venerdì 17 aprile 2009

CERCANDO MARIETTA Appunti particolari di una ricerca Di Angela Cingottini parte seconda


La ricerca storica è come la droga: guai a cominciare! Ancor peggio quando si comincia a frequentare gli archivi. Che è quello che feci quando mi resi conto che le poche notizie che potevo trovare sui libri di storia del canto o della musica provenivano tutte da quell’unica fonte che io stessa avevo in mano e da alcune lettere di Verdi all’amico napoletano Cesare De Sanctis, in cui il musicista si esprimeva in maniera assai positiva sulla nostra cantante. Oltretutto quelle poche notizie erano spesso confuse, con date in contraddizione fra loro, evidentemente riportate senza aver controllato con esattezza. Cominciai dall’Archivio di Stato di Siena, dove nel fondo Piccolomini Clementini esiste una busta, la 106, interamente dedicata a Marietta. Non vi trovai niente di scritto da lei, che potesse in qualche modo darmi l’idea di un personaggio realmente vissuto, ma vi trovai molti articoli su di lei che mi aiutarono a ricostruirne a grandi linee il percorso artistico, almeno per quello che concerne l’Italia: il debutto alla Pergola di Firenze, non ancora diciottenne, nel febbraio del ’52 , la stagione romana al teatro Argentina nell’autunno/inverno di quello stesso anno, Pisa e Palermo nel 53 e poi di nuovo Roma, Bologna Firenze, Siena, Udine, Modena, fino alla trionfale stagione torinese nell’autunno-inverno del ’55, quando i giornali di oltralpe cominciarono a parlare della sua Traviata e della possibilità di vederla sulla scene di Parigi e Londra, cosa che avvenne già nell’anno seguente e segnò l’inizio di un triennio che la vide passare di successo in successo al Théatre Impériale Italien, all’Her Majesty Theatre e in tutti i massimi teatri del Regno unito e di Irlanda e, infine, negli Stati Uniti.
Pensare come una donna di teatro al culmine della carriera possa lasciare tutto per il matrimonio può risultare difficile ai nostri ragionamenti e probabilmente lo fu anche per lei. Di fatto possono aiutarci a capire altri documenti presenti all’Archivio di Siena , quelli contenuti nelle buste 72 e 76, lettere che i membri della famiglia Piccolomini, in viaggio per accompagnare Marietta nelle varie località in cui si spostava par i concerti, scrivevano a chi era rimasto a casa, le nonne Teresa Piccolomini Clementini e Violante Gori Pannilini, lo zio Roberto Gori e, soprattutto, il fratellino di Marietta, Innocenzo detto Cencio, rimasto al Collegio Tolomei per completare la sua educazione Sono lettere che ci danno l’impressione di un clima familiare disteso e sereno, vivaci, piene di informazioni e raccomandazioni, appuntamenti per le festività e saluti da passare ai parenti. Le notizie relative alla carriera di Marietta e ai suoi concerti sono informazioni fra le altre e non sembrano polarizzare l’attenzione della famiglia, per la quale i suoi successi danno l’impressione di essere qualcosa cui non dar troppo peso e da non prendere troppo sul serio. D’altra parte a quel tempo era abbastanza frequente che una cantante si nobilitasse sposando un titolato e ponesse fine alla carriera. Meno frequente era invece il caso contrario, essendo considerato quello del teatro un ambiente di scarsa moralità e non essendo comunque costume delle signorine nobili quello di esercitare una qualsiasi professione. Quello di Marietta fu quindi un caso veramente eccezionale, ma anche lei ad un certo punto decise di rientrare nei ranghi e di sposarsi. La sua carriera durò in pratica solo otto anni, ma furono anni talmente intensi e il suo successo talmente folgorante che l’articolista de ‘Il Giorno’ all’indomani della sua morte la definì ‘la più fulgida stella che sia mai apparsa nel panorama dell’arte italiana’ .
Non mancarono , dopo il matrimonio, occasioni in cui si esibì in teatro, sempre a scopo filantropico. Una in particolare riguarda Città della Pieve e il suo teatro che ha avuto l’onore, proprio grazie a Marietta, di essere ricordato nel libro di Gino Monaldi, importante musicologo e studioso di teatro di fine’800, Cantanti celebri del XIX secolo .Ne avevo trovato indicazione tra le poche note di uno degli articoli riprodotti in appendice al lavoro di Pietro Piccolomini. Mi aveva colpito la descrizione che l’estensore dell’articolo riportava e che trascrivo:”Per ben comprendere la Piccolomini bisognava anzitutto vederla e osservarla nel volto, la cui espressione preludeva e accompagnava mirabilmente il senso della parola cantata. Il sorriso, il pianto, la carezza, l’ira, la gelosia, l’amore, prima d’esser detti e cantati s’indovinavano, oserei dire si leggevano in quel sembiante mobilissimo e così artisticamente eloquente, Si aggiunga a ciò la purezza di una pronuncia italianamente bella e che costituiva una delle sue magiche prerogative. Con tale patrimonio di voce, d’arte, d’ingegno e di sentimento, gli entusiasmi che essa destava sulla scena erano indicibili ...” La descrizione mi ricordava quella che avevo letto su internet in un lungo articolo che La France Musicale del 14 dicembre 1856 dedica alla Traviata a seguito della trionfale prima al Théatre Imperiale Italien. La cantante vi viene paragonata a un essere magico che esercita sul pubblico un’influenza magnetica, mentre il particolare della sua perfetta pronuncia l’avevo già letto in un articolo del ’53, scritto a seguito della prima stagione romana. Volli controllare per rendermi conto se si trattasse di informazioni dirette o mediate da altri testi. Procuratomi non senza una qualche difficoltà il libro del Monaldi, mi trovai di fronte ad una notizia inaspettata, che riporto testualmente: “Ricordo Marietta Piccolomini, già da tempo Marchesa della Fargna, sulle scene del piccolo teatro di Città della Pieve, dove una sera aveva consentito, a filantropico scopo, di cantare l’ultimo atto del Trovatore in unione di due o tre dilettanti del paese. Il conte di Luna era un certo Matteucci , modesto cantante da chiesa, il quale, abbagliato, stordito dall’accento vigoroso e appassionato col quale la Piccolomini diceva e cantava la famosa frase ‘calpesta il mio cadavere, ma salva il Trovator’ perdette addirittura la bussola …e la parola, non ricordando più di pronunciare il generoso grido ‘Colui vivrà!’ , così che la grande artista dovette dirlo per lui, come indovinandone il pensiero , e attaccare subito la cabaletta ‘Vivrà, vivrà, ecc. ecc.’ con un trasporto, un fuoco e una bravura di cui non è facile dare una giusta idea. Ebbene, quest’artista che aveva tumulti passionali e drammatici d’una potenza sbalorditiva, sapeva scendere alla cosiddetta romanza da camera con una eloquenza, una tenerezza, una grazia impareggiabili”
segue...

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