mercoledì 29 aprile 2009

Rivoluzionario sistema di costruzione di chitarre classiche di Luca Waldner


Con la presente è mio piacere presentare alcune importanti novità introdotte recentemente nella mia produzione.

In particolare le novità più rilevanti sono due: uno speciale trattamento dell'abete del piano armonico e un nuovo e rivoluzionario progetto interno del piano armonico. Ci sono stati anche molti ulteriori sviluppi in settori "minori", quali la vernice, la modalità di assemblaggio della cassa armonica, l'equilibrio delle tensioni tra le varie parti della chitarra, ecc, i quali, pur rilevanti, incidono forse in misura meno "appariscente" dei due precedenti, ma non per questo sono meno rilevanti al fine del risultato complessivo.
Il trattamento nasce da una collaborazione con uno studioso. È un recupero di conoscenze del passato di cui sono rimaste pochissime tracce. L'aspetto estetico migliora molto, il legno assume un colore caldo e ambrato, simile a un legno antico, ma più luminoso. L'effetto acustico è sorprendente, il suono si modifica e si avvicina moltissimo alle caratteristiche acustiche degli strumenti antichi, da Torres fino alle chitarre di Santos Hernández i quali, ma sono ancora studi in corso, molto probabilmente effettuavano trattamenti analoghi sulle tavole armoniche. Si perdono tutte le caratteristiche negative associabili a uno strumento "nuovo" di cui però si conserva per intero l'energia. Un risultato sorprendente, assolutamente da ascoltare.
Il nuovo progetto è nato da una intuizione nata dall'osservazione di una chitarra rotta, della quale ho cercato di conservarne alcuni benefici che sparivano una volta riparata. Il suo effetto è quello di aumentare sensibilmente l'elasticità e il movimento della tavola armonica, senza però precludere la risposta alle alte frequenze. Il risultato è una grande elasticità nei bassi, con una intonazione della cassa in Mi-Mib, ma con dei cantini appuntiti e proiettati verso l'acuto, oltre a un equilibrio accordale assolutamente giusto. Ho introdotto all'interno del progetto un dispositivo detto "registro" che per certi versi è assimilabile alla funzione dell'anima negli strumenti ad arco, dalla quale eredita la caratteristica di avere un punto di contatto mobile sulla tavola armonica, senza però collegare fisicamente piano armonico e fondo.
Lo spirito costruttivo le mie chitarre prosegue in quella che fin dal principio è sempre stata la direzione del mio lavoro: riprendere il percorso iniziato da Antonio de Torres e proseguito da altri grandi liutai spagnoli fino a circa il 1940, interrotto dall'avvento della Seconda Guerra Mondiale e dalla produzione di grande serie cominciata da José Ramirez nel dopoguerra, per continuarlo e portarlo fino ai giorni nostri, dai quali eredito l'uso di tutte le moderne tecnologie disponibili a me utili. Le mie chitarre non si propongono come copia di strumenti di altri, ma sono il naturale, moderno, attuale proseguo di ciò che è stato fatto prima di noi. Dei liutai a me precedenti, nelle mie chitarre, rimane solo la forma ereditata da Torres. Oltre, ovviamente, a tutto ciò che con il loro lavoro mi hanno insegnato.
Molte notizie su di me e sul mio lavoro le può trovare sul mio sito web e sugli altri spazi internet:
http://www.lucawaldner.com/
http://www.lucawaldner.com/forum/forum.html
http://www.myspace.com/lucawaldner

martedì 28 aprile 2009

File Under Culture&Art 1.0.3


"Il meno che si possa chiedere ad una scultura è che stia ferma." Salvador Dalí (1904-1989), pittore spagnolo.

Un'altra teoria suggerisce che noi rispondiamo non a ciò che le cose sono intrinsecamente ma al modo in cui si differenziano da altre cose simili che abbiamo visto. Non siamo dunque semplicemente impegnati nel semplice atto di guardare qualcosa ma nell'atto più complesso di guardare qualcosa in relazione alle aspettative a suo tempo sollevate da altre cose simili.
Piano, adagio, perché è facile andare alla deriva e allontanarsi dall'argomento: cosa ci succede quando ci lasciamo catturare da un frammento di cultura (quando guardiamo un quadro, ci facciamo taglia­re i capelli, andiamo al cinema)?
Cosa succede quando vediamo un film? Guardiamo un mondo che si costruisce davanti a noi e come alcune persone all'interno di quel mondo interagiscono tra loro e il mondo in cui si trova­no. Cosa fanno? Osserviamo la collisione di sistemi di valori impliciti all'interno di un ambiente proposto. Questo si chiama “dramma”, quando vediamo che il sistema di valori è destinato a crol­lare in modo disastroso, lo chiamiamo "tragedia" e quando crolla in modo comico, lo chiamiamo "commedia". Per millenni, narrativa e teatro (e ora film e TV) si sono occupati di questo: proporre e descrivere un mon­do e le dinamiche delle interazioni cariche di valore al suo interno. E’ interessante notare come non sia necessario che il mondo proposto o il sistema di valori coinvolti nella collisione siano "realistici" perché scatti il nostro interesse, proprio come non è necessario che una partita a scacchi rappresenti un reale conflitto militare.
Ci interessa il processo dell'interazione fra gli elementi proposti. Ci interessa il modo in cui noi, cogliamo questi processi. Vogliamo conoscere le regole e mettere alla prova le nostre capacità di estrapolarle.
E che dire dei tagli di capelli? Farsi una nuova acconciatura è porsi la domanda: "Come sarebbe essere il genere di persona che ha questo ta­glio di capelli?". E che utilità ha? Beh, non è questo che ci rende diversi da altri animali?
Non è il fatto di avere tutta questa serie di pratiche culturali di come le cose potrebbero essere altrimenti, di come le cose potrebbero sembrare viste attraverso gli occhi di qualcun altro, che ci mette in grado di comprenderci a vicenda e collaborare con gli altri?
Cerco di spiegarmi meglio … di solito si pensa che la cultura umana incominci con il linguaggio, che questo sia il gran punto di differenziazione, ma sono dell’opinione che si incominci con l'empatia, andando oltre il linguaggio stesso. Ciò che ci connette gli uni agli altri non è solo la nostra capa­cità di parlare tra noi: quello è solo uno dei prodotti (un gran prodotto) della nostra capacità di immaginare come possono sembrare le cose viste con gli occhi di un altro. I
n realtà noi centinaia di volte al giorno abitiamo altre intenti, altri mondi, altri insiemi di assunti, se non lo facessimo, non sa­remo in grado di funzionare nella società.
Tutta la comunicazione di­pende dall'affinamento di un insieme già vasto di assunti in frasi o gesti selezionati e le persone abituate ad abitare i mondi mentali altrui lo fanno con incredibile economia: la striz­zatina d'occhio che vale mille parole, per esempio, o il leggero mutamen­to del tono di voce che rappresenta un intero paragrafo. Il linguaggio è la lama tagliente di questo processo ma non è che una porta che conduce nella vasta riserva di esperienza di altri mondi e altre visioni che tutti portiamo con noi.
Io penso che quando entriamo in atti culturali, convenzionali o co­munque vogliate chiamarli, mettiamo alla prova questa capacità di sal­tare da un insieme di assunti a un altro, da una prospettiva all'altra e aggiungo anche che in questo percorso diventiamo sempre più abili.

lunedì 27 aprile 2009

File Under Culture&Art 1.0.2


"Tutto il processo economico è quindi un problema di scelte: scelte da parte dei consumatori e scelte da parte dei produttori. In ultima analisi le scelte si impongono perché le risorse sono limitate rispetto ai desideri." Carlo Maria Cipolla (1922-2000), storico economico italiano


Chi si occupa di marketing lo sa bene: man mano che le civiltà invecchiano, una crescente proporzione di tempo e attenzione è dedicata a cose che non siamo obbligati a fare, sempre più prodotti, attività e gruppi di persone vengono definiti in base a particolari scelte stilistiche (segmentazione del mercato). Abbiamo bisogno del superfluo: è come se la nostra attenzione, qualora sia lasciata libera di allontanarsi dall'estremità imperativa del continuum, esplori sempre più quella non necessaria.

La mia domanda allora è: "Cosa stiamo facendo qui?". Posso capire perché ha senso creare un oggetto tangibile (una macchina, un paio di occhiali): sono il prolungamento diretto dei nostro corpo fisico, rendono la vita più controllabile. Ma se chiedete alla maggior parte delle persone perché facciamo tutte le altre cose, otterrete difficilmente una risposta chiara. Vi risponderanno: "E’ bello, non trovi? A me piace". OK, è bello e piace anche a me ma che cosa, di fatto, ci piace? Sarebbe fin troppo banale dire che è il modo in cui certe cose sono state fatte, la particolare armonia delle linee, dei co­lori e delle strutture. Ciò presume che noi per qualche motivo preferia­mo alcune disposizioni di elementi rispetto ad altre e ovviamente è così. Ma questo non ci porta affatto lontano. Per quale motivo preferiamo alcune disposizioni di elementi rispetto ad altre?E’ perché alcune disposizioni sono "migliori", intrinsecamente più soddisfacenti di altre? Vale a dire, tutto questo ha a che fare non con noi ma con il fatto che quelle disposizioni partecipano a qualche qualità al di fuori della nostra mente? Questo è quanto ha presupposto la gran parte della Storia dell'Arte: che noi rispondiamo a certi elementi consi­derandoli "belli" perché in qualche senso "contengono" la bellezza. La bellezza è “là fuori”... che è diverso dal dire che quelle cose fanno sorgere in noi un senso di bellezza. C'è in questa teoria l'asserzione che la bellezza è già nell'opera e noi aspiriamo a coglierla... La parola stessa "cogliere" implica questo: che c'è già là fuori qualcosa che aspetta di essere colto.

Così ci sono state numerose teorie sulla combinazione dei colori, sulla sezione aurea e sulle magiche disposizioni di linee cui si presumeva che gli umani rispondessero con particolare forza.....

domenica 26 aprile 2009

Video: Guitalian Quartet parte seconda, from "Carmen" by G. Bizet





l'Ensemble Dissonanzen a Bordeaux 6 maggio 2009


Mercoledì 6 maggio ore 20.30

Ensemble DISSONANZEN

ALESSANDRA BELLINO Tre micro-meliche di apollo e marsia
MICHELANGELO LUPONE Ciclo astrale (Partie III)
NICOLA SANI Dove arrivano le nuvale piú vaste
GIACINTO SCELSI Aitsi
AGOSTINO DI SCIPIO Texture-multiple
GIANCARLO TURACCIO New work (première mondiale)
KARLHEINZ STOCKHAUSEN Expo


TOMMASO ROSSI (flûte) / DANIELE COLOMBO (violon) / MARCO CAPPELLI (guitare) / CIRO LONGOBARDI (piano) / AGOSTINO DI SCIPIO (projection sonore et électroacoustique) / GIANCARLO TURACCIO (assistant).


Concert en collaboration avec Temp'óra.

mercoledì 22 aprile 2009

Elena Càsoli: Wittener Tage für neue Kammermusik

Wittener Tage für neue Kammermusik
S a m s t a g 2 5 . A p r i l 2 0 0 9

1 9 : 0 0 R U D O L F S T E I N E R S C H U L E

4K l a n g k o n t i n e n t e
Gareth Davis · Bass/Kontrabassklarinette
Elena Càsoli · Gitarre

JACK Quartet
ensemble recherche Johannes Schöllhorn rota 2008

für Kontrabassklarinette und Streichquartett UA

Martin Smolka Rinzai and Water Skaters 2009
für Bassklarinette, Gitarre und Streichquartett UA
Jo Kondo Holzwege 2008
für Ensemble UA
Hugues Dufourt L’Asie d’après Tiepolo 2008–09
für Ensemble UA

Tango Tres in Concerto oggi a Milano!


Concerto TANGO TRES
Piazza S.Marco Milano
padiglione Via…ggiando
"Viabizzuno Tango Tres salone del mobile 09"
Organizzatore: TANGO TRES e MARIO NANNI
ore 19.30

martedì 21 aprile 2009

Federazione Cemat Convegno su Musica e linguaggio 22 aprile

Roma 22-23 aprile 2009

Convegno Musica e linguaggio

Il fondamento filosofico del fare musica tutti nel sistema formativo

Mercoledì 22 aprile

Università degli Studi Roma Tre

Aula Magna della Facoltà di Lettere e Filosofia,

via Ostiense 234

Recensione di Mauro Giuliani Studi per chitarra di Elena Càsoli (Rivo Alto 1994)




English Version

Nel corso della sua intervista pubblicata qui sul blog circa un anno fa avevo chiesto a Elena Càsoli quale fosse il suo rapporto con la tradizione classica e se suonava mai pezzi del repertorio ottocentesco. La sua risposta positiva evidenziava il suo rapporto con questo repertorio sia in termini di formazione musicale che culturale, sottolineando il file rouge che collega lo studio della tradizione con l’approccio alla musica contemporanea.
E’ quindi con grande piacere che sono riuscito a trovare questo suo cd realizzato nel 1994 con la casa discografica veneziana Rivo Alto. Chi legge questo blog conosce da tempo la mia ammirazione per la musica di Elena Càsoli e quindi non si stupirà di un mio giudizio positivo su questo cd.
Si tratta di una antologia di studi (54 per la precisione) tratti dalle opere 48, 50, 51, 100 e 111 suonati con grande perizia e maestria, 54 miniature musicali, sogni o frammenti di sogno in forma sonora. Elena Càsoli riesce nella magica di creare attimi di sospensione e aurore colorate in cui l'ascoltatore si immerge fino a perdersi completamente nel piacere rilassato della musica di Mauro Giuliani. Indispensabile che chi suona come autodidatta e vuole ascoltare delle versioni perfettamente impostate, di importanza strategica per chi ha sempre visto queste musiche come dei semplici esercizi o degli studi noiosi e li vuole riscoprire sotto una luce nuova.


“Tanto penso che approfondire la conoscenza di un dato repertorio o autore sia importante, quanto credo che ogni musicista possa sviluppare un pensiero elastico, duttile, che gli consenta di spostarsi, non dico tra i generi –dote riservata solo a pochi- ma tra gli autori di uno stesso genere, arricchendo la propria prospettiva interpretativa e mantenedo alta la qualità artistica.” Elena Càsoli

Empedocle70

lunedì 20 aprile 2009

Sulla recensione ... di Empedocle

Confesso di trovarmi sempre un poco a disagio di fronta alla parola recensione. In se non ha nulla di male, anzi, deriva dal verbo latino "recenso" e significa riflettere. La recensione è in sé una cosa bellissima e utile: un breve testo valutativo e interpretativo di un'opera letteraria, scientifica, artistica in cui si analizzano i contenuti e l’estetica. Un attimo di concentrazione e di introspezione, un momento in cui si tirano le somme e si da un giudizio senza eccedere nè in difetti nè in pregi, dato che il suo scopo, almeno per me non consiste nel definire se una cosa è buona o cattiva, se vale o meno la pena di comprarla, acquistarla oppure ignorarla. Il giudizio insomma è un fattore del tutto secondario rispetto agli scopi di riflessione e di analisi che mi sembrano molto più importanti. Anche perché … ma chi glielo da al recensore tutto questo diritto di stroncare o di incensare? Soprattutto nel caso di una recensione su un’opera artistica dove i parametri soggettivi sono di gran lunga più numerosi di quelli oggettivi, il rischio che un facile giudizio dettato puramente da una visione soggettiva e dai propri pregiudizi possa fare dei bei danni .. beh è notevole. Tanto più che mentre un’artista mostrando al pubblico la propria arte mette in mostra anche e soprattutto se stesso, il recensore spesso e volentieri non si espone minimamente, tutelato dalla sua scrittura e dall’inchiostro, a volte addirittura nascondendosi dietro a uno pseudonimo.

Forse ci vorrebbe un atto di umiltà e di trasparenza … in fin dei conti l’equilibrio assoluto è una mera chimera e quindi perché non aiutare il lettore dandogli le coordinate culturali dei pregiudizi dai quali parte l’operato del recensore? Questo blog parla di musica e quindi un buon punto di partenza potrebbe essere quello di segnalare quali sono i 10 dischi preferiti da parte di chi recensisce .. così chi legge potrebbe già capire il perché di certe opinioni e regolarsi di conseguenza .. comincio io.

Questi sono i miei 10 dischi preferiti, quelli che riascolto sempre con grande piacere a distanza di tanti anni, che non mi hanno mai stancato, che saprei riprodurre a memoria nella mia mente nota per nota .. in rigoroso ordine casuale … non esiste un numero Uno.

- Steve Reich: Music for 18 musicians
- Pink Floyd: UmmaGumma
- Pat Metheny & Ornette Coleman: Song X
- Miles Davis: In a silent way
- John Coltrane: A love supreme
- Led Zeppelin: Led Zeppelin IV
- Allan Holdsworth: Metal fatigue
- Frank Zappa: Hot rats
- Keith Jarrett: The Köln Concert
- Naked City: Naked City



... va meglio così?

domenica 19 aprile 2009

Deseo de Tango in concerto il 25 aprile I N N E N S I C H T


Deseo de Tango in concerto
I N N E N S I C H T
25/04/2009 ore 20:15,
Ref. Kirche Konolfingen

Tanguedia - Astor Piazzolla
Contrabajissimo - Astor Piazzolla
Cloud Over Purple - Jürg Itten
Acacia Toward Sky - Jürg Itten

*****

Night Club 1960 - Astor Piazzolla
Memorias y olvidos - Rodolfo Mederos
Soledad - Astor Piazzolla
Tanquimia - Hugo Potenza
Concierto para quintetto - Astor Piazzolla

Virginia Arancio Gitarre, Christian Baur Violine, Florine Juvet-Henny Akkordeon, Marija Savicevic Klavier, Simone Schranz Kontrabass
Jürg Itten Kompositionen und Projektmanagement, Sarah Rausis Bild

http://www.deseodetango.com/
http://www.jitten.org/

I Fotografi e la Chitarra Classica

Foto di Concetto Spaziale
http://www.flickr.com/people/concettospaziale/

Studio #2

Guitar's Hand

Studio #3

Classic Guitar

sabato 18 aprile 2009

CERCANDO MARIETTA Appunti particolari di una ricerca Di Angela Cingottini parte terza

Anche se non sono pievese mi inorgoglì un poco apprendere che uno studioso del pari del Monaldi avesse assistito ad una rappresentazione di Marietta nel teatro della Pieve e fornisse quindi informazioni di prima mano che confermavano quanto già espresso da altri.. La notizia, tra l’altro , è testimonianza della vivacità culturale che doveva esistere alla Pieve nella seconda metà dell’800. Il Monaldi non data l’episodio, ma da un sonetto di lode reperito dal dott. Bittarello apprendiamo che la sera del 22 luglio 1869 Marietta Piccolomini “con la stupenda armonia della sua voce allietava i cittadini pievesi accolti nel nobile teatro degli Avvaloranti”. Può darsi che entrambi i documenti si riferiscano alla stessa occasione, ma niente ci impedisce di credere che la cantante, dopo il matrimonio con il Marchese della Fargna, più di una volta si sia esibita nel teatro degli Avvaloranti,all’epoca di recente costruito.
L’altro archivio che visitai, grazie all’ausilio di don Remo Serafini che mi introdusse a quelli che potevano essere i documenti di una qualche importanza alla mia ricerca, fu quello del seminario Arcivescovile di Città della Pieve. Non vi trovai niente relativo a Marietta, ma, insieme a notizie riguardanti la storia del marchesato della Fargna, trovai una petizione delle figlie Teresa, Concetta e Rita che, nel 1911, chiedevano l’indulto al fine “ di far celebrare tutte le tre messe del santo Natale nell’oratorio della loro villa di Musignano ,nel suburbio di Città della Pieve. Con facoltà di accostarsi alla S. Comunione , tanto per le postulanti quanto per le altre persone che assistono alla S. Messa” Un altro documento, della cancelleria del Vescovo Angelucci, nell’agosto del 1916, proroga di un decennio l’indulto alle Marchesine Caetani della Fargna di conservare il Ss. Sacramento nell’oratorio pubblico della Villa di Musignano , e ne definisce i termini di attuazione.
Da questi documenti si evince che le figlie di Marietta Piccolomini, Marchesa Caetani della Fargna, ereditarono dai genitori la predilezione che essi avevano avuto per Città della Pieve e dopo la loro morte vi abitarono quasi costantemente., continuando l’opera di filantropia e beneficenza che era stata propria della loro madre e contribuendo a diffondere quell’aura di ‘pietas” di cui la marchesa della Fargna si era circondata e che è messa in gran in risalto da Pietro Piccolomini nella sua biografia.
La storia della Marchesa della Fargna è , ovviamente, un fatto privato.. Ebbe il suo domicilio stabile a Firenze, ma niente ci vieta di immaginarla cantare nelle stanze della Villa di Musignano, luogo che lei prediligeva perché poteva occuparsi del giardino che aveva fatto impiantare personalmente. Di questo amore della Marchesa per la natura e i giardini mi fu riferito dai suoi discendenti, che ebbi il piacere e la fortuna di conoscere un paio di anni fa.
Marietta morì a Firenze, nella sua villa di Poggio Imperiale, l’11 dicembre 1899 a causa di una polmonite. E’ sepolta al Cimitero delle Porte Sante, presso S. Miniato a Monte, nella cappella di famiglia affrescata da Gualtiero de’ Bacci Venuti, pittore che molto della sua fortuna dovette alla vicinanza che per tutta la vita ebbe con i marchesi Caetani della Fargna..
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Un articolo più approfondito, dell’autrice, su Marietta PiccolominI -Marietta Piccolomini, una gentildonna senese prestata alla lirica- si trova in : Il Chiasso Largo, n.3, 2006, ed Pascal, Siena, e in http://chitarraedintorni.blogspot.com

http://chitarraedintorni.blogspot.com/2007/11/marietta-piccolomini-una-gentildonna.html
http://chitarraedintorni.blogspot.com/2007/11/marietta-piccolomini-una-gentildonna_24.html

venerdì 17 aprile 2009

Mastering the Strings Metodo Storti

Seminario teorico-pratico sulla nuova
metodologia didattica per chitarra.
6 ore con l’autore di
Trattato di chitarra
Il dominio delle corde
L’arte della mano destra
Nuovo metodo elementare
Primo contrappunto
120 arpeggi melodici
La nuova tecnica degli arpeggi
Esercizi di articolazione melodica
60 Esercizi di velocità
L’ora di chitarra
Maestro collaboratore
ANGELO BARRICELLI

CERCANDO MARIETTA Appunti particolari di una ricerca Di Angela Cingottini parte seconda


La ricerca storica è come la droga: guai a cominciare! Ancor peggio quando si comincia a frequentare gli archivi. Che è quello che feci quando mi resi conto che le poche notizie che potevo trovare sui libri di storia del canto o della musica provenivano tutte da quell’unica fonte che io stessa avevo in mano e da alcune lettere di Verdi all’amico napoletano Cesare De Sanctis, in cui il musicista si esprimeva in maniera assai positiva sulla nostra cantante. Oltretutto quelle poche notizie erano spesso confuse, con date in contraddizione fra loro, evidentemente riportate senza aver controllato con esattezza. Cominciai dall’Archivio di Stato di Siena, dove nel fondo Piccolomini Clementini esiste una busta, la 106, interamente dedicata a Marietta. Non vi trovai niente di scritto da lei, che potesse in qualche modo darmi l’idea di un personaggio realmente vissuto, ma vi trovai molti articoli su di lei che mi aiutarono a ricostruirne a grandi linee il percorso artistico, almeno per quello che concerne l’Italia: il debutto alla Pergola di Firenze, non ancora diciottenne, nel febbraio del ’52 , la stagione romana al teatro Argentina nell’autunno/inverno di quello stesso anno, Pisa e Palermo nel 53 e poi di nuovo Roma, Bologna Firenze, Siena, Udine, Modena, fino alla trionfale stagione torinese nell’autunno-inverno del ’55, quando i giornali di oltralpe cominciarono a parlare della sua Traviata e della possibilità di vederla sulla scene di Parigi e Londra, cosa che avvenne già nell’anno seguente e segnò l’inizio di un triennio che la vide passare di successo in successo al Théatre Impériale Italien, all’Her Majesty Theatre e in tutti i massimi teatri del Regno unito e di Irlanda e, infine, negli Stati Uniti.
Pensare come una donna di teatro al culmine della carriera possa lasciare tutto per il matrimonio può risultare difficile ai nostri ragionamenti e probabilmente lo fu anche per lei. Di fatto possono aiutarci a capire altri documenti presenti all’Archivio di Siena , quelli contenuti nelle buste 72 e 76, lettere che i membri della famiglia Piccolomini, in viaggio per accompagnare Marietta nelle varie località in cui si spostava par i concerti, scrivevano a chi era rimasto a casa, le nonne Teresa Piccolomini Clementini e Violante Gori Pannilini, lo zio Roberto Gori e, soprattutto, il fratellino di Marietta, Innocenzo detto Cencio, rimasto al Collegio Tolomei per completare la sua educazione Sono lettere che ci danno l’impressione di un clima familiare disteso e sereno, vivaci, piene di informazioni e raccomandazioni, appuntamenti per le festività e saluti da passare ai parenti. Le notizie relative alla carriera di Marietta e ai suoi concerti sono informazioni fra le altre e non sembrano polarizzare l’attenzione della famiglia, per la quale i suoi successi danno l’impressione di essere qualcosa cui non dar troppo peso e da non prendere troppo sul serio. D’altra parte a quel tempo era abbastanza frequente che una cantante si nobilitasse sposando un titolato e ponesse fine alla carriera. Meno frequente era invece il caso contrario, essendo considerato quello del teatro un ambiente di scarsa moralità e non essendo comunque costume delle signorine nobili quello di esercitare una qualsiasi professione. Quello di Marietta fu quindi un caso veramente eccezionale, ma anche lei ad un certo punto decise di rientrare nei ranghi e di sposarsi. La sua carriera durò in pratica solo otto anni, ma furono anni talmente intensi e il suo successo talmente folgorante che l’articolista de ‘Il Giorno’ all’indomani della sua morte la definì ‘la più fulgida stella che sia mai apparsa nel panorama dell’arte italiana’ .
Non mancarono , dopo il matrimonio, occasioni in cui si esibì in teatro, sempre a scopo filantropico. Una in particolare riguarda Città della Pieve e il suo teatro che ha avuto l’onore, proprio grazie a Marietta, di essere ricordato nel libro di Gino Monaldi, importante musicologo e studioso di teatro di fine’800, Cantanti celebri del XIX secolo .Ne avevo trovato indicazione tra le poche note di uno degli articoli riprodotti in appendice al lavoro di Pietro Piccolomini. Mi aveva colpito la descrizione che l’estensore dell’articolo riportava e che trascrivo:”Per ben comprendere la Piccolomini bisognava anzitutto vederla e osservarla nel volto, la cui espressione preludeva e accompagnava mirabilmente il senso della parola cantata. Il sorriso, il pianto, la carezza, l’ira, la gelosia, l’amore, prima d’esser detti e cantati s’indovinavano, oserei dire si leggevano in quel sembiante mobilissimo e così artisticamente eloquente, Si aggiunga a ciò la purezza di una pronuncia italianamente bella e che costituiva una delle sue magiche prerogative. Con tale patrimonio di voce, d’arte, d’ingegno e di sentimento, gli entusiasmi che essa destava sulla scena erano indicibili ...” La descrizione mi ricordava quella che avevo letto su internet in un lungo articolo che La France Musicale del 14 dicembre 1856 dedica alla Traviata a seguito della trionfale prima al Théatre Imperiale Italien. La cantante vi viene paragonata a un essere magico che esercita sul pubblico un’influenza magnetica, mentre il particolare della sua perfetta pronuncia l’avevo già letto in un articolo del ’53, scritto a seguito della prima stagione romana. Volli controllare per rendermi conto se si trattasse di informazioni dirette o mediate da altri testi. Procuratomi non senza una qualche difficoltà il libro del Monaldi, mi trovai di fronte ad una notizia inaspettata, che riporto testualmente: “Ricordo Marietta Piccolomini, già da tempo Marchesa della Fargna, sulle scene del piccolo teatro di Città della Pieve, dove una sera aveva consentito, a filantropico scopo, di cantare l’ultimo atto del Trovatore in unione di due o tre dilettanti del paese. Il conte di Luna era un certo Matteucci , modesto cantante da chiesa, il quale, abbagliato, stordito dall’accento vigoroso e appassionato col quale la Piccolomini diceva e cantava la famosa frase ‘calpesta il mio cadavere, ma salva il Trovator’ perdette addirittura la bussola …e la parola, non ricordando più di pronunciare il generoso grido ‘Colui vivrà!’ , così che la grande artista dovette dirlo per lui, come indovinandone il pensiero , e attaccare subito la cabaletta ‘Vivrà, vivrà, ecc. ecc.’ con un trasporto, un fuoco e una bravura di cui non è facile dare una giusta idea. Ebbene, quest’artista che aveva tumulti passionali e drammatici d’una potenza sbalorditiva, sapeva scendere alla cosiddetta romanza da camera con una eloquenza, una tenerezza, una grazia impareggiabili”
segue...

giovedì 16 aprile 2009

Festa del libro e di San Giorgio - Casertamusica, Liberalibri e Macchina da Presa

In occasione della Festa del libro e di San Giorgio, 23 Aprile 2009, tre associazioni culturali della città – Casertamusica, Liberalibri e Macchina da Presa, hanno organizzato una serata evento dedicata alla lettura e ai lettori, intitolata: “Leggere per il futuro”.la manifestazione si colloca sia nell'ambito della XI Settimana della Cultura a Caserta che della Giornata Mondiale Unesco per il Libro e il Diritto d'AutoreIl lungo reading, in cui si incontrano libri famosi e gente comune, si svolgerà dalle 19 alle 23 presso il Caffè del Centro in Via San Carlo.I brani scelti sono dedicati al futuro, inteso come speranza, utopia, amore per il presente, passione per la storia.Tutti coloro che – come singoli o come associazioni – vogliono partecipare alla lettura devono prenotarsi, inviando una mail a redazione@casertamusica.com oppure associazione@macchinadapresa.com oppure info@liberalibri.it o al Caffè del Centro (il giorno 23) sino ad un’ora prima della manifestazione, indicando nome e brano scelto (durata massima della lettura, due minuti). Ma Leggere per il futuro è anche un’irrinunciabile occasione per pensare all’Abruzzo, alla ricostruzione materiale e culturale a partire proprio dai libri.Un momento della serata sarà dedicata all'Abruzzo ed inoltre saranno raccolti libri – rigorosamente nuovi - da portare nei paesi terremotati tra giugno e luglio.

Pablo Lentini Riva presenta Notturno per violoncello solo il 24 aprile


Venerdi, 24 Aprile 2009, 17:30 - 19:00
presso la Libreria Mondadori a Venezia

Pablo Lentini Riva
Notturno per violoncello solo (Ed. Ellin Selae)
Musiche di Bach, De Visée e Mertz eseguite da P. Lentini Riva, letture di Fabio Sartor. Interviene Edoardo De Marchi

Notturno: una confessione lucida e appassionata, un preludio alla notte che plana sull’anima con la maturità. L’opera è un grido di rabbia contro il disamore che pietrifica tutto, perché il vero nemico è il tempo, che ci trascina lontano da ogni sorgente di gioia: dall’infanzia, dagli amanti, dalle passioni, poi da noi stessi, dal nostro corpo, infine dalla nostra coscienza.Il protagonista del romanzo non ci sta e tenta di ribellarsi, d’aggrapparsi alle fronde che dagli argini sembrano tendergli un vecchio suonatore d’organetto e un bambino prodigio, cerca di nuotare verso le mani che affiorano dal passato sotto forma di ricordi, voci o suoni.E in questo noir parigino, che parla di musica e musicisti, di maestri e allievi, dell’amore perduto e ritrovato, di Schubert e Beethoven, ma soprattutto di Bach, la salvezza sembra avere l’aspetto di una musa dai capelli di cenere.

Link: http://www.focus-in.info/spip.php?article109

CERCANDO MARIETTA Appunti particolari di una ricerca Di Angela Cingottini parte prima


CERCANDO MARIETTA Appunti particolari di una ricerca
Di Angela Cingottini


Pubblicato su Il Moggio, anno 2, n.1, Città della Pieve.

Il 10 febbraio del 2007 l’International Opera Theater di Philadelphia tenne a Città della Pieve una serie di audizioni per cantanti lirici finalizzate ad un premio intitolato al soprano Marietta Piccolomini (1834-1899). In quella occasione il Comune, che patrocinava il premio stesso, e la Libera Università di Città della Pieve si fecero promotori di un pomeriggio culturale in teatro per ricordare e far conoscere ai pievesi quella loro concittadina della seconda metà dell’ottocento. L’Assessore alla Cultura, Prof. M. Luisa Meo e la Dott. Daniela Barzanti, Presidente della Libera Università, sapendo che da anni mi occupo di ricerche sulla soprano senese, mi incaricarono di condurre la presentazione. Non senza emozione esordii rivelando ai presenti che proprio un 10 febbraio, quello del 1859, Marietta Piccolomini dava l’addio a Philadelphia cantando per l’ultima volta alla Academy of Music, attualmente il più antico e all’epoca il più prestigioso teatro degli Stati Uniti, dopo un mese di successi ininterrotti . Durante quella stessa tournéé, il 25 gennaio, la Piccolomini si era esibita anche nella Traviata, opera per cui è passata alla storia come l’interprete che meglio aveva saputo renderne lo spirito e il carattere. Bene, proprio il 25 gennaio del 2007 a Philadelphia si erano svolti i festeggiamenti inaugurali per il 150° della fondazione dell’Academy e la direttrice dell’International Opera Theatre di Philadelphia, Karen Saillant, poco prima di partire per sovrintendere al concorso di Città della Pieve , vi stava partecipando con un suo lavoro di regia. Queste coincidenze di date erano emerse per caso, durante una delle mie tante ricerche su internet per trovare o verificare notizie intorno alla tournée americana della Piccolomini. E’ infatti cosa nota che la soprano ha cantato a New York ed è stata la prima a portarvi la Traviata , ma quella sera, proprio il 25 gennaio 2007, per uno di quegli incastri di parole chiave che a volte ti portano dove non penseresti mai, mi trovai davanti agli occhi “ Philadelphia, Chronology of the Opera, 1859”. Non avevo digitato io il nome della città, ma era evidentemente bastato il nome della cantante e l’anno. Ed ecco la notizia che lei, proprio nel gennaio- febbraio, era stata a Philadelphia e nella stessa sera in cui, 148 anni dopo, io ne venivo a conoscenza, aveva eseguito il suo cavallo di battaglia.
Un messaggio di posta elettronica per comunicare con Karen che non sentivo da alcuni giorni. Mi risponde immediatamente, nientemeno che dal camerino della Academy of Music storicamente destinato alla Prima Donna, in quel caso riservato a lei per il lavoro che stava conducendo: inutile dire che entrambe siamo rimaste folgorate sulle rispettive sedie, davanti ai nostri reciproci messaggi .
Ripresami dallo stupore aggiunsi le notizie riguardanti la presenza di Marietta Piccolomini a Philadelphia alle tante che avevo raccolto nel giro degli anni, alcune veramente regalate dal caso, da quando , per caso, avevo sentito per la prima volta il suo nome e avevo cominciato ad occuparmi di lei.
Fu agli inizi del 2000 quando, a Siena, vidi un manifesto che annunciava un concerto dell’Unione Corale Senese in onore di Marietta Piccolomini. Nonostante io sia senese non sapevo che nell’illustre famiglia ci fosse stata una Marietta cantante, lo evincevo da quel manifesto. Solo diverso tempo dopo ebbi modo di collegarlo alle onoranze riservatele nella sua città in occasione del centenario della morte. Accadde dopo che, nel 2003, a Città della Pieve, ero incappata per la seconda volta nel suo nome. Mi trovavo in Palazzo Fargna e con il Dott. Bittarello stavo pianificando il corso di Storia della Canzone Italiana che tenevo per la Libera Università. Fu lui a passarmi l’informazione che nell’800 una grande cantante senese aveva soggiornato spesso a Città della Pieve nei possedimenti del marito, un nobile di origini romane,il Marchese Francesco Caetani della Fargna sposato nel 1860, nel cui palazzo la nostra conversazione si stava svolgendo. Mi venne da pensare che in fondo anch’io, senese, ero capitata alla Pieve a causa di mio marito e della casa dei suoi antenati che, a pochi metri da palazzo Fargna, ci ospitava sempre più spesso. Mi sentii in dovere di saper di più su questa mia doppiamente concittadina.
Mi furono procurati un articolo di Gaetano Fiacconi e una scheda relativa a Marietta Piccolomini presente nel libro di Don Fiorenzo Canuti “Nella patria del Perugino”, che costituirono il mio punto di partenza. Da una prima ricerca bibliografica su internet venne fuori un’unica opera completa, una biografia praticamente introvabile in quanto pubblicata nel 1900, l’anno successivo alla morte di Marietta e scritta da un parente, Pietro Piccolomini. Raccontare come non molto tempo dopo , a Siena, io sia riuscita a venire in possesso di alcune copie dell’opera, ripubblicata in copia anastatica nel 2000,senza averle cercate, ha del fiabesco. Il libro di per sé non aggiungeva nulla a quanto già conoscevo . Si tratta di una biografia di 21 pagine con una appendice di tre lettere di Marietta alla nonna e una serie di articoli di giornale relativi a concerti da lei tenuti. Le lettere non sono datate e in alcuni casi, come lo stesso curatore avverte, non lo sono neppure gli articoli, ritagliati da giornali e messi a sua disposizione quasi mezzo secolo dopo. Dai contenuti delle lettere si evince che sono state scritte agli inizi della carriera, nel ’52 e ’53. Anche gli articoli si riferiscono ai successi italiani e quindi per un periodo che va fino alla metà del 1856 quando, stipulato un contratto con l’impresario Benjamin Lumley ,il patron dell’ Her Majesty Theatre di Londra, la sua carriera si svolse soprattutto, con incredibili successi, fuori d’Italia.
segue...

mercoledì 15 aprile 2009

Montemonaco: Dalla Musica al Gesto alla Musica 28 luglio - 8 agosto 2009


Montemonaco è una situazione unica nel suo genere: due colleghi, Arturo Tallini e Giuseppe Pepicelli, nella certezza che la stima reciproca e la consapevolezza della propria identità professionale e umana siano terreno fertile per collaborazione e amicizia, hanno dato vita per gioco, 14 anni fa, ad un corso estivo, che può essere considerato di perfezionamento da alcuni punti di vista, di formazione musicale e umana dall'altro: ognuno può individuare il significato più consono alla propria vicenda umana e formativa... Se volete aggiungerne un altro, il punto di vista del luogo incantevole e quindi di 11 giorni di vacanza chitarristica, è tutt'altro che trascurabile....


Il depliant del corso

File under Culture&Art 1.0.1


"La più grande forma di libertà è quela di potersi domandare da dove veniamo o dove andiamo" Carlo Rubbia



La prima cosa da notare è che tutto l'insieme delle attività stilistiche coincide con ciò che noi descriveremmo con il termine "una cultura" ovvero la somma di tutti gli elementi in base ai quali l'umanità può scegliere di differenziarsi: tutte le cose per mezzo delle quali è possibile riconoscersi reciprocamente come volontariamente distinti gli uni dagli altri.
Voglio farvi notare due cose:
1) Qui abbiamo apparentemente a che fare con due parole: la “cultura” l'insieme dei comportamenti per i quali abbiamo una scelta, e la "Cultura", che in genere identifichiamo con l'Arte e che tendiamo a considerare un'attività separata.

Penso che questi concetti siano collegabili: la Cultura con la "C" maiuscola è in effetti la definizione che riserviamo a un'estremità del continuum funzionale --> stilistico, per quelle parti di esso che sono palesemente superflue, specificamente preoccupate dello stile. Per capirci meglio questo spiegherebbe perché man mano che lo spettro si estende verso l'utilità, impieghiamo termini come "artigianato" o "design", a indicare uno status inferiore; quando lo spettro si estende ancora oltre, verso il puro imperativo istintuale, non utilizziamo proprio più la parola "cultura". E forse è la definizione migliore per gli assi di questo spettro: cose "imperative" e "necessarie", attività che siamo obbligati a fare contro attività che possiamo scegliere di non fare.
2) Gli esseri umani spendono gran parte delle proprie risorse ed energie nell'esercizio, nella difesa e nella conservazione delle proprie scelte culturali. Anche i gruppi materialmente più svantaggiati riescono a creare cose che non fanno alcuna palese differenza funzionale per la loro vita. Da Auschwitz è uscita dell'arte, canzoni e balli (e tutta una nuova cultura musicale) sono nati dagli schiavi delle piantagioni. Ma, con il crescere dell'agio e della ricchezza sociale (o con la scomparsa o la riduzione di altre aree di controllo), le questioni di scelta stilistica diventano preoccupazioni sempre più centrali e richiedono quantità di tempo sempre maggiori.
Empedocle70

martedì 14 aprile 2009

File under Culture&Art 1.0.0


"In una società capitalistica, il progresso economico è sempre fermento e agitazione" Joseph A.Schumpeter


Cos’è la cultura? E’ definibile in senso univoco? Esistono più possibilità semantiche? Cambia in senso geografico? E la società? E l’Arte?
Il concetto moderno di cultura può essere inteso come quel bagaglio di conoscenze ritenute fondamentali e che vengono trasmesse di generazione in generazione. Tuttavia il termine cultura può generare diversi significati semantici sui quali è interessante indagare:
- la concezione umanistica o classica presenta la cultura come la formazione individuale, un’attività che consente di “coltivare” l’animo con una valenza quantitativa, per la quale una persona può essere più o meno colta.
- la concezione antropologica o moderna presenta la cultura come il variegato insieme dei costumi, delle credenze, degli atteggiamenti, dei valori, degli ideali e delle abitudini delle diverse popolazioni o società del mondo: si suppone l'esistenza di diverse culture, e di un territorio culturale condiviso.
Fin qui tutto bene, ma proviamo a fare un passo in una direzione diversa: se provassimo a definire “cultura” tutto quanto non siamo obbligati a fare? Siamo obbligati a mangiare ma non ad avere alcun tipo di cucina, pizza o tiramisù. Dobbiamo proteggerci dalle intemperie ma non siamo obbligati necessariamente a scegliere se indossare Lewis o Yves Saint Laurent. Siamo costretti a spostarci sulla superficie del globo ma non siamo obbligati ad andare a piedi o in nave. Queste altre cose, noi scegliamo di farle: potremmo sopravvivere anche se scegliessimo di non farle.
Possiamo chiamare le attività del tipo "obbligato" funzionali e quelle dei tipo "non obbligato", stilistiche. Le attività umane si distribuiscono su un lungo continuum, che va dal funzionale (nascere, mangiare, dormire, morire) allo stilistico (dipingere quadri astratti, sposarsi, indossare elaborate sottovesti di pizzo).
segue...

lunedì 13 aprile 2009

FENNESZ in concerto al Teatro Fondamenta Nuove a Venezia il 16 aprile


RISONANZE 2009
Rassegna di nuove musiche contemporanee
Venezia, Teatro Fondamenta Nuove

Giovedì 16 aprile 2009 ore 21
FENNESZ
"Black Sea"
Fennesz chitarra, elettronica

A cinque anni di distanza dall'emozionante anteprima veneziana del suo capolavoro "Venice", Fennesz ritorna sul palcoscenico del Teatro Fondamenta Nuove per presentare il nuovo, attesissimo disco, "Black Sea".

Tra i più importanti protagonisti della scena elettronica internazionale, il musicista austriaco ha, in questi anni, vissuto da protagonista assoluto le possibilità dell'esplorazione sonora contemporanea, collaborando con nomi che spaziano da Ryuichi Sakamoto agli Sparklehorse, da Mike Patton Keith Rowe, da Jim O'Rourke a David Sylvian. Creata con chitarre e elettronica, la sua musica, inconfondibile, immette l'ascoltatore in un mondo che sembra apparire come in un sogno e scomparire quando si cerca di afferrarlo, per poi riaffiorare come sulla superficie di una laguna su cui si riflettono migliaia di raggi colorati, che sembrano provenire dalla musica concreta come dall'ambient, dalle inaspettate asperità glitch alla melodia più struggente.
"Black Sea", il nuovo disco uscito da pochi mesi e già acclamato da pubblico e critica come una delle esperienze sonore più suggestive degli ultimi anni, utilizza chitarre che raramente suonano come chitarre, trasformandosi piuttosto in un'orchestra, grazie anche all'utilizzo dell'elettronica, di sintetizzatori e di software per l'improvvisazione istantanea.
Ne deriva un lavoro che oltrepassa i riferimenti alla forma canzone presenti nei precedenti "Venice" e "Endless Summer", e che si muove piuttosto secondo un lento e stupefacente sviluppo di gusto quasi "classico", che avvolge l'ascoltatore in un'incantata caligine sonora

sabato 11 aprile 2009

IKONA GALLERY 01-02-03 maggio 2009 workshop "Vedere la città" a cura di Enzo Carli

WORKSHOP con il fotografo
ENZO CARLI

01 – 02 - 03 maggio 2009
Venezia


Enzo CARLI, affettuoso allievo di Mario Giacomelli, sociologo, giornalista, teorico della fotografia, ( è tra i Soci fondatori con Giacomelli, Berengo Gardin del Manifesto:Passaggio di frontiera”) è fotografo per necessità. Vive a Senigallia.

WORKSHOP: “Vedere la città”

Laboratori sui seguenti temi:
”Forme della città”;
“Paesaggio Urbano”;
“Corpi e luoghi”;

Il work- shop è rivolto ad un max di 15-20 allievi.
L’allievo partecipa ad un corso/laboratorio suddiviso nei seguenti tre moduli:

Modulo 1:
- elementi di storia della fotografia italiana moderna (dal Secondo Dopoguerra);
- elementi di composizione, dell’espressione e di lettura dell’immagine;

Modulo 2:
- workshop operative sul tema scelto dall’Autore;
- selezione delle immagini realizzate su un tema concordato con l’autore;

Modulo 3:
- Proiezione delle immagini selezionate (max 15 per Autore)
- Verifica sul linguaggio e sulla composizione delle immagini realizzate; dibattito e discussione,

Al termine del percorso l’allievo avrà acquisito le seguenti abilità, conoscenze e competenze:

- Conoscere e contestualizzare alcuni percorsi della fotografia moderna;
- conoscere ed applicare specifiche modalità e tecniche di ripresa all’esterno;
- conoscere e comprendere il percorso di un protagonista della fotografia italiana contemporanea;
- acquisire ulteriori modalità di selezione e di valutazione delle immagini fotografiche.

Il workshop è organizzato da Živa Kraus fondatrice e direttrice di IKONA PHOTO GALLERY dal 1979, e direttrice di IKONA VENEZIA – International School of Photography in Campo del Ghetto Nuovo, 2909.
IKONA PHOTO GALLERY ha presentato Enzo Carli con la mostra “Archeologia dei sentimenti” nel 2009.

La quota di partecipazione è di € 300,00.

Per informazioni dettagliate: tel. 0415289387
E-mail:
ikonavenezia@ikonavenezia.com

trio altrove 1.3. 10 maggio, ore 11, Universität Hamburg, Westflügel



Organizzazione: Gesellschaft für Neue Musik, Hamburg e "Klang" - Netzwerk für zeitgenössische Musik
Luogo e Data: Domenica 10.5., ore 11, Universität Hamburg, Westflügel
trio altrove 1.3
Luciano Tristaino, Flauto
Marcello Bonacchelli, Clarinetto
Gisbert Watty, Chitarra

René Mense: Duo (2004/2005) per flauto contralto e chitarra (Prima esecuzione assoluta)
Christine K. Brückner: Viaggio sul mare (2008) per flauto, clarinetto e chitarra (Prima esecuzione assoluta)
Thomas Böttger: 2 Intermezzi (2009) per flauto, clarinetto e chitarra (Prima esecuzione assoluta)
Thomas Jahn: Capriccio (2009) per flauto e chitarra (Prima esecuzione assoluta)
Wolfgang-Andreas Schultz: Wandlungen eines gefallenen Engels (2000) per clarinetto solo
Alessandro Solbiati : Con l’antico canto (1995) per flauto/ottavino e clarinetto basso (Prima esecuzione tedesca)
Tonino Battista: “Ciré bine” (2007) per flauto contralto, clarinetto e chitarra (Prima esecuzione tedesca)
Francesco Romano: Time x 3 (2007) per flauto, clarinetto e chitarra (Prima esecuzione tedesca)
Riccardo Vaglini: Addio, Lolita mia (1993) per flauto e chitarra


trio altrove 1.3

Il gruppo nasce dall’incontro di tre musicisti individualmente già molto attivi nel campo della musica da camera classica e contemporanea. Il debutto avviene nel 2001 in occasione della prima esecuzione assoluta di alcune composizioni nuove per questa insolita formazione musicale. Dopo un intenso periodo di studio sulla fusione e l’equilibrio fra i tre strumenti segue l’approfondimento del più importante repertorio classico e moderno. Il Trio ha effettuato concerti in Italia, Germania ed Australia e registrato programmi radiofonici per la ABC (Australia), Radio New Zealand e Rai Radio 3. Il gruppo ha inciso il Cd “Kappa” dedicato alla musica contemporanea australiana per la casa discografica “Move Records” di Melbourne e partecipato al Cd “Songs e Ricercari” con opere di Fabrizio De Rossi Re (Edizioni Rai Trade). Le sue proposte musicali vengono continuamente allargate con arrangiamenti di composizioni storiche (Beethoven, Piazzolla, Stravinsky, Ravel, ecc.) e con commissioni di opere nuove a compositori attratti da questa inconsueta formazione strumentale.


Luciano Tristaino allievo di Mario Ancillotti in Italia ed in Svizzera, e di Rien de Reede a Den Haag (Olanda). Vincitore di numerosi premi, ha collaborato con varie orchestre. Si è esibito, come solista e con gruppi da camera, in Italia, Svizzera, Germania, Romania, Ungheria, Australia, Stati Uniti. Intense le collaborazioni con i compositori, tra cui Berio, Sciarrino, Corghi, Lombardi, ecc. Ha registrato per Rai, ABC, Bayrischer Rundfunk, Koch-Schwan, Arspublica, Move e Arts. Dedicatario di molti brani nuovi, ha realizzato le prime esecuzioni assolute di numerosi brani contemporanei per il suo strumento (Visser, Stockmeier, Saunders, Casale, Reiner, Anichini, De Rossi Re, Kirsch, Nicoli, ecc.). Fa parte dell’Ensemble Nuovo Contrappunto; insegna all’Istituto Musicale “Franci” di Siena ed alla Scuola di Musica di Fiesole.

Marcello Bonacchelli ha studiato clarinetto con Michele Del Vicario al Conservatorio di Lucca e con Antony Pay all’Accademia Internazionale “L.Perosi” di Biella. Dal 1995 al 1999 ha vinto numerosi premi in concorsi nazionali ed internazionali in Italia e dal 1993 suona con molte orchestre italiane (Camerata Musicale di Prato, Orchestra del Festival Pucciniano di Torre del Lago, Orchestra Sinfonica di Udine, Maggio Musicale Fiorentino, ecc.). Dal 1995 è il clarinettista dell’Ensemble Nuovo Contrappunto di Firenze con il quale si è esibito in tutta Italia ed in vari paesi europei, oltre a registrare un Cd per la Nuova Era. Il suo particolare interesse per la musica contemporanea lo ha portato ad eseguire le prime esecuzioni assolute di compositori come Morricone, Vacchi, Piacentini, De Rossi Ré, Colombo-Taccani, Baratelli e molti altri.

Gisbert Watty ha studiato chitarra con Maritta Kersting al Conservatorio di Düseldorf e con Flavio Cucchi alla Scuola di Musica di Fiesole. Dopo il suo diploma ed alcuni corsi di perfezionamento con Eliot Fisk, Manuel Barrueco e Oscar Ghiglia ha iniziato un’attività concertistica in Italia, Germania, Francia, Norvegia, Spagna ed Australia dedicata prevalentemente alla musica da camera ed alla musica contemporanea. Registrazioni Cd con la “Guitar Symphonietta” (Giulia Records), i gruppi da camera dell’Orchestra Giovanile Italiana (Koch-Schwann/Aulos), il Tuchfühlungsensemble (Arspublica), il flautista Luciano Tristaino (Move und Uniò Musics), il trio altrove 1.3 (Move e Edizioni Rai Trade) e come solista (Arspublica). Registrazioni radiofoniche e televisive per WDR (Germania), ABC (Australia), Radio New Zealand, KTOO e RAI (Italia). Ha effettuato numerose prime esecuzioni assolute di compositori di tutto il mondo.

Tango: Video di "Deseo de Tango"







venerdì 10 aprile 2009

Tango: Tango. “Ansia fiera en la manera de querer”. * di Virginia Arancio



Gli inglesi usano un'espressione efficace riferendosi alle piccole dispute in cui la colpa è di entrambe le parti: It takes two to Tango. E davvero è così. Non solo il Tango si balla in due, ma "si fa" in due. E le due parti sono ugualmente responsabili - nella distinzione dei ruoli - della riuscita della magia. I due ballerini cercano costantemente quell'equilibrio che li fa convergere, lo correggono ad ogni passo, rispondono e reagiscono al compagno. Una donna che segua il proprio uomo come una foglia che si lascia scorrere su un torrente, non sta ballando davvero il Tango. L'equilibrio è più sottile. E’ un gioco di attrazione tra i due partner. L’uomo e la donna stretti in un abbraccio eseguono e improvvisano passi molto diversi, per dare vita ad un’unica danza. I ruoli sono distinti, ma i ballerini convergono nella stretta dell’abbraccio e in quell’equilibrio intrecciano i loro passi. Esercitano costantemente una forza sull’altro, sia per attrarlo a sé, per dare un impulso, per reagire, per abbellire, per guidare o per seguire.
L'attrazione e la repulsione regolano l'universo e anch'esse per esercitarsi hanno bisogno di due "parti" entro cui esprimersi, così il Tango per esistere ha bisogno di due elementi.

Così il Tango è il prodotto di una relazione, la colpa è di entrambi i ballerini. E una melodia può davvero tentare di sfuggire e slanciarsi nelle libertà più ardite o sussurrare desolata, se sotto ha un ritmo che continua inesorabile nella sua fierezza e affonda implacabile il colpo ad ogni accento.
Quasi due anni fa partecipai ad un progetto sul tango (intitolato appunto “It takes two to Tango”, nel quale erano coinvolti anche altri artisti, pittori, attori, scrittori) i cui fini erano l’esplorazione del Tango nella sua essenza e l’analisi di come questo suo essere “relazione” si esprimesse in ambiti artistici diversi. Il progetto, sin dai primi incontri, si caratterizzò per una componente fortemente fisica dell’esperienza di ricerca svolta insieme. Già al secondo incontro, ancora sconosciuti gli uni agli altri, guidati da una ballerina, sperimentammo in coppie e in gruppo diverse possibili forme di contatto, di interazione tra i nostri corpi. Uno di questi esercizi (apparentemente “innocuo” e poco spregiudicato nell’ interagire con un corpo estraneo) si è impresso più distintamente nella mia memoria. A coppie, seduti per terra, schiena contro schiena, la testa sulla spalla dell’altro, dovevamo parlare con il compagno: parlare di noi e conversare, di fatto quasi sussurrando all’orecchio dell’altro. Sperimentammo un momento di intimità con uno sconosciuto, l’essergli così vicino, sentire il suo profumo, appoggiarsi a lui. E questo è in parte ciò che accade ripetutamente in una milonga: spesso la magia del Tango si avvera tra due sconosciuti, che in quei tre minuti si abbracciano e si concedono all’altro nella danza.
Altri esercizi fatti nel corso dei mesi ebbero un coinvolgimento fisico maggiore (come sperimentare gli equilibri possibili tra due corpi, il giocare col peso dell’altro, sbilanciarsi verso di lui, sostenerlo, allontanarlo o attrarlo a sé, reagire alle sue richieste, decidere se seguirlo o resistergli), ma ricordo quei minuti, trascorsi sussurrando all’orecchio del compagno e ascoltando le sue parole, come una innocua ma profonda violazione del mio spazio. Forse più sensibile in questa sfera in quanto musicista abituata a suonare per anni con altri musicisti ai quali al massimo ha stretto la mano o sfiorato la guancia per saluto o scambiato rari abbracci di stima.

Ma di fatto suonare il Tango è fatto anche di questo contatto, o meglio dell’esperienza di questo contatto. In alcune figure ritmiche sembrano disegnati i passi di danza e nel modo di suonare alcuni Tango, per esempio nei – rari - momenti in cui la melodia decide di seguire il ritmo o diventa ritmo, ho ritrovato quella fisicità. A volte quasi violenta: anche parlando di amore fedele, difficilmente il Tango lo descrive a tinte tenui: “Estas clavada en mì/ como una daga en la carne” (sei inchiodata a me come n pugnale nella carne).
Il giovane musicista che si avvicina al Tango, che vuole suonarlo, avvia una ricerca che lo deve portare a conoscere e capire (per quanto possibile nei nostri agi) le ragioni profonde che motivano il suo fraseggio, il suo carattere fiero o desolatamente depresso.
Impara anche cosa siano gli accenti del Tango: che scavano, che ad ogni colpo affondano. Alcuni brani richiedono al quintetto di rinnovare ad ogni accento la stessa intenzione ed il pezzo funziona solo se ogni membro è animato dallo stesso slancio. In fondo su quel ritmo che avanza ostinato hanno ballato migliaia e migliaia di argentini e in esso hanno riconosciuto una parte del loro sentire comune: migliaia di emigranti hanno portato dentro di sé in Argentina gli ingredienti della formula del Tango, per poi trovare in quella musica, in quella cultura una realtà in cui riconoscersi.
Il Tango contiene la storia di emigrati che hanno deciso di tagliare col loro passato europeo, spesso di non raccontarlo ai propri figli. La storia di migliaia di persone (gli emigrati e poi i loro figli) è segnata da questa lacerazione, da legami familiari tranciati, salvo poi essere riscoperti – nei momenti più incerti delle vicissitudini argentine - dai discendenti alla ricerca di una cittadinanza dimenticata. Così la nostalgia di cui tanto Tango è impregnato - letteralmente il “dolore del ritorno”, che aveva legato così saldamente Ulisse al desiderio di rivedere Itaca - per gli europei emigrati in Argentina ha spesso significato il dolore di un ritorno che mai si sarebbe realizzato. Uomini completamente dedicati alla costruzione del futuro loro e dei loro figli, in un Paese – così ricco di risorse - in cui a volte si sono sentiti più ospiti che padroni di casa.

Ed ogni accento affonda.
Virginia Arancio

Berna, Febbraio 2009

* ” Ansia feroce nel modo in cui si desidera”
dal testo de “El Choclo” (Musica di Ángel Villoldo. Tasto di Enrique Santos Discepolo).
E' possibile ascoltare un'intervsita Virginia Arancio sul podcast di Radio RSI:

giovedì 9 aprile 2009

Tango: Suonare Piazzolla, insegnare Piazzolla, un’esperienza. di Elena Càsoli parte seconda




E, last but not least, con un autore contemporaneo, egli stesso primo interprete della sua musica, protagonista di innumerevoli incisioni audio e video, che ci ha lasciato testimonianze autobiografiche e numerose interviste, possiamo iniziare la nostra ricerca proprio dall’ascolto del suo bandoneon e dei suoi ensembles. Esigente nella scelta dei musicisti con i quali lavorare, Piazzolla ha realizzato nel corso della sua vita numerose registrazioni, alcune delle quali -cito una per tutte The Vienna Concert, registrato nell’ottobre del 1983 alla Konzerthaus, per diverse ragioni uno dei suoi dischi a me più cari- ci possono guidare attraverso la sua musica, così come Virgilio guidò Dante dall’Inferno al Paradiso. L’ascolto deve essere da musicista, attento, dettagliato, sensibile ad ogni particolare.
Prendete ad esempio la seconda traccia,Verano Porteño. Insieme a Piazzolla suonano Pablo Ziegler, piano, Oscar Lopez Ruiz, chitarra, Hector Console contrabbasso e Fernando Suarez Paz, violino. All’inzio soprattutto ritmo, pesantezza, un senso inesorabile dell’accento, e continui cambi d’umore, il violino intensamente lirico, lo staccato del bandoneon. Poi un allargando in diminuendo dove tutto sembra in breve avvolto nella nebbia, melodia del bandoneon solitaria, abbellimenti sempre imprevedibili. Poi dialogo teso con il violino, e di nuovo uno slancio lirico nelle zone più estreme del registro acuto. Non si sofferma mai troppo, riprende quasi di fretta, ma con pesantezza, un suono duro, griglia ritmica inesorabile attraverso la quale spunti melodici si dibattono sino a stridere nell’impossibilità di cantare liberamente e subito tutto rapido si chiude. Sono 6’32” dai quali possiamo trarre innumerevoli spunti su cosa significa suonare il suo Tango Nuevo.
“(…) Mientres los mùsicos de las orquestas de “tango tradicionales” se abùrrian tocando durante años los mismos temas y arreglos, yo me divertìa haciendo nueva mùsica. Los “criticos” y “mùsicos” trataron de destruir el “Nuevo Tango”, pero no pudieron. Algunos mùsicos ambiciosos trataron de seguir esta lìnea pero les faltaba lo màs importante, estudio y talento. Los que exigìan el cambio en Argentina eran los jòvenes. Nosotros los logramos, primero con el “Octeto Buenos Aires” en 1955 y segundo con el “Quinteto Nuevo Tango” en 1960, hasta hoy. Estas lìneas que escribo hoy en Viena son para agradecer a todos aquellos que creyeron en mi mùsica (…)” Queste parole che Astor Piazzolla ci ha lasciato sul libretto del disco aprono anch’esse un mondo da esplorare, per chi non conosca la storia del tango, come e da dove è arrivato lui a scrivere questo tipo di tango e in cosa si differenzia da ciò che era stato composto negli anni precedenti.
E a questo punto, come sempre quando ci si addentra in una ricerca da esploratori coraggiosi, si è presi da un senso di fascino unito alla vertigine dell’ignoranza che sentiamo in noi di fronte a questo nuovo mondo. Smarrirsi e rinunciare?
Con i sei giovani musicisti di cui si diceva all’inizio abbiamo messo in moto le risorse artistiche e cognitive del gruppo - curiosità di scoprire, capacità di imparare ciò che non si conosce, sensibilità di accostarsi e assimilare attraverso materiali diversi un autore e un genere- proprio un genere che a questo punto i miei allievi scoprono essere tanto famoso quanto, in realtà, per loro ancora sconosciuto.
Abbiamo cominciato ascoltando Che Tango Che! in più versioni, poi altro Piazzolla, e altre voci, Libertad Lamarque ad esempio e naturalmente Carlos Gardel. Di Gardel abbiamo anche rivisto un filmato del suo funerale, una folla immensa intorno al carro funebre, tutta Buenos Aires e la passione del tango erano lì, ad accompagnarlo, lo spirito di un popolo.
E poi appunto Borges di Alguien le dice al tango, o di Buenos Aires da Elogio dell’ombra. Ma si potrebbe partire da altro, altri autori come Horacio Ferrer o Homero Expòsito.
E così, sera dopo sera, prova dopo prova, ci si è avvicinati sempre più a questo mondo, un viaggio attraverso l’oceano, per i nostri sei appena iniziato.
Più volte ho pensato di organizzare un viaggio a Buenos Aires con questi allievi, affinchè vivano di persona quanto è diversa l’Argentina dal loro mondo, e magari prima o poi si farà.
Ma non è assolutamente necessario, visto che con la Musica, io credo, si vive realizzando illusioni sonore, ci si trova ad immaginare, nell’invenzione dei compositori, tempi, luoghi, architetture, emozioni astratte o, per meglio dire, fantastiche, surreali tanto vere quanto ineffabili. Quindi la nostra può restare una conoscenza tanto profonda quanto “a distanza”, visto che nell’arte la profondità non nasce dall’informazione, ma dalla capacità di metabolizzarla.
Certo non è sufficiente un semestre, e nemmeno due, anche se l’esito in pubblico sarà stato apprezzato e applaudito. Sono, siamo solo all’inizio. Un altro semestre ci attende, e pian piano ci avvicineremo alle coste del Sud America e forse, lo speriamo, al senso di questa musica. Importante credo sia sapere che esiste un viaggio da compiere. E che come spesso accade nei viaggi, molto si può imparare e scoprire, e che al termine del viaggio ci si ritrova diversi rispetto a quando si è partiti.
Elena Càsoli

mercoledì 8 aprile 2009

XI. MEDNARODNI FESTIVAL KITARE KRAS / 11th GUITAR FESTIVAL KRAS


XI. MEDNARODNI FESTIVAL KITARE KRAS / 11th GUITAR FESTIVAL KRAS "concerts / masterclass / workshop"

Škocjan - Sežana (Slovenija)

da lunedì 15 giugno alle ore 9.00 a sabato 20 giugno alle ore 0.00


monday, 15/6/09
ZORAN ANIĆ (SRB)

tuesday, 16/6/09
360° GUITAR DUO Laurent-Palamidessi (FRA-ITA)

wednesday, 17/6/09
MITCH WEVERKA (USA)ŽARKO IGNJATOVIĆ gtr-NEBOJŠA BUGARSKI cello (SLO-SRB)
thursday, 18/6/09
MAK GRGIĆ (SLO)JIM PIORKOWSKI gtr-SUSAN ROYAL fl (USA)

friday, 19/6/09
Concert of the participants (6th masterclass)

saturday, 20/6/09
ROCK CONCERT

6th masterclass with ANIĆ, LAURENT, PALAMIDESSI, WEVERKA, PIORKOWSKI, FERI

2nd Guitar Workshop for Beginners "EASY GUITAR"

details to be anounced soon on www.guitarfestivalslo.net