giovedì 4 novembre 2010

JAMES 'BLOOD' ULMER: una retrospettiva di Alessandro Unfolk Monti, terza parte



La sua idea sperimentale e provocatoria di No Wave e il successo “indie” frutta a Blood un contratto con la Columbia (CBS in Europa) che distribuirà i suoi dischi successivi in modo capillare rendendoli disponibili anche al grande pubblico. Il nuovo contratto é subito onorato con un altro grande album “FREE LANCING” (Columbia 1981) un titolo perfetto per una musica sempre in bilico tra free e intricate sezioni armolodiche. Registrato prevalentemente in trio con l'innesto di Calvin Weston alla batteria, Free Lancing é un disco senza compromessi ancor più straordinario perchè inciso per una Major. La fisicità della musica si fa sentire anche nelle parti più complicate e l'album contiene alcune innovazioni come l'uso di coriste soul-funk in alcuni brani e un secondo chitarrista aggiunto (Ronnie Drayton) in altri. Blood e il suo gruppo suonano in “Pleasure Control” e “Hijack” un funk estremo davvero irresistibile con una ritmica poderosa, mentre “High Time” ha un incedere lento dalle atmosfere new wave, (o no wave?) perfettamente contemporanee. Gli “scatti” solisti di Blood e i flashes di accordi improvvisi sono sorretti dalla sezione di fiati già sperimentata nel disco precedente come nella frenesia zappiana di “Rush Hour”. La chitarra usata é quasi sempre una Gibson semiacustica dalla cassa spessa e dal tono caratteristico, molto versatile sia per le ritmiche che i solos; Blood predilige un suono sporco che talvolta colora con un uso sapiente del pedale wah wah, sicuramente il migliore dai tempi di Hendrix, ma la cosa più curiosa é un'accordatura aperta in cui tutte le corde sono intonate ad una sola nota!



“BLACK ROCK” l'anno successivo (1982) cementa le credenziali di Blood e riporta il rock a casa, in quella black music da cui era originariamente partito con un disco che sembra inglobare tutte le esperienze progressive degli ultimi anni. L'inizio con “Open House” é folgorante, puro Blood al meglio che sprizza funk da tutti i pori/solchi mentre la band é compatta più che mai con l'aggiunta in molti brani di un secondo batterista per creare una ritmica senza paragoni; “Black Rock” che dà il titolo all'album é un altro funk stellare, mentre in “Moon Beam” un elegante arrangiamento di sax si snoda su un irresistibile basso slap di Amin Ali, un pezzo davvero molto originale; un altro stupendo esempio di musica free strutturata é “More Blood” ma ci sono anche un paio di episodi a parte che calmano per un attimo quella musica in continua ebollizione: “Family Affair” e “Love Have Two Faces” fanno affiorare infatti delle piacevoli influenze soul/gospel grazie all'uso della voce femminile, completando così il quadro della migliore black music, insomma un altro album strepitoso che assieme al precedente conclude la fase dei gruppi “ampliati”.

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