domenica 19 luglio 2009

Intervista a Nuccio D'Angelo di Empedocle70 parte quarta

Ascoltando la sua musica ho notato la tranquilla serenità con cui lei si approccia allo strumento indipendentemente dal repertorio, da con chi sta suonando, dal compositore, dallo strumento che lei adopera dimostrando sempre un totale controllo sia tecnico che emotivo, quanto è importante il lavoro sulla tecnica per raggiungere a questo livello di “sicurezza”? In particolare mi sembra che lei dia grande importanza all’attacco .. o è solo una mia impressione?



Mi è sempre piaciuto produrre atmosfere sognanti e gioiose nella musica che scrivo e suono e, se una sensazione di “rilassamento benefico” arriva agli ascoltatori ne sono felice. Credo però che un concerto o un disco abbiano bisogno anche di momenti vivaci con toni talvolta drammatici, e non mi dispiace nemmeno che lo spettacolo contenga una parte di virtuosismo, perché fa parte del gioco della musica ed esprime quella parte di rapporto fisico che tutti i musicisti hanno con lo strumento. Questo spiega le mie scelte compositive (e preferenze di repertorio) fatte di brani calmi, a volte di carattere contemplativo, con armonie e atmosfere dolci, alternati a pezzi di carattere ritmico, con sonorità e colori armonici più aspri. Del resto sono del parere che consonanza e dissonanza vadano alternate per potere essere apprezzate. Direi che buona parte della riuscita di un concerto dipende proprio dal sapiente “dosaggio” delle varie atmosfere che l’interprete presenta al pubblico, determinandone il suo coinvolgimento emotivo.
Poi, guardando ai mezzi con cui esprimiamo queste atmosfere, bisognerebbe fare un discorso a parte. Il gesto fisico è già un’espressione artistica, ed è già musica insieme all’evento sonoro che produce. Quindi il modo di toccare la corda contiene già un’intenzione ed è uno dei primi tasselli per la creazione di un’atmosfera musicale. Nel mio caso c’è un “attacco” fondamentalmente morbido, sicuramente derivato dall’insegnamento che ho ricevuto da Alvaro Company, che dà una rilevante importanza all’economia delle energie. Oggi, dopo 26 anni dal diploma, gli sono più che mai grato per i suoi insegnamenti. Ho continuato a lavorare in quella direzione, ottenendo continue conferme che il rilassamento è il primo passo verso un rapporto agevole (e duraturo) con lo strumento; è anche indispensabile per avere un buon controllo meccanico, e per far sì che lo strumento sia un vero e proprio canale di comunicazione tra noi e chi ci ascolta. Sopratutto un atteggiamento psicofisico rilassato ci permette di entrare in uno stato di maggiore sensibilità e consapevolezza, e questo è ciò che in fondo tutti cerchiamo.

Come vede la crisi del mercato discografico, con il passaggio dal supporto digitale al download in mp3 e tutto questo nuovo scenario?



La vedo come una realtà epocale, con aspetti positivi come la facilità di diffusione e l’abbattimento dei costi di produzione. Ma mi sembra anche che la super-reperibilità della musica via internet stia creando anche un inflazionamento del mercato, così che con estrema facilità ci possiamo riempire il computer delle opere di tutti i musicisti possibili, col rischio di scadere anche in questo settore nel consumismo. Forse si sta andando verso una perdita di preziosità del prodotto e addirittura dell’evento musicale stesso. Un’ abitudine che secondo me ha declassato molto il ruolo della musica (perlomeno nei paesi “civilizzati”) è quella di usarla come “sottofondo” in troppe situazioni come sale d’attesa, trasporti e locali pubblici, negozi, programmi radio-televisivi ecc... Che voglia può avere una persona di sentire musica se ne è bombardata tutto il giorno? Del resto non è raro vedere utilizzare opere di grandi pittori e scultori a scopi commerciali, ma mi sembra che l’abuso sulla musica superi quello operato su tutte le altre opere artistiche.



Ci consigli cinque dischi per lei indispensabili, da avere sempre con se.. i classici cinque dischi per l‘isola deserta..



J. S. Bach: “Variazioni Goldberg” suonate da Gustav Leonhardt;
M. Ravel: “Piano-concerto in Sol” e Rachmaninov “Piano-concerto 4°” nell’esecuzione di Arturo Benedetti-Michelangeli (nello stesso disco, direttore E. Gracis);
Miles Davis: “In a Silent way”;
“Soft Machine Two”;
“Atlantis Nath” di Terry Riley;


Quali sono invece i suoi cinque spartiti indispensabili?



J. S. Bach: “Loure” dalla Suite 1006a per liuto
J. S. Bach: “Passione secondo Matteo”
G. Puccini: “Intermezzo” dalla Manon Lescaut
C. Debussy: “La plus que lent” dalla Suite Bergamasque
R. Wagner: Overture dal Tannhauser;



Il Blog ha aperto di recente una nuova rubrica dedicata ai giovani neodiplomati e diplomandi, che consigli si sente di dare a chi, dopo anni di studio, ha deciso di iniziare la carriera di musicista?



Dico: bellissimo poter suonare tutta la vita e poter fare della propria passione una professione! Dico che siamo fortunati perché la musica ci dà per sempre la possibilità di esprimerci e ci invita continuamente a scavare dentro noi stessi. Quindi è una splendida terapia per il nostro progresso interiore.
Abbiamo già detto che il lavoro di promozione è importante, ma aggiungerei che la qualità e l’originalità del prodotto da promuovere lo sono di più. Un artista emergente ha il problema di farsi notare, di conquistarsi un posto nel panorama e nel mercato concertistico internazionale, e diciamo pure che la concorrenza è spietata perché il mondo oggi è pieno di giovani musicisti bravissimi e agguerriti.
Io credo che la prima cosa per cercare di distinguersi (e per progredire artisticamente) è quella di mettere a fuoco i propri talenti e la propria personalità artistica. Non c’è niente di più importante nell’arte che individuare e sviluppare la propria unicità. Per fare un esempio rimanendo nel campo della chitarra: un aspetto che ha scolpito l’arte di Segovia nella storia della musica fu quel suo particolare tocco e un suo personalissimo modo di fraseggiare, di “pronunciare” la musica; caratteristiche soltanto sue, in cui ha creduto e che ha potenziato negli anni, senza riferirsi ad altri modelli. E in fondo non c’è nemmeno bisogno di cercare di essere a tutti i costi originali, perché siamo già diversissimi tra noi. Bisogna sopratutto – ripeto – ascoltarsi e tirare fuori le proprie caratteristiche e le proprie tendenze, senza paura di uscire dagli schemi e dai modelli dettati dall’esterno. Semmai bisognerebbe evitare atteggiamenti troppo... cauti. Ho sentito, in generale, negli ultimi decenni troppe esecuzioni “asettiche”, bravissimi musicisti (sopratutto giovani) che “non osano”, e suonano con poche dinamiche, pochi timbri e zero agogica (cioè flessibilità ritmica). Ma sono proprio queste le cose con cui un interprete mette la sua firma artistica! Come farne a meno? Cosa rimane? Il problema dei musicisti che devono interpretare composizioni scritte è sopratutto quello di capire quello che non è scritto, cioè quello che c’è da leggere “tra le note”. Quindi ai giovani neodiplomati e diplomandi consiglio di esplorare a fondo le partiture che si accingono ad interpretare, perché l’analisi dell’opera ci dà sempre delle indicazioni preziose per l’interpretazione; ma consiglio sopratutto di ascoltare e mettere in atto i suggerimenti del proprio mondo interiore perché è da qui che possono scaturire le indicazioni più autentiche per fare rivivere le composizioni. Pur con le dovute distinzioni tra i vari generi musicali, voglio sottolineare un’ ultima cosa: quando in nell’esecuzione di un solista sento che potrei battere il piede per tutto il pezzo (e purtroppo mi succede spesso), senza imprevisti, quando insomma non è il fraseggio che predomina ma il .... metronomo, allora c’è qualcosa che non va.



Con chi le piacerebbe suonare e chi le piacerebbe suonare? Che musiche ascolta di solito?



In generale con tutti i musicisti - anche del passato - con cui credo di avere delle affinità, dei modi simili di intendere la musica. Ascolto un pò di tutto, non tantissimo perché la musica richiede troppo tempo per essere prodotta. Comunque cerco sempre artisti che mi coinvolgano e mi stupiscano: Bach è primo in classifica, ma mi affascina anche l’arte di Brad Mehldau, di Keith Jarrett, di Terry Riley, di Miles Davis...

Quali sono i suoi prossimi progetti? Su cosa sta lavorando? Lei ha un notevole repertorio discografico .. è prevista qualche ristampa? Mi sembra che Magie sia stato ristampato di recente…



Infatti “Magie” è stato ristampato da poco, e in Autunno registrerò un DVD di mie musiche per la collana “Composers Serie” prodotta dalla “Guitar Media Collection” (GMC) con direzione artistica di Flavio Cucchi. Poi mi muoverò in Italia e all’estero per vari conservatori e scuole di musica che hanno richiesto delle lezioni-concerto sulle mie composizioni, master-class di chitarra, seminari di composizione-improvvisazione e concerti. Spero anche di tornare prossimamente in U.S.A. e in Australia, dove ho avuto delle bellissime esperienze sia nell’insegnamento che nel concertismo. C’è inoltre tanta bella musica che chiede di essere scritta... o per meglio dire “scoperta”. Vorrei dare una mano!

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