i dischi dalla RCA Italiana. Nel 1956 sposa Maria Travia e nel 1958 viene assunto dalla Rai come assistente musicale, ma si licenzia il giorno stesso non appena apprende che gli sarà preclusa ogni possibilità di carriera e che, per espressa volontà dell'allora direttore generale Filiberto Guala, era assolutamente proibita la trasmissione delle musiche composte da impiegati dell'ente radiotelevisivo pubblico. La sua carriera di compositore di musica per film ha inizio nel 1961 con Il Federale di Luciano Salce. Nel 1965 entra a far parte del Gruppo d’Improvvisazione Nuova Consonanza; nel 1984, insieme ad altri compositori fonda a Roma l'I.R.TE.M. (Istituto di Ricerca per il Teatro Musicale, a testimonianza del suo desiderio di voler farsi considerare come un autore di estrazione "colta" e non solo come il "mago delle colonne sonore". Dal 1960 Morricone ha musicato oltre 400 film lavorando con moltissimi registi italiani ed internazionali (tra questi: Sergio Leone, Gillo Pontecorvo, Pier Paolo Pasolini, Bernardo Bertolucci, Giuliano Montaldo, Lina Wertmuller, Giuseppe Tornatore, Brian De Palma, Roman Polanski, Warren Beatty, Adrian Lyne, Oliver Stone, Margarethe Von Trotta, Henry Verneuil, Pedro Almodovar, Roland Joffè). Tra I suoi film più noti ricordiamo: La Battaglia di Algeri; Sacco e Vanzetti; Cinema Paradiso; La legenda del Pianista sull’Oceano, Malena; The Untouchables, C’era una volta in America; Mission; U-Turn. La sua produzione di Musica Assoluta comprende più di 100 composizioni scritte dal 1946 ad oggi. Alcuni titoli: Concerto per orchestra 1 (1957); Frammenti di Eros (1985); Rag in Frantumi (1986); Cantata per L’Europa (1988); UT, per tromba, archi e percussioni (1991); Ombra di Lontana Presenza (1997); Voci dal Silenzio (2002); Sicilo ed altri Frammenti (2006); Vuoto di Anima Piena (2008).
Fondamentale per la sua carriera l’incontro con Sergio Leone, Morricone già aveva realizzato le colonne sonore per due westerns (Gunfight at Red Sands di Ricardo Blanco e le Pistole non ragionano di Mario Caiano) prima di venire da lui contattato nel 1964 per la colonna sonora di Per Un Pugno di Dollari. Morricone e Leone in realtà si conoscevano già, erano stati compagni di classe alle scuole elementari e Leone era stato colpito dalle prime colonne sonore di Morricone, ritenendole come nettamente differenti nell’ambito della comune routine cinematografica. In particolare era rimasto colpito dall’arrangiamento discordante della canzone popolare americana “Pastueres of Plenty” che Morricone aveva realizzato l’anno prima, vi riscontrava le stesse idee sovversive e revisioniste con cui aveva intenzione di rileggere il cliché dei film western.






continua domani

domenica 22 gennaio 2012

Guitars Speaks programma radio sulla chitarra in onda su Radio Voce della Speranza




Mercoledì ore 21 su Radio Voce della Speranza: Intervista a Stefano Alessandretti, Marco Marinoni e Giovanni Sparano del Son Ensemble, seconda parte

Continua la nostra intervista a Stefano Alessandretti, Marco Marinoni e Giovanni Sparano, compositori e fondatori del Son Ensemble http://www.sonensemble.net/wp/
In questa puntata approfondiremo la loro conoscenza parlando di cosa c'è alla base di un pensiero, di un desiderio di comporre musica nella nostra società contemporanea

sabato 21 gennaio 2012

Son Ensemble: musiche per chitarra

DUE PEZZI LACONICI (Stefano Alessandretti)



ALIF (Marco Marinoni)



PIEGHE (Giovanni Sparano)

giovedì 19 gennaio 2012

ZIP VENICE GUITAR FESTIVAL 2012

ZVGF
GM
sabato 21 gennaio 2012
Sala concerti di Palazzo Pisani
ore 16,30 - ingresso libero sino ad esaurimento posti

Duo Stefano Grondona - Laura Mondiello

musiche di

W. A. Mozart
I. Albeniz
F. Mendelssohn
M. de Falla
E. Granados

vai alla scheda


BN
sabato 31 marzo 2012
Sala concerti di Palazzo Pisani
ore 16,30 - ingresso libero sino ad esaurimento posti

Bach guitar duo

Florindo Baldissera, Vittorino Nalato

musiche di
J. S. Bach

vai alla scheda


B
giovedì 19 aprile 2012
Sala concerti di Palazzo Pisani
ore 16,30 - ingresso libero sino ad esaurimento posti

Frank Bungarten

programma da definire

venerdì 20, sabato 21 aprile 2012
masterclass

evento LLP ERASMUS

vai alla scheda


BN
sabato 5 maggio 2012
Sala concerti di Palazzo Pisani
ore 16,30 - ingresso libero sino ad esaurimento posti

Duo Alfonso Baschiera - Marco Nicolè

musiche di

F. Carulli
F. Sor
A. de Lhoyer
P. Petit

vai alla scheda

Matteo Fiorini - McGuffin Electric: monografia


- Biografia

Intervista



Recensione di “what we talk” di Scott Fields and Stephan Rath, Neos 2010


English Version

Un po’ di storia. E’ il 2007, siamo a Colonia, in Germania, per la Triennale di Musica. Il programma della Triennale prevede che sei specialisti di musica rinascimentale si confrontino con altrettanti esperti di musica contemporanea. Pianoforte con clavicembralo, organo con tatstiere e sintetizzatori e così via. La chitarra ovviamente si affianca al liuto.
Da questi accoppiamenti i musicisti devono creare della musica nuova che tenga conto delle caratteristiche dei loro strumenti e della loro formazione musicale. Per la chitarra il campione chiamato nel nome della modernità è il signor Scott Fields, americano, chitarrista e improvvisatore votato alla libera improvvisazione sullo stile di gente come Derek Bailey o Larry Ochs, e compagno di giochi di Elliott Sharp. al liuto anzi alla tiorba viene chiamato Stephan Rath.
I due suonano, si divertono, creano una bella intesa tanto che le loro musiche vengono registrate dallo stesso Fields e dopo un paio di anno stampate su cd per la Neos, casa discografica molto attenta ai repertori contemporanei.
Nelle note che accompagano il cd Fields parla tranquillamente di musica “composta” per la Triennale, ma non esiste alcun riferimento sul fatto che queste musiche siano state stampate o siano disponibili per altri interpreti. Sinceramente spero esistanod elle trascrizioni perché le musiche sono davvero belle, molto intense e quasi sognanti nella loro malinconia e i due musicisti suonano benissimo. Nonostante la differenza di strumento e di formazione superano benissimo le difficoltà e suonano con un interplay davvero bello e piacevole. I due strumenti posso fare quello che vogliono, suonare il basso d’accompagnamento, le parti melodiche, essere dissonanti .. e si scambiano con molto gusto i ruoli e le competenze senza scalfire il tessuto musicale o senza mostrare segni di cedimento. Sono 5 brani i primi quattro ideati come parti di una suite e l’ultimo “what we talk” che da il nome la cd concepito come a se stante, le durate comprese tra un minimo di di quasi 6 minuti a un amssimo di quasi 23. Diversamente da altre situazioni che vedono gli improvvisatori eccedere in prolissicità a scapito della qualità delle idee qui la musica scorre serena senza affaticamenti per l’ascoltore, i due musicisti sono bravi e sanno intrecciarsi bene fra loro.
Bel disco, da ascoltare per chi suona in un duo o per chi magari sta pensando di crearne uno in compagnia di un liutista, in questo caso questo cd sarebeb un’ottima base di partenza, Scott Fields è presente su internet con un suo sito e magari si potrebbe anche chiedergli se esistono trascrizioni di questi duetti.

mercoledì 18 gennaio 2012

Guitars Speak Intervista a Stefano Alessandretti, Marco Marinoni e Giovanni Sparano del Son Ensemble prima parte




Questa sera alle 21 su Radio Voce della Speranza. Intervista a Stefano Alessandretti, Marco Marinoni e Giovanni Sparano del Son Ensemble

Guitars Speak intervista Stefano Alessandretti, Marco Marinoni e Giovanni Sparano, i tre compositori alla base del progetto Son Ensemble, ensemble musicale dedicato alla musica contemporanea: http://www.sonensemble.net/wp/
In questa prima puntata faremo loro conoscenza e parleremo delle loro composizioni dedicate alla chitarra.

martedì 17 gennaio 2012

Master Class Maestro Manuel Barrueco 4/5 Febbraio

Recensione di Lou Harrison Music for Guitar and Percussion di John Schneider, Etcetera Records 1990


L’Orientalismo non sembra mai andar giù di moda. La cultura occidentale ha sempre guardato ad Oriente alla ricerca di stimoli, idee, raffinatezze con cui aggiornare e caricare di nuove energie la nostra arte e la nostra società. La musica non è da meno e molti compositori contemporanei hanno deciso di evocare l’oriente nelle loro musiche, con risultati non sempre rispettosi delle culture che essi andavano a studiare (e in molti casi a saccheggiare).
Alcuni compositori si sono semplicemente limitati ad incrementare i colori a loro disposizione nella loro tavolozza musicale, altri hanno assimilato queste culture all’interno della propria e altri ancora ne hanno utilizzato alcuni aspetti mantenendoli intatti.
Per un compositore come George Crumb, che ha sempre amato lavorare e confrontarsi con suoni nuovi e particolari l’oriente ha rappresentato una cornucopia di strumenti, timbri e colori particolari: in Music for a Summer Evening ha utilizzato campane buddiste giapponesi, thumb piano e percussioni africane e cinesi e altri strumenti di derivazione non occidentale. La pluralità e la diversità fra loro di questi strumenti indica non tanto la volontà di rappresentare qualche aspetto specifico di un’altra cultura, piuttosto il fatto di impiegarli in modo più o meno arbitrario in quanto portatori di novità per il pubblico occidentale.
Tehillim di Steve Reich è un buon esempio della seconda categoria in quanto si parla melodie derivate da Salmi Ebraici e mediorientali impiegati all’interno delle tecniche minimalistiche e di derivazione jazzistica dello stesso Reich. Questo rappresenta un interessante utilizzo di materiale musicale non Occidentale e crea una nuova sintesi tra arte Occidentale e Orientale.
La terza categoria è rintracciabile invece all’interno di alcune musiche di John Zorn, come Forbidden Fruit (Spillane), che presentano aspetti e caratteristiche delle musiche e delle arti orientali liberi però dai condizionamenti della cultura Occidentale.
Frequentemente però i compositori occidentali si limitano a saccheggiare indiscriminatamente le idee orientali a proprio beneficio, permettetemi una piccola polemica personale: credo che un koreano che ascolti le Variations on a Korean Folk Song di John Cage rimarrebbe piuttosto sorpreso nello scoprire quanto la musica cinese faccia parte della sua musica popolare.
Tutto questo “pistolotto” perchè mi chiedo se sia corretto per un compositore ignorare in modo più o meno innocente e consapevole le strutture culturali sottostanti all’arte orientale e allo stesso tempo mi chiedo però se per il pubblico sia davvero necessario conoscere questi aspetti per apprezzare musica composta con strutture o strumenti “esotici”.
Penso che a un Cinese farebbe piacere scoprire che l’arte del proprio paese è correttamente rappresentata e citata e non scambiata per arte Coreana o Giapponese, ma per chi ascolta … importa davvero?
Penso che Lou Harrison possa essere citato a fianco di Steve Reich per l’utilizzo mirato, consapevole e rispettoso di alcuni elementi dell’arte e della musica Gamelan e Indonesiana portandoli all’interno dei suo codici compositivi personali derivati dalla cultura Occidentale. Il risultato come in questo disco stampato nel 1990, ma che porta musiche registrate a metà degli anni 80 ne sia un ottimo esempio, John Schneider è bravissimo a interpretare brani come Avalokiteshvara, Cantiche No.3, Plaint & Variations, Serenado Por Gitaro, Serenade for Guitar. Le musiche composte per Just Intonation e Pythagorean Tuning sono molto belle, armoniose, melodiche, luminose e rilassanti allo stesso tempo, Darmstadt e certi intellettualismi esacerbati europei sono lontani anni luce. La bellezza sembra essere davvero stato l’unico e ultimo fine per Lou Harrison.

lunedì 16 gennaio 2012

Quando le montagne si colorano di rosa (Excerpt) by Stefano Scodanibbio

Per Stefano Scodanibbio da parte di un suo sincero ammiratore …


Avevo già recensito due dischi di Stefano Scodanibbio, My New Adress e From The New World qualche anno fa. La sua recente scomparsa, il 10 gennaio di questo già triste 2012 dopo una lunga malattia (la sclerosi laterale amiotrofica) all’età di 55 anni mi ha spinto a rimetterli sul piatto e a riascoltarli nuovamente e a scrivere queste poche righe come mio personale commiato e omaggio.
La figura di Scodanibbio si aggiunge a quella di altri grandi a cui le Parche, figlie di Zeus e Temi, hanno voluto tagliare il filo della vita. Nomi come quelli di Romitelli e di Maderna, giganti sconosciuti ai più, giganti in confronto a una italietta sordida e parlamentare, becera e volgarmente salottiera e televisivamente ignorante e pure fiera dei bunga bunga e dei celoduristi manganellari e dei privilegiati vaticani e dell’impunità degli evasori fiscali e dei fascisti inneggianti alla morte di chi combatte il terrorismo.
Scusate non ho mai fatto politica sul mio Blog ma la morte di Scodanibbio ha aggiunto ulteriore amarezza al mio sconforto per come vedo la mia “Povera Patria” massacrata e umiliata dalle tante iene che la circondano e dai tanti vampiri che la depredano.
Parliamo di musica, parliamo di Arte e cerchiamo di risollevarci il morale e di costruire qualcosa di positivo per noi e per i nostri figli. Ho un grande rammarico, volevo intervistare Scodanibbio per il Blog, mi stavo preparando, piano piano stavo acquistando i suoi dischi, costruendo la sua discografia all’interno della mia biblioteca musicale, volevo prepararmi bene, ma non ce l’ho fatta maledizione. La vita, la morte, il destino sono stati più veloci, Le chiedo scusa Maestro, non ce l’ho fatta ed è questo il mio più grande rammarico e rimpianto, pensavo di avere tempo … sono stato sciocco, la vita mi ha ricordato una volta di più di quanto fosse necessario che “we are only immortal for a limited time” per citare i Rush di “Dreamline”.
Lei è stato un grande, scriveva giustamente Luigi Nono che niente come un grande interprete può spingere i compositori a creare musica per uno specifico strumento e Lei ha dimostrato di saper travalicare i limiti del suo contrabbasso raggiungendo nuove vette di virtuosismo e di intelligenza e creatività musicale, per Lei hanno scritto in tanti: Bussotti, Donatoni, Estrada, Ferneyhough,Frith, Globokar, Sciarrino, Xenakis … un elenco lunghissimo, Lei ha saputo unire l’America e l’Europa della musica contemporanea sotto la bandiera della grande Musica.
Tutti Le dobbiamo tanto .. per esempio … Sa come ho saputo della Sua scomparsa? Un post su facebook di quel pazzo geniale di Paolo Angeli ….
Di Lei Cage ha detto: "Stafano Scodanibbio is amazing. I haven't heard better double bass playing than Scodanibbio's. I was just amazed. And I think everyone who heard him was amazed. He is really extraordinary. His performance was absolutely magic."
Io non mi sento di aggiungere altro … completerò la Sua discografia Maestro, e mi impegno a scrivere qualcosa di serio, di intelligente, di vero e di umano su di Lei. E’ il minimo che posso fare.

Con sincerità e rispetto.

Andrea Aguzzi

domenica 15 gennaio 2012

Guitars Speaks programma radio sulla chitarra in onda su Radio Voce della Speranza




Mercoledì ore 21 su Radio Voce della Speranza: Intervista a Stefano Alessandretti, Marco Marinoni e Giovanni Sparano del Son Ensemble, prima parte

Guitars Speak intervista Stefano Alessandretti, Marco Marinoni e Giovanni Sparano, i tre compositori alla base del progetto Son Ensemble, ensemble musicale dedicato alla musica contemporanea: http://www.sonensemble.net/wp/
In questa prima puntata faremo loro conoscenza e parleremo delle loro composizioni dedicate alla chitarra.

giovedì 12 gennaio 2012

Recensione di FootHills Jam di VEAD, 2010


Curioso strumento la chitarra fretless. Sembra una cosa così semplice a vederla, ma quando la senti e cominci a ragiornarci sopra capisci che non è una cosa da poco. Togliere i tasti non è una semplice questione estetica, dietro a quelle barrette di metallo c’è un mondo, una logica, una tradizione e una forma mentis che improvvisamente non trovano più posto su una tastiera liscia e scorrevole.
La differenza è mentale, visiva e tattile, spariti i punti di riferimento tonali si aprono possibilità e logiche nuove che questo disco ben lascia intravvedere. Finora questo strumento è stato solo appannaggio di improvvisatori: chi altro poteva iniziare un simile lavoro? Come sempre quando si tratta di mappare nuovi territori si mandano avanti gli esploratori che cominciano a disegnare delle mappe sommarie e a tracciare i nuovi punti di riferimento, dietro di loro verranno poi i certificatori e i cartografi professionisti, ma al momento il solo materiale disponibile sono le poche improvvisazioni spesso immortalate dai video disponibili su youtube spesso ripresi durante il Festival della Chitarra Fretless che si tiene annualmente a New York.
Finora pochi sono coloro che hanno iniziato ad operarci stabilmente cito i nomi tutelari di Elliott Sharp per gli USA e di Simone Massaron in Italia.
Questo disco comincia una operazione di documentazione, sono tutte improvvisazioni per chitarra e basso elettrico rigorosamente fretless e per percussioni. La chitarra suona curiosa, l’orecchio fa fatica ad orientarsi in un mare microtonale, la musica è forte, grezza e appassionata, il disco curioso, piacevole e stimolante.
Non c’è solo musica ma anche alcuni estratti da registrazioni di conferenze sulla chitarra fretless che con molto umorismo e tanta passione parlano delle caratteristiche di questa chitarra e invocano a gran voce un maggiore interesse da parte dei compositori e di un sistema di notazione che tenga conto delle caratteristiche di questo strumento.
Lo consiglio a tutti: aprire i propri orizzonti fa sempre bene!