mercoledì 27 febbraio 2008

L’ultimo canto di Mago Virginio: leggenda e dintorni di Esposito Titti



“…Per mare non andare… a casa devi stare..
… per mare non uscire… attento puoi morire…”

Tale è all’incirca la traduzione della mia ultima profezia per Mago Virginio, una delle tante premonizioni che per lungo tempo mi hanno legata a lui e permesso di levarlo d’impiccio in più di una occasione.
Ma si sa l’amore è cieco, o forse è meglio dire in questo caso sordo…
A questo punto vi starete certamente chiedendo chi sia io: è prevedibile e certamente lecito.
Io sono “’a Capa ‘e morte” (testa di un morto), fedele amica e consigliera del sommo Virgilio che durante il suo soggiorno nella dolce Partenope ebbe, per mia gioia e suo piacere, la compiacenza di accogliermi e custodirmi nella sua altra dimora nei pressi della montagna di MonteVergine.
Stiamo parlando dunque di quel Virgilio?
Si, proprio di lui: Publio Virgilio Marone, autore dell’Eneide, cantore della dolce poesia bucolica latina, eccelso poeta che attraverso la sua elegia ha manifestato alte doti d’ingegno e liricità, ma soprattutto di quel Virgilio o Virginio, qual si voglia, supremo mago, adepto del neopitagorismo che, per gli innumerevoli prodigi compiuti a beneficio della città e del suo popolo e per la capacità di utilizzare talismani e forze sovrannaturali per favorire e sanare, ha rappresentato per le genti partenopee quasi un nume tutelare.
Fu Lui, infatti, ad avvolgere Partenope di un’aurea magica nascondendo sottoterra una specia di palladio che protesse la città dalle sciagure finché non fu trovato e distrutto da Corrado di Querfurt. Lui a porre due teste, una sorridente e l’altra mesta, in cima alle porte della città in modo da far trarre buon o cattivo auspicio a colui che, inconsapevolmente, le varcava. Ancora Lui a “sanare” da epidemie gli animali e a “liberare” da invasioni di insetti e sempre Lui a preoccuparsi della salute della plebe piantando un orto di erbe medicinali e magiche, protetto da mura invisibili, su a Montevergine (il nome originario della montagna, per essere proprio precisi, era a quel tempo Monte Virgilio, poi con l’avvento del cristianesimo fu tramutato in MonteVergine, ufficialmente in onore della Vergine Maria ma in realtà per occultare il suo mito, un mito pagano… )
A Lui sono ancora attribuite costruzioni di strade, di bagni termali, di reti fognarie e la prodigiosa perforazione della ''Crypta Neapolitana'', compiuta con l’aiuto di circa duemila demoni, per facilitare il viaggio da Napoli a Pozzuoli .
A testimonianza di quanto narrato, provate a consultare un po’ 'Cronaca di Partenope - o meglio Croniche de la inclita Cità de Napole ', un testo della metà del XIV secolo, attribuito da qualcuno a Bartolomeo Caracciolo (ma su questo ho qualche perplessità) e che, per ammissione dello stesso autore – narrando episodi fino al 1382, riporta cronache anche molto lontane nel tempo.
Un’altra occhiata la darei poi anche agli “Otia imperialia” di Tilbury (1211), alla “Storia Naturale” del Neckam, al “Trattato de regimine rectoris” di Fra' Paolino Minorita (1345/1367) e, per citare qualche fonte più vicina a voi, proporrei anche “Il segno di Virgilio” di De Simone (1982)
Come non venerare dunque un uomo di così alta progenie: mago, taumaturgo, vate…
I suoi libri divennero presto fonti divinatorie, le cosiddette sortes virgilianae, e successivamente, nel periodo medioevale, furono interpretati anche cristianamente. In essi fu così individuato un Virgilio profeta, in particolar modo nella IV egloga delle Bucoliche in cui egli accenna alla nascita di un “divin puer” che fu identificato con Gesù Cristo.
Credo, però, di aver divagato ora un po’ troppo. Chiedo scusa ma non mi capita più tanto speso di poter parlare di Lui.
In verità non mi capita più tanto spesso proprio di poter parlare…
Ma torniamo ai fatti…
E’ cosa nota come Virgilio sia stato spesso autore di bellissimi canti popolari: io ne ero l’ispiratrice e Lui, grazie alla sua arte, l’abile creatore, capace di lasciar trapelare dai versi sentimenti così profondi e veri da rendere ogni canto un sogno suggestivo in cui perdersi.
Il mio mago era solito poi appuntare questi canti in un libro che custodiva gelosamente e portava sempre con lui in ogni suo viaggio.
Al tempo del mio racconto, comunque, Virgilio si era invaghito di una bellissima fanciulla siciliana: lunga chioma nera, occhi scuri e profondi, voce soave… una vera e propria sirena, insomma, e come tale capace di rapire e dominare il cuore di un uomo, ma distante, molto distante da Napoli.
Ora se pur l’alto ingegno del mio caro amico lo aveva fatto elevare a mente eccelsa, capace di tutto comprendere e dominare, la potenza di questa nuova passione ne aveva al momento offuscato completamente i lumi e per la prima volta mago Virginio non ascolta il mio consiglio e decide di imbarcarsi. Tra il mio stupore, o forse sarebbe più giusto dire sgomento, racimola le sue cose, prende il suo libro delle canzoni e parte.
E sulla barca comincia a comporre altri versi.

Vurria addeventare pesce d'oro ( Vorrei diventare un pesce d’oro)
Dint''a lu mare me jesse a menàre nel mare andrei a gettarmi)
Venesse 'o piscatore e me pescasse Verrebbe un pescatore per pescarmi…)


E via… altre rime in cui immagina che il suo dolce amore lo scelga tra i tanti pesci per poi costruire una casetta in mezzo al mare con penne di pavone, in quel mare che in se’ racchiude un mondo incantato e di incontaminata bellezza.
Ma il mare, si sa, se vuole, sa essere anche gran traditore … e la mia profezia si avvera.
Con lui in fondo al mare finisce anche il suo libro dei canti che sarebbero andati completamente persi se alcuni pescatori non li avessero poi imparati ascoltandoli da una conchiglia.
E così l’ultimo canto del grande Virgilio nasce nel mare, in esso scompare e da esso rinasce per opera di quella stessa magia che nel corso dei secoli ha reso il suo mito immortale. Il mio fantasioso racconto, invece, potrebbe bonariamente spiegare l’assenza di fonti scritte per alcune delle più belle canzoni popolari che ancora oggi, insieme alla leggenda di Mago Virginio, vengono tramandate di padre in figlio superando i confini del tempo.


Esposito Titti

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