lunedì 15 dicembre 2008

Concerto balocco. Strani passatempi del Novecento di Girolamo De Simone parte prima

Con molto piacere ringraziamo, per aver concesso al nostro blog la pubblicazione di questo articolo, Girolamo De Simone, musicista e musicologo, considerato tra i principali esponenti delle avanguardie italiane legate alla musica di frontiera.

Invitiamo senz'altro chi volesse approfondire la conoscenza della sua poliedrica figura di compositore, pianista e 'agitatore culturale, come anche ama definirsi, a visitare il suo sito:

http://www.girolamodesimone.com/



Concerto balocco. Strani passatempi del Novecento


Quanta musica è stata concepita quasi per gioco? Quali brani mantengono la promessa didascalica di ‘scherzo’ o ‘divertimento’? Il catalogo è ricco, non resta che tuffarci nella produzione del Novecento, un ludus epidermico, talvolta razionalistico, un tracciato che parte dal 1901 e arriva fino al 2002.

Giochi in società


Erik Satie, nella raccolta dedicata agli Sport e divertimenti, pubblicata nel 1919 ma composta ben cinque anni prima, raccoglie passatempi e giochi di società, avvalendosi delle illustrazioni di Charles Martin (ora reperibili in un volume pubblicato dalla Dover, New York, 1992): Le Feu d’artifice (Il gioco... pirotecnico); La Balancoire (l’altalena); Les Quatre-coins (i quattro cantoni); Colin-Maillard (moscacieca); Le traineau (lo slittino) e numerosi giochi sportivi, tra cui golf, yachting, tennis... Si tratta di piccoli brani della durata di una sola pagina, con incisi abbastanza ripetitivi nell’inconfondibile stile ironico dell’ispiratore del Gruppo dei Sei. I disegni di Martin, godibilissimi, richiamano nello stile grafico le... avventure del Signor Bonaventura! I testi aggiunti da Satie tra i righi musicali mostrano la passione dei circoli culturali dell’epoca per le poesie Haiku. Ecco quello di “Moscacieca”: «Cerchi bene, signorina / Colui che l’ama non è lontano / Com’è pallido: le labbra gli tremano / Le viene da ridere? / Lui si tiene il cuore con tutte e due le mani / Ma lei passa oltre senza accorgersene». Ed i “I quattro cantoni”: «I quattro topi / Il gatto / I topi stuzzicano il gatto / Il gatto si stira / Si allunga / Il gatto è in posizione». Ognuno di questi testi, qui proposti nella versione di Ornella Volta, viene sottolineato dalla musica, e spesso gli interpreti ne danno lettura nonostante una ironica proibizione dell’autore.

Giochi di natura



Il medesimo alone sprigionato dal nonsense, un clima etnico, lo si ritrova nei numerosi strumenti a vento usati per evocare spiriti buoni o divulgare ovunque, grazie agli elementi sottili, i propri desideri e le proprie preghiere, come nel caso dei mille stendardi del Tibet. Carillon a vento, dall’emissione di suoni casuali ma armonici, sono tipici dell’oriente; arpe eolie erano già diffuse dal Diciottesimo secolo, corde e casse armoniche dal suono variabile a seconda dell’intensità del soffio; carillon ad acqua con campane di porcellana potevano funzionare nei parchi e nei giardini, mescolandosi al gioco dell’acqua. L’acqua, scodelle rovesciate con lentezza studiata, ha un ruolo primario anche nella musica sufi: Oruc Guvens ha un suo “suonatore d’acqua” che costella di ancestrali risciacqui gli ipnotici Maqam tradizionali (Red Edizioni).
Antesignani del gioco tintinnante dei carillon furono nel Settecento Matthias Van den Gheyen e Pothoff, mentre nel con il jeu de timbres, vale a dire con le campane del glockenspiel, si cimentarono insigni compositori, da Haendel (Saul) a Mozart (Flauto magico), da Meyerbeer (Africaine) a Mahler (Settima sinfonia). Ad Haendel si deve anche l’utilizzo di veri fuochi d’artificio in Fireworks Music, ed al padre di Mozart, Leopold, la celebre Sinfonia dei giocattoli.
Non deve essere stato difficile, giunti ai primi del Novecento, recepire l’influenza dell’Oriente, almeno quanto oggi gli occidentali ne prendono le distanze: Debussy, Satie, Fauré soggiacciono alle effusività e coloriture etniche. Maurice Ravel scrive uno splendido brano, Jeux d’eau (1901) che suggerisce il movimento cristallino dell’acqua, disegnando con la mano destra, sugli acuti pianoforte, un elaborato ricamo di suoni cesellati come gocce. Jeux d’eau anticipa Debussy, ed è molto più evocativo di tanta musica a programma; il testo riporta una citazione tratta da Henry de Régnier: Dieu fluvial riant de l’eau qui le chatouille...

Giochi di fuochi e carte


Igor Stravinskij è uno dei musicisti del Novecento che, anche attraverso l’uso della citazione stilistica, rende centrale la tematica del gioco. Feu d’artifice (fuochi d’artificio, 1908) scritto nell’ultimo periodo di tirocinio con Rimskij-Korsakov è un gioco pirotecnico che, combinato in un concerto con lo Scherzo fantastico, fu capace di conquistare al russo l’attenzione di Sergej Diaghilev, e di lanciarlo verso la celebrità dei Balletti russi a Parigi.
Importante è poi Jeu de cartes (New York 1937), nel quale l’arte della citazione ironica raggiunge risultati sorprendenti e parossistici, attraverso riferimenti a Mozart, Rossini, Ciaikovski.
Un gioco più concettuale, ma non meno importante ai fini della scommessa teorica che poneva, ed in parte risolveva, fu quello di Paul Hindemith, che nell’epico Ludus Tonalis realizza un percorso alternativo a quello di Schoenberg, erigendo una sorta di ‘eterna ghirlanda’ concettuale a mo’ di sbarramento della dilagante moda dodecafonica, con Ernest Ansermet, Dmitri Schostakovic ed Igor Stravinskij.

continua domani...

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