mercoledì 30 gennaio 2008

Fauvel presenta ‘Lo specchio degli specchi’ di Sergio Pes

Molto spesso si è scritto (e si scrive) dei poeti e più in generale degli scrittori del XX secolo quel che Sergej Averincev scriveva di Mandel'stam: ciò che colpisce in questo poeta 'è l'acuta tensione tra il principio del senso e l'oscurità.. Una contraddizione che rimane sempre quale è, profonda.. Sia l'istanza 'significazionista', sia la vita della 'beata parola sensa senso', restano là, contestandosi l'un l'altra, mutando inaspettatamente di collocazione..'. Ho citato questa frase del tutto e volutamente a caso: è la prima che ho incontrato, casualmente, appunto, fra le tante che avevo trascritto su un quadernetto in cui parlavo di queste cose.. Infatti non si può certo dire che questa caratteristica contraddistingua il solo Mandel'stam nel panorama della poesia del '900!

Il difficile rapporto fra 'senso' e 'oscurità', o, come dicevano i surrealisti, fra 'buon senso' e immaginazione', ha impegnato 'nelle viscere e nel sangue' tutti i poeti contemporanei, dai simbolisti in avanti, praticamente senza eccezione, tranne certi recuperi 'ottocenteschi' nell'alveo del 'realismo', socialista e non. E non credo possa trattarsi di 'una simbiosi a-problematica, in cui gli estremi di razionalità coesistono pacificamente con gli estremi dell'anti-intellettualismo'.

Mi pare che questa 'coesistenza pacifica' sia negata dalla natura stessa delle cose: ogni immagine poetica, ma direi più genericamente ogni segno che devia dalla 'strada maestra' del senso, o buon senso, ad esso oppone brutalmente la propria 'oscurità' e in questa opposizione risiede la sua identità, il suo certificato di nascita. Riemerge il tema del disagio, della 'paura' che non può non suscitare ciò che è oscuro, di fronte al bisogno, direi naturale nell'uomo, di capire. Capire: pensiamo un attimo all'etimo di questo verbo, lo stesso da cui deriva capienza.. Si tratta, cioè, del bisogno di contenere, di spostare i confini della conoscenza fino all'inglobamento di tutti i segni, di tutti i dati che la realtà ci sottopone, in un sistema, in un contesto in cui essi siano situabili e quindi riconoscibili. Il difficile sta nel fatto che questo 'contenitore' non è un oggetto, uno spazio fisico delimitato, esso stesso riconoscibile in termini privi di ambiguità, di contraddittorietà.

Con esso si stabilisce l'esistenza di una linea di confine, sì, ma instabile, incerta, sottoposta a continui mutamenti. Prima di tutto di carattere soggettivo: la parola senso ha la stessa matrice di sensibilità.. Insomma, perché a certi segni venga riconosciuto un senso, bisogna che ci sia una capacità individuale (sensibilità) che permetta di coglierlo. Quindi una capacità legata ad una serie di determinazioni contingenti, per es. di carattere sociale, storico, antropologico e via dicendo. Tutto questo per concludere brevemente, altrimenti il discorso si avvia su troppo irti sentieri, che non sempre bisogna spaventarsi per ciò che appare a prima vista 'deprivato di senso', anche se è altresì sbagliato pensare.. che sia giusto non spaventarsi affatto, perché comunque il conflitto senso-nonsenso avverrebbe, paradossalmente, all'insegna della 'coesistenza pacifica'... Tanto per fare un esempio, i musicisti hanno dibattutto per secoli intorno alla natura dell'intervallo di terza maggiore: consonante? dissonante? Secoli, ripeto, perché l'orecchio si abituasse a percepire in un certo modo una semplice sovrapposizione di suoni! L'orecchio, s'intende, della maggior parte, anzi alla fin fine di tutti gli uomini, per lo meno di quelli che appartengono ad una comune tradizione culturale.. E' che la 'natura' non offre sempre su un piatto d'argento la soluzione dei problemi. Qualche volta bisogna conquistarsela..


Fauvel




LO SPECCHIO DEGLI SPECCHI


Poiché s'annoia, l'involuto scrittore mai nato, sogna sogni fetali incongrui come coriandoli immerso nel suo liquido soporifero. Sogna di essere nato? Sogna sé bimbo? Allora si sogna in tutte le fogge e in tutte le fasi della vita, lui che non è nato è tutto e nulla insieme, neonato rachitico maturo manager, inaffidabile puttana, nonnina solerte con la sporta colma di dolcezze per i suoi nipotini. E il feto può essere i nipotini, dare e ricevere le carezze della nonna. Sconfitto e vincitore all'unisono, corda tesa al diapason e insieme tragicamente calante.
E allora come bimbo invecchiato, quasi un adulto che si esprime in geroglifici, esce e s'avvia verso il medioriente dove lo assorbe un suk. Melliflui suoni, colori densi di spezie nauseanti, è a casa sua come nel reale fetore della sua ampolla dove un po' si conserva e un po' si sfa nel tedio della penombra ( si deposita nel fondo una minuta polverina che sa di morte scorata, e un po' sta sospesa, microfrequenze compiono questo miracolo, di far ondeggiare spirali di disfacimento come serpenti di fumo tra le escrescenze immonde e un po' teratologiche del feto natomorto).
Il suk lo avvolge e dona alle sue rachitiche gambe una collocazione antropologica definita: si accoda alla serie di mendicanti sciancati, riflette il suo testone sbilanciato in cristalli a goccia che fremono da candelabri anneriti, sfiocca come un presentimento dietro il velluto su cui vegliano assopite perle nere, s'impone ancora retoricamente per la terza volta in una metafora del rifrangersi mostruoso del mostro. Ma qui s'impenna e inastato come bandiera sventola nei vicoli più ciechi, coevi agli anni che dichiara, impastati di ammoniaca ( piscio di donna gravida ) e pende giù per una scala opaca. Qui piomba come una putrida matassa sul fondo di una bottega. Si specchia e non si riconosce. L'artigiano è un vecchio specchiaio. Non è stupito, dice di pazientare. Spiega la natura dello specchio al feto che non ascolta. Dice che lo specchio contiene in potenza le infinite immagini che in atto fioriranno ( rovi o rose profumate ) sopra il suo dorso di animale docile, domestico. Gli luccica un occhio glauco, e l'altro è nera pietra prosciugato. Assicura ( ma chi può dirlo, mente o si regala una gloria che non gli spetta, millanta teorie di avi principi, discendenze profetiche, anni mai compiuti in carcere a Bagdad, dove rubò l'arte sfuggendo come l'aria tra le fessure per la purezza dell'anima e del suo corpo vergine ) assicura finezze da esteta, scaltrezza da artigiano anonimo sotto il circolo dei tropici. Veloce percuote lo specchio con un sottile ago e traccia le immagini possibili che vi si specchieranno. Un lungo apprendistato in regge favolose lo sorregge, una febbrile operosità. E' quasi cieco, e l'antro è cupo, di tanto in tanto si assopisce sull'occhio spento di nera pietra, mentre l'altro lacrimoso dardeggia inutilmente nell'ombra. Un'impresa che non potrà finire, né lo specchio mai nascere, sentenzia il feto natomorto, con lente piroette sul testone enfiato. Entra una mosca e ronza, ignara messaggera di Dio, si poggia su uno sputo, stropiccia le piccole zampette.

Sergio Pes

martedì 29 gennaio 2008

TAMMURRIATE III parte di Esposito Titti


Dopo aver posto la nostra attenzione alla matrice pagana della tammurriata e ad alcuni suoi rituali legati al calendario liturgico, appare opportuno evidenziare anche altri aspetti che siffatta forma musicale ha nel corso dei secoli esternato.
Nata come canto di lavoro, ma utilizzata anche nei momenti di svago per alleviare la fatica quotidiana, la tammurriata diviene da subito espressione e strumento per diffondere e consolidare i valori intrinseci l’humus rurale e le modalità di adattamento dell’uomo ai naturali cicli del creato. Difatti, da ottobre a gennaio, quando la natura dorme e si prepara per fiorire nei mesi successivi, anche l’attività dei cultori di tale linguaggio è legata esclusivamente alla preparazione degli strumenti (si ricercano i legni più adatti, si conciano le pelli, si costruiscono o riparano gli strumenti); le prime “suonate” solo a Sant’Antonio (17 gennaio) e a Carnevale e poi, con il risveglio della primavera, l’arrivo dell’estate e il lavoro nei campi… le grandi feste… le lunghe veglie dei pellegrinaggi.
I contenuti sono da ricollegarsi dunque anche alla natura e ai suoi ritmi, ai sentimenti umani più immediati e passionali e quindi al concreto evolversi della vita dell’individuo in una data comunità e in un determinato contesto geografico e storico con precise forme di organizzazione sociale.
Il canto di conseguenza, ricco di metafore, doppi sensi, similitudini ed eufemismi maliziosi, appare poesia “collettiva” e “manifesto” della collettività mentre la musica svolge una vera e propria funzione sociale.

I testi utilizzati non hanno mai un’articolazione fissa; i cantori attingono di volta in volta da un vasto repertorio di distici memorizzati che la trasmissione orale ne ha fatto patrimonio comune per cui ogni esecuzione risulta una “composizione” unica e originale.
A questo punto è facile comprendere le piccole varianti che è possibile riscontrare nelle tammurriate delle diverse zone campane anche se, chiaramente, l’elemento portante con il suo ritmo è per tutti la tammorra. Accanto ad essa, però, fanno bella mostra di sé le castagnette, intagliate nel legno di ulivo, limone o arancio e suonate a coppia: quelle “maschio” impugnate con la destra e differenti lievemente di tono dalle “femmine”, impugnate con la sinistra. Ciò rievoca un’antica simbologia secondo la quale nell’uomo è possibile individuare elementi maschili ed elementi femminili, simbologia riscontrabile anche in alcune rappresentazioni iconografiche di Madonne del Meridione che hanno sulla destra il Sole e sulla sinistra la Luna: ovvero il “maschile” ed il “femminile”.


Certo l’opera di ricerca condotta dagli etnomusicologi negli ultimi decenni in questo campo non è stata sempre facile, assenza di fonti scritte e quindi di una documentazione consultabile attendibile ha costretto gli studiosi ad una faticosa ricerca “in campo” e quindi ad un contatto diretto con alcuni detentori del linguaggio della tammorra. Ciò ha permesso però anche il cogliere una serie di valori pratici, etici ed estetici che hanno favorito una migliore comprensione dei componenti magico-rituali e culturali della tammurriata.


Dalle ricostruzioni fatte è emerso comunque che pur essendo legata al mondo contadino talvolta la tammurriata è riuscita a varcare i confini delle realtà rurali. Tra il cinquecento e il seicento a Napoli era possibile ascoltare delle forme musicali affini ad essa che le cronache del tempo chiamavano “canzoni” senza tralasciare, poi, che, presumibilmente, anche la canzone partenopea di alto lignaggio ha talvolta attinto dal suo patrimonio : un esempio può essere dato dalla struggente e bellissima canzone “Fenesta ca lucivi”(il testo narra di un innamorato che non vedendo più la luce accesa alla finestra della sua amata, comprende che è motta e se ne strugge) che giunta a Napoli come “canto di disperazione” viene modificata nel ritmo e nella musica per divenire il classico che noi conosciamo.


Quello che comunque oggi è giunto a noi è certamente solo una piccolissima parte di ciò che è stata la “tammurriata” nei secoli passati. Consapevoli che il trascorrere del tempo, amico fedele dell’oblio, la modalità di trasmissione, la contaminazione del progresso, l’industrializzazione e la migrazione verso i centri urbani hanno in gran parte minato quella attività spirituale della collettività capace di creare, tramandare e rinnovare un certo tipo di cultura in cui ogni particolare ha una propria simbologia, non ci resta che cogliere sorridendo la ricchezza poetica che l’espressività della tradizione orale campana ci offre.





Esposito Titti

domenica 27 gennaio 2008

Camillo Perrella vince il Primo Premio al I Concorso nazionale di Liuteria di Arturo Tallini


Il II Festival internazionale di chitarra Citta' di Monterotondo, (svoltosi dal 10 Novembre al 22 Dicembre) e' stato caratterizzato da 2 importanti novita':
La masterclass di Alberto Ponce e il I Concorso nazionale di Liuteria Palazzo Orsini.
Vorrei raccontare qualcosa di questo concorso, che mira a diventare un riferimento per i liutai italiani e stranieri.
Nelle mie aspettative, o meglio, timori, questa edizione, essendo la prima, non avrebbe raccolto grandi successi: si sa che le prime edizioni di un concorso sono sempre a 'rischio diserzione'; invece ben 17 liutai da tutta italia si sono iscritti alla competizione dando a noi del Cantiere della Musica l'impressione che ci fosse davvero bisogno di un'iniziativa simile.

La giuria era formata da:
· Claudio Amighetti, docente alla scuola internazionale di liuteria Stradivari di Cremona
· Eugenio Becherucci, concertista, docente del conservatorio di Frosinone;
· Gioacchino Giussani, liutaio
· Claudio Marcotulli, concertista, docente del Conservatorio di Fermo
· Antonino Scandurra, liutaio
· Marco Martelli, concertista, che ha provato le chitarre in concorso esprimendo un voto sulla suonabilita' degli strumenti

La giuria ha valutato vari aspetti, dalla perizia costruttiva, all'uso dei legni, all'originalita' della ricerca, alla qualita' , proiezione e volume del suono.
Al termine e' risultata vincitrice la chitarra di Camillo Perrella: il premio, di 3000 €, e' stato consegnato la sera stessa al liutaio dall'assessore alla cultura di Monterotondo, Antonello Tabanella; l'altra parte del premio consiste nella preparazione di una brochure informativa sul vincitore, che verra' spedita nelle classi di chitarra di tutti i conservatori italiani.

Giustamente soddisfatto Perrella e anche il Cantiere della Musica che ha gia' iniziato a lavorare alla prossima edizione puntando a un significativo salto di qualita'. Appuntamento alla II edizione del concorso!

Arturo Tallini

venerdì 25 gennaio 2008

Su Giullaresque ed altro: musica modale (e neo-modale) di Fausto Bottai - parte quinta

Ora, escludendo, oltre ai sette modi antichi, la scala per toni interi abbiamo di fronte la metà esatta delle 16 combinazioni sopra elencate: analizzandole con attenzione scopriamo che ci sono cinque scale su cui è possibile costruire un'identica sequenza accordale (e che quindi sono caratterizzate da rapporti modali reciproci paragonabili a quelli che intercorrono fra i modi antichi). Le trascrivo di seguito partendo dal modo che ha per 'tonica' Do IV-II Do-Re-Mi-Fa#-Sol-La-Sib I-III Re-Mi-Fa#-Sol-La-Sib-Do II-IV Mi-Fa#-Sol-La-Sib-Do-Re (*) Fa#-Sol-La-Sib-Do-Re-Mi II-I Sol-La-Sib-Do-Re-Mi-Fa# III-II La-Sib-Do-Re-Mi-Fa#-Sol (*) Sib-Do-Re-Mi-Fa#-Sol-La Qui ho riportato le scale a partire dal Fa# e dal Sib, che non fanno parte delle sedici combinazioni diatoniche prese in esame, e la ragione è facilmente verificabile: basti pensare che in entrambi i casi abbiamo di fronte (fra I e IV grado in un caso, fra V e VIII nell'altro) una sequenza di quattro note ad un intervallo complessivo non compreso fra quelli caratteristici dei nostri tetracordi (quarta giusta o aumentata). Fra Fa# e Sib c'è infatti un intervallo di quarta diminuita, enarmonicamente una terza maggiore, ragion per cui le due scale in questione non sono propriamente eptatonali, ma esatonali con la facoltà di una variazione cromatica su un grado... In altre parole, questa scala anomala di DO è trasponibile modalmente cinque volte (al contrario della scala di DO maggiore che può essere trasposta sette volte, una per ogni grado della scala stessa). E questa è la sequenza di triadi accordali sui vari gradi della scala: due maggiori, due con quinta diminuita, due minori, uno con quinta aumentata.


A questo punto, delle sedici combinazioni possibili ne abbiamo considerate tredici. Restano tre scale (I-IV, III-I, II-IV) che presentano scarsissime possibilità accordali di tipo tradizionale (a partire dal fatto che su di esse non si possono formare 7, ma solo 6 triadi).. Qui mi fermo, dopo una tirata mozzafiato, al termine della quale almeno quel che può essere definito il "sistema sonoro precompositivo" di questa musica dovrebbe essere chiaro (o almeno spero).. Mi resta da aggiungere soltanto il nome con cui ho ‘battezzato’ queste creature un po’ strane…Non brillando di fantasia, ho usato i termini con cui sono indicati i modi tradizionali, con l’aggiunta del prefisso ps (che sta per pseudo). Ho solo cercato di abbinare i due modi (l’antico e il suo ‘cugino’ pseudo) sulla base della maggiore affinità possibile… Ecco l’elenco, ancora a partire dal modo che ha per tonica DO: Do modo ps.lidio Re modo ps.misolidio Mi modo ps.ipofrigio Sol modo ps.dorico LA modo ps.frigio Giullaresque appunto è scritta in modo ps.misolidio. Mi rendo conto che, alla fin fine, il bottino raccolto può sembrare alquanto miserello… Nella rete sono rimasti…cinque pesciolini, cinque modi, dei quali uno, lo ps.ipofrigio, è praticamente inutilizzabile (come l’ipofrigio, del resto), un altro, lo ps.dorico, corrisponde perfettamente alla scala minore armonica… Comunque..

http://rapidshare.com/files/82513352/esercizioamelia.mp3

Fausto Bottai

Antologia de la Guitarra Fantastica


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Inserito originariamente da normanczabo
a cura di Jorge Louis Borgess.

giovedì 24 gennaio 2008

Angelo Barricelli in Concerto a Caserta il 15 febbraio 2008


L'Associazione Culturale Labyrintho presenta "Angelo Barricelli in Concerto"
indirizzo:via S.Agostino 16 - Caserta

musiche di: J.Dowland,T.O'Carolan,J.Duarte,I.Albeniz,A.Piazzolla e R.Fabbri

inizio ore: 20.30
data: venerdì 15 febbraio 2008 (non più il 26 gennaio)

informazioni:

direzione artistica: Decio Carelli
cell 338 6861839
carelli.decio@gmail.com

ingresso: 7 euro

Programma:

Prima parte

J.DOWLAND Tarleton’s riserrectione
Mrs. Winter Jump
The frog galliard

T.O’CAROLAN O’Carolan’s farewell to music
Colonel John Irwin
George Brabazon (first air – second air)
Dolly mac Donough

J.DUARTE English suite:
- prelude
- folk dance
- round dance

Seconda parte

I.ALBENIZ Asturias

A.PIAZZOLLA Milonga de l’angel
Verano porteno

R.FABBRI Notte a Belgrado
Hammam
Dance for Dale

Note su "L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica" di Benjamin di Walter Falciatore parte quarta

Dunque né “ l’aura” (qualità che sia detto per inciso non doveva essere percepita dagli antichi di fronte alle loro opere , ma che doveva diventare oggetto di analisi solo dopo la prima teoria del bello in estetica concepita da Winckelmann alla fine dell’epoca illuminista e al sorgere dell’epoca romantica ) né il principio della serialità distinguono in sé per sé l’attività artistica tradizionale da quella dell’era tecnologica avanzata, sono semmai proprio le potenzialità nuove, anche sconvolgenti, di questa tecnologia che appaiono a Benjamin essere dotate di una qualche magia particolare , di un’”aura” speciale. Di quel senso della meraviglia che ha catturato la prometeica psicologia occidentale sin dall’apparire del primo automa di Vaucanson e che oggi è, a tutti gli effetti , la sola vera estetica delle masse. Intendiamo la tecnologia come forma, meglio, come “seconda natura”, piuttosto che tecnologia come medium di un’arte nuova, democratica o meno che sia.La ricerca artistica intanto ha proceduto per suo conto in quanto autonoma riflessione, con i suoi propri mezzi e i suoi propri linguaggi, basti pensare ad alcune manifestazioni fondamentali dell’arte del novecento, a Paul Klee e alla sua minuziosa analiticità astratta, oppure al versante dell’espressionismo di Jackson Pollock, alla gestualità moderna che si incontra con l’attitudine alla meditazione degli antichi in un riallacciarsi tra tradizione e attualità. A fronte di simili esperienze l’arte che si rifà alla natura biologica dell’uomo non appare del tutto morta e potrebbe sopravvivere solo che l’artista non decida di soggiacere alla meraviglia e allo spavento che la divinità tecnologica gli incute.Resterebbe dunque , tra le tante altre cose, ancora da fare un commento più approfondito circa quella “seconda natura” generata nella percezione dell’arte dalla forza della tecnologia e soprattutto dalla capacità del cinema e poi di tutti gli altri media visuali a venire di mostrare l’immagine come un vissuto in movimento consentendo allo spettatore di volare sospeso tra le intricate vie della Metropolis di Fritz Lang, ma allo stesso tempo inducendo ciascuno ad allinearsi costretto e confuso tra le masse piegate che popolano quella pellicola, sino all’approdo attuale alla virtualità assoluta, nella quale libertà estetica e condizionamento sociale finiscono per coincidere chimericamente.E però anche di questa forma di esperienza percettiva, fenomeno che va “oltre lo stesso ambito artistico” vi è almeno (ma non soltanto) un significativo precedente nella storia dell’arte tradizionale e proprio nella pittura da cavalletto con i suoi poveri materiali e metodi di applicazione. La si ritrova nella immagine della sua stanza che Vincent van Gogh dipinse ad Arles, un percorso chiuso di inquietante incertezza realizzato da un artista che disponeva nella retina di un suo grandangolo naturale in grado di rendere dell’immagine vissuta tutti gli aspetti dell’allucinatorietà. Ma questo è in parte già un altro discorso, poiché è in definitiva comunque vero ciò che Benjamin ha affermato circa la “seconda natura” dell’arte scaturita dalle moderne tecnologie, ma questa seconda natura piuttosto che appartenere al mondo della ricerca artistica , tende a fare il suo ingresso in un sentiero i cui meandri oscuri forse l’arte tradizionale aveva saputo meglio illuminare con la lucidità dell’esperienza individuale, il sentiero che conduce al campo ben più vasto del sogno e dell’ inestricabile legame che esso intrattiene con la realtà, per quanto tecnologica e disincantata essa si voglia mostrare.




Walter Falciatore
http://www.kore.it/CAFFE/caffe.htm

mercoledì 23 gennaio 2008

La Gran Bretagna dice addio ad CD?

Il 2008 potrebbe essere l’anno del tramonto nella breve vita del cd: lo pensano gli esperti britannici, prendendo in considerazione una serie di elementi che sembrano indicare che il requiem di questo supporto che soppiantò il vinile sia vicino. Tra questi il crollo delle vendite, la perdurante crisi dell’intera industria discografica (vedi in particolare il caso Emi, dove il capo della major in Gb e Irlanda Tony Wadsworth si è dimesso oggi), e la proposta di legge britannica che intende legalizzare la copiatura dei compact sul proprio computer. Secondo la Bpi, organizzazione che rappresenta l’industria discografica britannica, le vendite di album sono precipitate in un anno del 10,8% (16 milioni di copie in meno, tradotto in numeri). Se a queste vendite vengono sottratte le compilation e le colonne sonore (bestseller la compilation Now that's what I call music numero 68, e la colonna sonora di High School Musical) il crollo arriva addirittura al 14,3%. Nel 2006, il calo era stato del 5% rispetto al 2005. Unico motivo di consolazione: le cose vanno meglio che negli anni Novanta, quando in Gb si toccò il fondo delle vendite. E la colpa, stavolta, non può nemmeno essere data tutta agli artisti, com'è avvenuto in passato: il 2007 è stato infatti un anno di successo per numerosi artisti d’oltremanica, come Amy Winehouse e Leona Lewis, che insieme hanno venduto ben quattro milioni di album. Accanto a loro però le novità travolgenti sono state comunque poche. La crisi del cd – e del formato album, in generale – è da imputare, come riconosciuto da tutti, alla musica digitale. Coloro che usano questo sistema preferiscono infatti comprare e scaricare singoli brani, spesso dai telefonini, piuttosto che interi album. Non a caso, il mercato di quelli che una volta erano i 45 giri ha segnato nel 2007 il terzo anno record nella sua storia. Questo fa dire a Geoff Taylor, direttore generale della Bpi: «Il mercato britannico rimane forte, a livello internazionale e il tasso di crescita delle vendite digitali è incoraggiante. La musica, in tutte le sue forme è più popolare che mai, e il settore della musica registrata ne beneficerà quando il mercato online arriverà a maturità». Ma l’industria discografica farebbe bene a non contare troppo su futuri incassi online: il settore è infatti in rapida evoluzione, e la musica gratuita (già goduta, anche se illegalmente, da quanti si scambiano i file online) si fa largo. Prima, i Radiohead hanno messo in vendita l’ultimo album a offerta libera; e ora Tasmin Little, celebre violinista classica britannica, ha annunciato che intende mettere online le sue nuove performance registrate assolutamente gratis. «Per rimuovere ogni barriera all’ascolto della musica classica, che non è solo per chi ha una certa cultura, ha la pelle di un certo colore, o vive in un certo posto», ha detto.

Empedocle70

martedì 22 gennaio 2008

Elena Casoli in Concerto, Milano 25/01/2008


Elena_Casoli
Inserito originariamente da normanczabo

Associazione Culturale Secondo Maggio presenta

OMAGGIO A SYLVANO BUSSOTTI

Luogo Società Umanitaria Via Daverio 7 Milano
Data venerdì 25 gennaio 2008 21.00

Programma

S. Bussotti
Coeur pour batteur
(variazioni di Maurizio Ben Omar su Coeur del 1959)
per percussioni e live electronics

Ultima Rara
per chitarra e voce
1969

Variazione Berio
Per clarinetti
2007

Git le coeur
(variazioni di Maurizio Ben Omar Coeur del 1959)
per marimba e base pre-registrata

da Quatre danses d’Alain
danse tibetaine
piccolo intermezzo
danse kafire n. 2
per pianoforte e percussioni
1995

Conduce Renzo Cresti

per contatti:

http://www.secondomaggio.com/contatti.aspx

Associazione Culturale Secondo Maggio

C.so di Porta Vittoria, 4320122 Milano
Tel. +39 02 55025.304-288

Tel. +39 02 5455428

Fax. +39 02 55025294

Mobile. +39 348 3591215
Email eury@iol.it


lunedì 21 gennaio 2008

SANTA LUCIA LUNTANA……piccola storia di un grande patrimonio che gli emigranti trasferirono nel nuovo mondo Parte seconda di Angela Cingottini


Oltre all’amore l’ elemento più ricorrente nelle canzoni napoletane è il mare. Ispirati dalla sua natura poeti popolari e colti hanno dato vita a immagini suggestive, come in Marechiaro di Salvatore di Giacomo, del 1885, oppure O’ marenariello di Gennaro Ottaviano, del 1893.
Anche la famosissima Santa Lucia, che nel 1848 è stata la prima canzone napoletana ad avere un testo anche in italiano, è legata al mare. E’, più precisamente, l’invito di un barcaiolo a fare un giro sulla sua barca per poter meglio godere il fresco della sera .

L’amore rimane comunque il sentimento più cantato nelle canzoni napoletane. Luoghi classici dell’amore, nel settecento e per tutto l’ottocento, sono stati finestre e balconi, spesso presenti nei titoli o ricordati nel testo. Questo perché c’era l’abitudine di cantare serenate sotto la finestra della donna amata, che qualche volta dava dall’alto un cenno di risposta. Viene da pensare, oltre alle già ricordate settecentesche Fenesta vascia e Fenesta ca lucive, alla stupenda Scètate,la serenata piena di passione scritta nel 1887 dal poeta e giornalista Ferdinando Russo. Ma anche nella già ricordata Marechiaro il poeta scrive ‘scètate Carulì ca l’aria è doce’,-svegliati Carolina che l’aria è dolce,dopo aver chiaramente detto ‘….a Marechiare ce sta ‘na fenesta…passa l’acqua pe’ sott’e murmulea…’-…a Marechiaro c’è una finestra…l’acqua passa di sotto e mormora….’

Verso la fine dell’ottocento l’amore sembra trasferirsi nei giardini. Salvatore di Giacomo vi ambienta la sua Era de maggio mentre Vincenzo Russo, poeta semi-analfabeta,autore di I’ te vurria vasà, un testo tra i più significativi di tutto il repertorio napoletano, ne canta i colori e gli odori come splendida cornice entro cui è collocata la donna amata. Siamo nell’anno 1900.Un paio di anni prima,nel 1898, un insegnante che scriveva testi di canzoni per migliorare la sua precaria condizione economica e un posteggiatore, avevano composto un pezzo bellissimo che in breve tempo fece il giro del mondo , diventando il simbolo dell’Italia e motivo di identificazione nazionale per tutti gli italiani che,già da oltre un ventennio, avevano cominciato a emigrare all’estero. Si tratta di O’ sole mio, sicuramente la canzone italiana che rimarrà la più conosciuta nel mondo per oltre mezzo secolo. Bisognerà infatti arrivare al 1958,quando Domenico Modugno lanciò la sua Nel blu dipinto di blu, per avere una canzone che ne eguaglierà il successo.

L’inizio del nuovo secolo popola il centro di Napoli di caffè e café-chantant. Locali come il famosissmo Gambrinus diventano ogni sera il punto di ritrovo di artisti e letterati e spesso le idee musicali scaturiscono proprio di lì.
Anche lo scrittore abruzzese Gabriele D’Annunzio, che visse a Napoli per due anni, era un assiduo frequentatore del Gambrinus. Proprio lì, per vincere una scommessa con il poeta Ferdinando Russo, scrisse una poesia in napoletano che intitolò ‘A vucchella’. La poesia fu in seguito musicata da Francesco Paolo Tosti e divenne in breve tempo parte del repertorio dei maggiori cantanti lirici.
Ma mentre, da una parte, le canzoni diventavano sempre più patrimonio di cantanti famosi che si esibivano in sale di spettacolo o teatri, con accompagnamento orchestrale o anche solo con pianoforte, dall’altra era sempre molto vivo quel filone di cantanti popolari, i posteggiatori, che, accompagnandosi con pochi strumenti a corde e percussioni , si esibivano nelle trattorie o nelle strade. In genere essi si organizzavano in piccole bande a livello familiare in cui ognuno aveva il proprio ruolo di musicista o di cantante. Molti si esibivano a Napoli, ma alcuni andavano in altre città d’Italia o venivano invitati anche all’estero per cantare presso famiglie facoltose. In tal modo contribuivano a far conoscere le canzoni napoletane ad un pubblico più ampio. Anche il grande tenore Enrico Caruso (1873/1921) aveva iniziato a cantare come posteggiatore e fu proprio in questa veste che, nel 1891 ,fu notato dalla persona che gli fece studiare canto. Quando già famoso,nel 1903,si trasferì a New York,diventò l’ambasciatore più degno di nota della canzone napoletana nel nuovo mondo. A lui successe un altro eccezionale tenore,Beniamino Gigli(1890/1957), che accompagnato dal pianista e compositore Ernesto De Curtis, portò la canzone in giro per il mondo. Del resto, proprio grazie agli emigranti che per primi avevano contribuito ad una sua diffusione capillare nei paesi loro ospiti, essa era già molto conosciuta e ammirata. Nel 1911 un emigrante calabrese,Alessandro Sisca, che aveva fondato a New York un giornale in lingua italiana (La follia di New York), scrisse la prima canzone napoletana in territorio di emigrazione. Si tratta di Core ‘ngrato, musicata da un compositore napoletano di nome Salvatore Cardillo, anche lui trasferitosi negli Stati Uniti, nel 1903. La canzone divenne famosissima in breve tempo e in quello stesso anno fu pubblicata anche a Milano dopo aver compiuto un cammino migratorio alla rovescia.
Ma la canzone destinata a diventare il simbolo di tutti coloro che lasciavano o avevano lasciato l’Italia per cercare miglior fortuna all’estero fu Santa Lucia Luntana, scritta da E.A.Mario (Giovanni Gaeta) nel 1919.Il testo è emblematico: in poche strofe descrive sentimenti e emozioni di chi parte con nessuna prospettiva di ritorno. Cantata dagli emigranti con le loro valige di cartone o da grandi come Beniamino Gigli ed Enrico Caruso, racconta l’esperienza di vita di un popolo e di una città che ancora oggi molti, all’estero, proprio grazie alla diffusione delle sue canzoni, identificano con l’Italia tutta.

Angela Cingottini

Pubblicato in lingua inglese su www.italymag.co.uk/ 23 marzo 2005


Angela Cingottini vive a Siena, dove è docente di lingua italiana presso l'Università per Stranieri. (http://www.unistrasi.it/ ) Germanista di formazione, ha tradotto e pubblicato testi a carattere storico-artistico e poetico dal tedesco e dall'inglese. Si occupa di glottodidattica e ha condotto sperimentazioni e ricerche all'interno dell'università sull'utilizzazione del canto e del teatro nell'apprendimento dell'italiano lingua straniera e collaborando con l'International Opera Theatre of Philadelphia (http://www.internationaloperatheter.com/)Collabora alla videorivista Tendenze Italiane, per la quale ha curato numerosi servizi di carattere antropologico- musicale. Ha pubblicato articoli in vari settori -cinema, musica, glottodidattica-ed è formatore in master e corsi di aggiornamento in Italia e all'estero. Ha tenuto conferenze e cicli di lezioni sulla storia della canzone italiana presso l'Università per stranieri di Siena, la Libera Università di Città della Pieve e presso istituzioni universitarie in Europa e negli Stati Uniti. Nel 2004 il Circolo dei Lenti di Siena ha curato una sua personale di pittura, 'Immagini', ripetuta nel 2005 nella rassegna 'Arte e Scuola ' dalla Biblioteca Comunale di Monteriggioni. Collabora come voce recitante a eventi poetico-letterari e concerti, ultimo quello organizzato il 26 ottobre 2007 dall'associazione Music Ensemble nel palazzo comunale di Siena, con la soprano Silvana Bartolotta,il pianista Leonardo Angelini e il violinista Franco Barbucci.(http://www.musicensemble.it/ )

Ana Vidovic

plays Asturias

domenica 20 gennaio 2008

SANTA LUCIA LUNTANA……piccola storia di un grande patrimonio che gli emigranti trasferirono nel nuovo mondo Parte prima di Angela Cingottini


Tra gli ultimi anni dell’800 e i primi del ‘900 milioni di emigranti partirono dall’Italia per cercare condizioni di vita migliori nei paesi d’oltre oceano. Moltissimi erano napoletani che lasciavano la loro città salpando da quello che ancora oggi è conosciuto come molo Umberto I.

Gli emigranti non avevano molti bagagli: si imbarcavano portando con sé soprattutto i ricordi del loro bel paese. Le immagini si mescolavano agli odori della loro cucina povera e al suono delle loro canzoni. E sono proprio la cucina e le canzoni che nel ‘900 hanno fatto conoscere al mondo un’altra Italia, fatta non solo di Antichità e di Arte, ma anche di gente semplice, felice di vivere nella cultura che si tramanda all’interno della famiglia, nei gesti e nei fatti della vita quotidiana. E da sempre i napoletani hanno amato parlare della propria vita dando corpo a immagini e sentimenti per mezzo del canto.
E’ un po’ come accade con il presepe, altra grande tradizione napoletana ,in cui questo popolo trasferisce e rappresenta immagini della propria vita e angoli della propria città .

La canzone a Napoli ha origini antiche. Antiche almeno come il Maschio Angioino o l’Università fondata nel 1224 da Federico II di Svevia e di cui porta il nome. A quell’epoca Napoli era già un città molto grande: contava 35.000 abitanti. Federico aveva voluto farne una capitale a tutti gli effetti, emanando decreti e regole per favorire gli scambi culturali e la presenza di studiosi stranieri.
E’ proprio a quell’epoca che si fanno risalire le prime canzoni documentate, il frammento di un Inno al sole e il Canto delle lavandaie del Vomero. Quest’ultimo è ancora molto conosciuto e amato a Napoli. Ricorda il tempo in cui le donne del popolo andavano a lavare il bucato nelle famiglie nobili e benestanti e qualche volta accadeva che la biancheria ,tutta rigorosamente bianca ,venisse confusa e scambiata. La canzone è infatti un’allegra disputa a causa di quattro fazzoletti da restituire.
Le cose cambiarono sotto la dominazione degli Angioini che furono a Napoli per due secoli, dalla seconda metà del ‘200 a quella del ‘400, comportandosi da veri dominatori. Essi sfruttarono la città e i suoi abitanti , tenendo in genere una condotta così scandalosa da attirarsi la scomunica papale. In quell’epoca i napoletani si servirono delle canzoni come satire per mettere in ridicolo e rendere pubblici fatti che sicuramente non facevano onore ai regnanti. Poco ci è rimasto di questo materiale caduto nell'oblio perché privo di vero valore artistico e troppo storicamente datato. Si deve infatti tener presente che nulla veniva scritto e le canzoni erano tramandate oralmente, parole e musica. Così quando perdevano di attualità la gente smetteva di cantarle e andavano perdute.
Un caso a parte è costituito dalla villanella,un genere musicale nato a Napoli nei primi decenni del 1500 e di lì rapidamente diffusosi in tutta Europa. Si tratta di un componimento musicale breve,veramente l’antecedente più diretto della canzone moderna. Di contenuto non religioso, canta in genere l’amore e le bellezze della natura. Nate come canzoni spontanee, composte e eseguite per le strade da cantanti popolari, le villanelle sono però state immediatamente accolte nei repertori delle corti e trascritte in codici che , arrivati fino ai nostri giorni, hanno impedito che tale materiale andasse perduto e dimenticato. Moltissimi musicisti e poeti dell’epoca ne hanno a loro volta composte, allontanandosi talvolta molto dalla spontaneità primitiva a favore di una certa letterarietà. Ce ne sono comunque di bellissime, come la famosa Villanella che all’acqua vai o Voccuccia de ‘no pierzeco. Il testo veniva in genere scritto in napoletano, tenuto in conto di vera e propria lingua. Il compositore belga Orlando di Lasso, che visse molti anni a Napoli come musicista domestico presso una famiglia nobile, lo imparò per scrivere le sue apprezzatissime villanelle.
Tramontato già nei primi anni del 1600 questo genere, le canzoni continuarono a prodursi e tramandarsi spontaneamente. Da un semplice motivo iniziale le musiche si diffondevano da sé e la gente, ascoltandole, inventava sempre nuove frasi e ritmi . In questo modo l’autore o, meglio,gli autori,rimanevano perloppiù sconosciuti. Dobbiamo solo alla buona volontà e al grande amore per la ricerca degli studiosi del settore se noi oggi possiamo ancora cantare o ascoltare pezzi bellissimi come Fenesta ca’ lucive,’O guarracino, Michelemmà, Fenesta vascia e tanti altri. Queste canzoni, composte prevalentemente nel settecento, ma talvolta anche nel seicento o addirittura prima, hanno avuto regolari trascrizioni e pubblicazioni solo nell’ottocento, quando gli studiosi, sotto la spinta del movimento romantico che nei primi anni del diciannovesimo secolo dilagava in tutta Europa, svilupparono l’interesse per il canto e le storie popolari, cercando in essi motivi antichi di identificazione nazionale.
A Napoli fu particolarmente importante l’opera di Guglielmo Cottrau,un francese stabilitosi lì da ragazzo al seguito di Gioacchino Murat e che fondò una casa editrice pubblicando e salvando così dall’oblìo decine e decine di belle canzoni. Probabilmente chi le abbia realmente composte non lo sapremo mai. Spesso sotto queste canzoni figura la dicitura ‘di anonimo’ o il nome di colui che l’ha trascritta ascoltandola cantare da qualcuno.

La prima canzone di cui conosciamo l’autore del testo è Te voglio bene assaje, del 1839. Come spesso accade con i poeti popolari , non si trattava di un letterato. Si chiamava Raffaele Sacco ed era un ottico. Il suo negozio esiste ancora nella centralissima via Capitelli e tutto lì parla della sua canzone. Niente di preciso si sa a proposito del compositore della musica,anche se c’è chi vorrebbe farla risalire a Gaetano Donizetti. In realtà si tratta solo di ipotesi .

Oltre all’amore l’ elemento più ricorrente nelle canzoni napoletane è il mare. Ispirati dalla sua natura poeti popolari e colti hanno dato vita a immagini suggestive, come in Marechiaro di Salvatore di Giacomo, del 1885, oppure O’ marenariello di Gennaro Ottaviano, del 1893.Anche la famosissima Santa Lucia, che nel 1848 è stata la prima canzone napoletana ad avere un testo anche in italiano, è legata al mare. E’, più precisamente, l’invito di un barcaiolo a fare un giro sulla sua barca per poter meglio godere il fresco della sera.

(..segue..)

Angela Cingottini

Angela Cingottini vive a Siena, dove è docente di lingua italiana presso l'Università per Stranieri. (http://www.unistrasi.it/ ) Germanista di formazione, ha tradotto e pubblicato testi a carattere storico-artistico e poetico dal tedesco e dall'inglese. Si occupa di glottodidattica e ha condotto sperimentazioni e ricerche all'interno dell'università sull'utilizzazione del canto e del teatro nell'apprendimento dell'italiano lingua straniera e collaborando con l'International Opera Theatre of Philadelphia (http://www.internationaloperatheter.com/)Collabora alla videorivista Tendenze Italiane, per la quale ha curato numerosi servizi di carattere antropologico- musicale. Ha pubblicato articoli in vari settori -cinema, musica, glottodidattica-ed è formatore in master e corsi di aggiornamento in Italia e all'estero. Ha tenuto conferenze e cicli di lezioni sulla storia della canzone italiana presso l'Università per stranieri di Siena, la Libera Università di Città della Pieve e presso istituzioni universitarie in Europa e negli Stati Uniti. Nel 2004 il Circolo dei Lenti di Siena ha curato una sua personale di pittura, 'Immagini', ripetuta nel 2005 nella rassegna 'Arte e Scuola ' dalla Biblioteca Comunale di Monteriggioni. Collabora come voce recitante a eventi poetico-letterari e concerti, ultimo quello organizzato il 26 ottobre 2007 dall'associazione Music Ensemble nel palazzo comunale di Siena, con la soprano Silvana Bartolotta,il pianista Leonardo Angelini e il violinista Franco Barbucci.(http://www.musicensemble.it/ )

sabato 19 gennaio 2008

Su Giullaresque ed altro: musica modale (e neo-modale) di Fausto Bottai - parte quarta

I greci chiamavano appunto 'ottava' il sistema formato dall'unione di due tetracordi, come detto poc'anzi. A questo punto, nostro compito è analizzare tutte le possibili combinazioni cui può dar luogo la sovrapposizione di tali tetracordi, cioè 4x4=16 (come vedremo,in realtà, con questo materiale sonoro è possibile costituire 15 ottave diverse più una scala, di sei note, composta da intervalli di un tono intero (la famosa scala esatonale). Ma vediamo nel dettaglio le varie combinazioni.

I-I Do-Re-Mi-Fa Sol-La-Si-Do tts(t)tts (ionico)

I-II Do-Re-Mi-Fa Sol-La-Sib-Do tts(t)tst (misolidio)

I-III Do-Re-Mi-Fa Sol-Lab-Sib-Do tts(t)stt

I-IV Do-Re-Mi-Fa Solb-Lab-Sib-Do tts(s)ttt


II-I Re-Mi-Fa-Sol La-Si-Do#-Re tst(t)tts

II-II Re-Mi-Fa-Sol La-Si-Do-Re tst(t)tst (dorico)

II-III Re-Mi-Fa-Sol La-Sib-Do-Re tst(t)stt (eolico)

II-IV Re-Mi-Fa-Sol Lab-Sib-Do-Re tst(s)ttt


III-I Mi-Fa-Sol-La Si-Do#-Re#-Mi stt(t)tts

III-II Mi-Fa-Sol-La Si-Do#-Re-Mi stt(t)tst

III-III Mi-Fa-Sol-La Si-Do-Re-Mi stt(t)stt (frigio)

III-IV Mi-Fa-Sol-La Sib-Do-Re-Mi stt(s)ttt (ipofrigio)


IV-I Fa-Sol-La-Si Do-Re-Mi-Fa ttt(s)tts (lidio)

IV-II Fa-Sol-La-Si Do-Re-Mib-Fa ttt(s)tst


III Fa-Sol-La-Si Do-Reb-Mib-Fa ttt(s)stt

IV-IV Fa-Sol-La-Si Do# (Reb)-Mib-Fa ttt(t)tt (scala per toni interi)


Vediamo adesso cosa accade se proviamo a costruire su ciascun grado di queste scale accordi 'tradizionali' per terze sovrapposte. Innanzitutto, sappiamo che sulle scale tramandate dalla nostra tradizione medievale (i modi ionico, dorico, frigio etc.) è presente una stessa sequenza accordale: tre accordi maggiori, tre minori ed uno con la quinta diminuita. Nel modo ionico (maggiore) vi sono accordi maggiori sul I,IV e V grado, minori sul II,III e VI, diminuito sul settimo. Nel modo dorico, accordi minori sul I,II e V grado, maggiori sul III,IV e VII, diminuito sul VI e così via.



http://it.geocities.com/empedocle70/danzabarbara2.mp3



Fausto Bottai

(..segue..)

venerdì 18 gennaio 2008

Note su "L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica" di Benjamin di Walter Falciatore parte terza

Ammesso che per Benjamin e anche per noi si diano ormai due concezioni distinte dell’oggetto artistico, l’una in cui il rapporto tra manipolazione tecnica e opera si potrebbe definire naturale e l’altro mediato da tecnologie il cui rapporto con la natura s’è irrimediabilmente spezzato; è necessario tuttavia ricordare che nelle interpretazioni sociologiche degli sviluppi dell’arte moderna ricorrono comunque fraintendimenti circa il suo statuto di cui già Benjamin era caduto vittima e che in seguito la critica specialistica ha provveduto a correggere.Non è vero , per esempio, o almeno non è del tutto vero, che la nascita della tecnica fotografica abbia modificato in modo radicale il processo della creazione artistica. Lo storico dell’arte sa bene che esistono nella storia delle immagini numerosi esempi in cui la concezione dello spazio che in seguito sarà caratteristica della nuova tecnica viene prefigurata e anticipata con opere in cui il cosiddetto “taglio fotografico” si palesa evidente ben prima della nascita della fotografia stessa. Anzi si potrebbe in buona misura dimostrare che è stata spesso l’autonoma ricerca formale dell’artista a contaminarla e a imporre alla fotografia l’applicazione delle sue leggi. Tutto ciò lo si può rintracciare nelle vedute di Canaletto, come nel particolare ordinamento prospettico della stampa giapponese (la cui conoscenza influirà sull’arte moderna ben più della fotografia) o, per fare un riferimento più attuale, nei disegni del fumettista Milton Caniff, le cui chine tracciate a pennello o con la punta di una canna di bambù valsero ad ispirare le immagini di jungla esotica nei films hollywoodiani contribuendo a determinare lo stile a suo modo affascinante di quelle opere di facile consumo.Discorso non dissimile va fatto per il rapporto tra l’opera d’arte e la serialità della riproduzione. Vi è in effetti già ampia manifestazione di serialità nelle opere dell’arte del passato e tuttavia, non per questo, tali opere manifestano la perdita della loro “aura” originaria. Lo si può affermare a proposito di molta parte delle realizzazioni dell’arte ceramica, sia greca , che orientale, che frutto del meraviglioso arcaismo ripetitivo degli indiani pueblos o hopi. Benjamin soggiace qui al pregiudizio caratteristico di coloro , e sono ancora molti, i quali ritengono che la creatività sia sostanzialmente, in ogni istante del suo agire, non altro che ispirazione e che l’oggetto d’arte sia sempre il risultato dell’associazione di essa con una superata mentalità individualistica. Ma basta per esempio rivolgersi ai rilievi architettonici di un tempio precolombiano o all’iterativo sensualismo, energetico quanto assente, di un edificio di culto indiano, per scoprire di quanta grammaticale ridondanza siano caratterizzate simili opere, nelle quali individualismo, serialità, eccellenza tecnica e rispetto della tradizione si mescolano in un flusso indistinto.Un flusso che a sua volta già possiede quel carattere di narrazione che nel cinema si svilupperà nelle sequenze in movimento.



(..segue..)
Walter Falciatore
http://www.kore.it/CAFFE/caffe.htm

giovedì 17 gennaio 2008

Divertimento Ensamble - Elena Càsoli in Concerto - 26 gennaio Bologna


Divertimento Ensamble
Inserito originariamente da normanczabo
Sabato 26 Gennaio 2008
Teatro Comunale ore 20.30

DIVERTIMENTO ENSEMBLE
Lorenzo Missaglia flauto
Elena Càsoli chitarra
Riccardo Balbinutti percussioni
Federico Sanesi tabla

Terry Riley Cantos desiertos per flauto e chitarra (Improvvisazione classica per tabla)
Ravi Shankar Raga Todiper flauto, chitarra e tabla
Toru Takemitsu Sacrifice per flauto, chitarra e percussioni
George Crumb Mundus canis per chitarra e percussioni
Lou Harrison Avalokiteshvara per flauto, chitarra e percussioni
Jahla per flauto, chitarra e percussioni

IN COLLABORAZIONE CON TEATRO COMUNALE DI BOLOGNA – L’altro Comunale
Il minimo comune denominatore del programma proposto dal Divertimento Ensemble è sicuramente l’America degli anni Sessanta e Settanta, che si scopre mistica (alla sua maniera), adottando (sempre alla sua maniera) brandelli e spezzoni tanto della cultura giapponese quanto di quella indiana. In fondo, a Central Park Ravi Shankar arriva grazie ai Beatles, certo non una band americana, ma che con John Lennon proprio nella Grande Mela finì per trovare il più efficace dei suoi amplificatori. E così pure il Giappone dei Takemitsu (a sua volta il più occidentale, per quanto può esserlo un giapponese, dei compositori nipponici) arriva sulle due coste dell’America per vie traverse. Ad esempio, grazie al fascino della poesia haiku, che minimalista lo è nella struttura (tre endecasillabi) e nel contenuto. Insomma, il Divertimento Ensemble ci parla – con la competenza che ben conosciamo – più che di sola musica, di un fenomeno complesso e articolato, i cui effetti tutt’oggi si riverberano sulla nostra cultura.

BIGLIETTERIA CONCERTI AL TEATRO COMUNALE (Largo Respighi, 1)

Vendita presso la biglietteria del Teatro dal giorno 15 del mese precedente il concerto.
Orari: dal martedì al venerdì ore 15-19 – sabato ore 10-12.30 e 15-19
Posto unico € 10.

lunedì 14 gennaio 2008

El Testament D'Amelia

Stefano Grondona plays M. Llobet: 6 Canciones Catalanas

Fauvel: da 'El testament d'Amelia', un esercizio di trasposizione modale di Fausto Bottai

'Il passato ci condiziona, ci sta addosso, ci ricatta. L'avanguardia.. cerca di regolare i conti con il passato. 'Abbasso il chiaro di luna', motto futurista, è un programma tipico di ogni avanguardia, basta mettere qualcosa di appropriato al posto del chiaro di luna.. L'avanguardia (appunto) distrugge il passato, lo sfigura.. Ma arriva il momento in cui l'avanguardia non può più andare oltre, perché ha ormai prodotto un metalinguaggio che parla dei suoi impossibili testi. La risposta postmoderna al moderno consiste nel riconoscere che il passato, visto che non può essere distrutto, perché la sua distruzione porta al silenzio, deve essere rivisitato: con ironia, in modo non innocente.. Penso all'atteggiamento postmoderno come a quello di chi ami una donna, molto colta, e che sappia che non può dirle 'ti amo disperatamente', perché lui sa che lei sa (e che lei sa che lui sa) che queste frasi le ha già scritte Liala. Tuttavia c'è una soluzione. Potrà dire: "Come avrebbe detto Liala, ti amo disperatamente". A questo punto, avendo evitata la falsa innocenza, avendo detto chiaramente che non si può più parlare in modo innocente, costui avrà però detto alla donna ciò che voleva dirle..' (U.Eco, da 'Postille a Il nome della rosa, Bompiani, 1983).
Perché questa lunga citazione? ma perché in qualche modo è qui perfettamente descritta una modalità di lavoro che l'amico Fausto Bottai adotta, forse non sempre, ma sicuramente spesso, nelle sue peregrinazioni in ambito e letterario e musicale. Musicale, in questo caso, e ne parlo io, che pure dovrei occuparmi principalmente di questioni letterarie, perché nella fattispecie è coinvolto anche il suo amico musicista-musicofilo Jacopo da Montaio, e non sta bene -dicono- che uno straparli in prima persona di quel che combina.. In questo 'delitto', infatti, i due, da perfetti complici, si sono divisi i ruoli: uno ha scritto, anzi ri-scritto il brano, l'altro l'ha praticamente realizzato grazie al suo famigerato 'virtual piano'.
Torniamo al dunque: ripensando alla citazione echiana, Fausto potrà dire tranquillamente 'Come avrebbe detto Llobet'.. Già, perché il brano in questione è una ri-scrittura della canzone catalana 'El testament d'Amelia' nella trascrizione per chitarra di M. Llobet. Una ri-scrittura, ribadisco: quindi, chi conosce bene il repertorio chitarristico, in particolare di questo autore, ci ritroverà senz'altro qualcosa di familiare, ma, nello stesso momento, non potrà non notare le differenze.. Nel gioco metalinguistico, nell'enunciazione al quadrato, si è prodotta una sorta di mutazione genetica, che coinvolge non tanto la struttura formale del brano, gelosamente e 'provocatoriamente' conservata, per quanto possibile, (con questo intendendo la scansione ritmica della melodia e degli accordi, molto simile all' 'originale'), quanto la sua intima natura: la melodia si snoda infatti secondo gli intervalli caratteristici di un sistema modale completamente diverso (e conseguentemente anche l'impianto accordale risulta abbastanza 'rivoluzionato'). Si tratta appunto di un 'esercizio di trasposizione modale', una sorta di 'variazione sul tema' sui generis, che coinvolge innanzitutto e in modo direi assoluto e totalizzante la linea melodica del brano preso in esame: questa deve essere infatti 'trascinata' da una struttura modale ad un'altra, lungo un percorso che la sottopone a tensioni e torsioni d'ogni sorta. Provare per credere.
Comunque ne riparleremo.. Anzi, converrà che ne riparlino, con maggior dovizia di particolari e competenza, gli amici musicisti e musicofili colpevoli del misfatto..
Sempre che dopo questa bravata trovino ancora qualcuno disposto ad ascoltarli.. ehm..



Fauvel



http://rapidshare.com/files/82513352/esercizioamelia.mp3.html

Liuteria in Concerto 2008


liuteria-in-concerto
Inserito originariamente da normanczabo
Vi ricordiamo gli appuntamenti nei prossimi giorni e mesi con la rassegna Liuteria in Concerto organizzata dal Maestro Francesco Taranto. Tre concerti a Roma nelle seguenti date:
- 20 gennaio 2008: Due chitarre nell'ottocento, Francesco Taranto, Salvatore Rotunno - "Los Caujaritos", Ciro Carbone;
- 09 febbraio 2008: De Rose play De Rose, Antonio De Rose - Fantasie d'opera, Alessandro de Pau;
- 01 marzo 2008: Da Guadagnini a Torres, Francesco Taranto - Il Novecento chitarristico, Angelo Barricelli.

Mostra di liuteria aperta al pubblico dalle prime ore del pomeriggio
Ingresso concerto ore 20.00
costo € 10
Teatro della Forma, Viale della Primavera, 317 Roma

info: http://www.Rossorossini.com - info@rossorossini.com

domenica 13 gennaio 2008

Angelo Barricelli in Concerto e Masterclass a Somma Vesuviana 16 e 17febbraio 2008

Associazione Culturale "Il Torchio" presenta "Angelo Barricelli in Concerto e Masterclass"
indirizzo: via Col.G.Aliperta, Parco degli Aromi, Somma Vesuviana, Napoli

musiche di: J.Dowland,T.O'Carolan,J.Duarte,I.Albeniz,A.Piazzolla e R.Fabbri

Concerto
data: sabato 16 febbraio 2008
inizio ore: 20.30

Masterclass
data: domenica 17 febbraio 2008
(9.30/13.00) - (15.00/18.00)

informazioni:

per informazioni:
http://www.iltorchio.org
mina spadaro cell.333 7537731
aaliperta@libero.it

Programma Concerto:

Prima parte

J.DOWLAND Tarleton’s riserrectione
Mrs. Winter Jump
The frog galliard

T.O’CAROLAN O’Carolan’s farewell to music
Colonel John Irwin
George Brabazon (first air – second air)
Dolly mac Donough

J.DUARTE English suite:
- prelude
- folk dance
- round dance

Seconda parte

I.ALBENIZ Asturias


A.PIAZZOLLA Milonga de l’angel
Verano porteno

R.FABBRI Notte a Belgrado
Hammam
Dance for Dale

venerdì 11 gennaio 2008

Speciale Fernando Lepri: un grande regalo da parte del Maestro

Care amiche e cari amici del blog Chitarra e Dintorni, siamo arrivati ormai alla fine di questo primo speciale dedicato ai chitarristi classici italiani. Speriamo vi sia piaciuto e che abbiate apprezzato la persona del Maestro Fernando Lepri.

Persona squisita e grande musicista, il Maestro ha deciso di fare un grande regalo ai lettori del blog: l’interpretazione della Sonata in sol minore (RV 85 – F XVI n.4) per chitarra e cembalo (dall’originale per violino, liuto e continuo) nell’interpretazione di Fernando Lepri e della clavicembalista Vera Alcalay! E inoltre troverete i files pdf della parte della chitarra del “Larghetto” e esempi di realizzazione dei trilli su due corde e il relativo file mp3 che vi consentirà di poterlo eseguire con Base clavicembalistica del “Larghetto”!

Non credo potessimo chiedere di meglio! Non mi resta che ringraziare sentitamente il Maestro Fernando Lepri per la sua cortesia, la sua gentilezza e la disponibilità dimostrate, invitandolo a tornare presto a trovarci qui sul blog, dove è e sarà sempre persona gradita.

Vi ricordo ancora l'indirizzo internet del sito del Maestro: http://www.fernandolepri.com/ che trovate anche nella sezione Link del blog.

Grazie ancora Maestro!

Norman Czabo












Antonio Vivaldi
Sonata in Sol minore RV 85 per chitarra e clavicembalo

Chitarrista: Fernando Lepri
Clavicembalista: Vera Alcalay

Download gratuito


  • Andante molto
  • Larghetto
  • Vivace

  • Base clavicembalistica del “Larghetto”
  • Accordatura (La 440 hz.)

  • Parte della chitarra del “Larghetto”
  • Esempi di realizzazione dei trilli su due corde

Download completo di tutti i files: http://www.4shared.com/dir/5289569/67d87dad/sharing.html

Cenni introduttivi

Antonio Vivaldi ha dedicato al liuto quattro lavori: il celebre concerto in Re per liuto e archi, il concerto in Re minore per viola d’amore, liuto ed archi e due “sonate a tre” per liuto, violino e basso, una in Do e una, appunto, in Sol minore.
Nella versione originale della Sonata in Sol minore, il liuto e il violino suonano la linea melodica quasi sempre all’unisono e per questo è consuetudine eseguire la Sonata anche con due soli strumenti affidando la parte solistica alla chitarra e il basso continuo al clavicembalo.
La Sonata, oltre ad essere un brano affascinante, è anche un ottimo pretesto per introdurre alcune caratteristiche della prassi esecutiva barocca come abbellimenti e diminuzioni. Queste erano note di passaggio, quasi sempre improvvisate, con cui si “fioriva” una linea melodica e venivano generalmente introdotte nei ritornelli.
Nello spartito allegato, relativo al secondo tempo della sonata, troverete scritte in piccolo queste proposte di diminuzioni. Ovviamente ognuno sarà libero di inserirne di nuove o di diverse.
La relativa facilità del brano mi permette anche di stimolare gli esecutori a realizzare gli abbellimenti su due corde. Questa pratica non si rifà a criteri filologici ma estetici: il trillo su due corde ha il pregio di risultare più “presente” di quello tradizionale ed ha un tipo di sonorità che, a mio parere, si adatta molto bene alla musica barocca.

Un ringraziamento va alle Edizioni A.f.M. che mi hanno dato la possibilità di mettere a disposizione dei lettori di “Chitarra e dintorni” questo lavoro che è tratto da una mia pubblicazione del 1998 più ampia e articolata che comprendeva, tra l’altro, anche l’incisione e la revisione critica del Concerto in Re per chitarra e archi.

Chi vuole saperne di più può cliccare qui:
http://www.fernandolepri.com/download.html#vivaldi


A chi desidera approfondire lo studio della prassi esecutiva barocca, consiglio alcuni testi:

- L’interpretazione della Musica nei Secoli XVII e XVIII di Arnold Dolmetsch (ed. Rugginenti)
- I segreti della musica antica di A. Geoffroy-Dechaume (e. Ricordi)
- Suonare il clavicembalo di Howard Schott (ed. Franco Muzzio)
- Saggio di metodo per la tastiera – L’interpretazione della musica barocca di C.Ph.E. Bach (ed. Curci)

Fernando Lepri

martedì 8 gennaio 2008

Speciale Fernando Lepri: Revisioni

Revisioni con il Trio Chitarristico di Roma





“ Wolfgang Amadeus Mozart - Fantasia in DO Minore K.475 - Trascrizione di Luciano Chailly dedicata al Trio Chitarristico di Roma - Ed. Ricordi













Antonio Amoroso – Gitarrentrio - Opera vincitrice del Concorso di Composizione di Berlino del 1989 e dedicata al Trio Chitarristico di Roma - Ed. Semar













Giovanni Pacolini (Sec.XVI) - Quattro Danze - Ed. Berben















Fabio R. d’ Ettorre - Fantasia per tre chitarre su God Rest You Merry Gentlemen Ed. Berben











Teresa Procaccini – Jokes op.174 per trio di chitarre e voce recitante – dedicata al Trio Chitarristico di Roma – Guitargames op. 154 e Promenade op. 155 per quartetto di chitarre. Ed. Edipan

Speciale Fernando Lepri: Discografia

Discografia con il Trio Chitarristico di Roma



Recital, Musikstrasse 1992 Opere originali e trascrizioni di: Vivaldi, Zani de Ferranti, Mozart/Chailly, Amoroso, d’Ettorre







“Rara” Musica del ’900, Musikstrasse 1997 Un panorama musicale del repertorio originale del Ventesimo secolo attraverso i più vasti stili compositivi, impreziosito dalla partecipazione straordinaria di Paolo Poli, voce recitante in Ultima Rara di Sylvano Bussotti. Musiche di: Dodgson, Hindemith, d’Ettorre, Kleynjans, Gangi, Cavallone, Bussotti


Il Cd nel 2006 ha vinto il Concorso discografica “Cd Major


Parade, Musikstrasse/Guitart 2002 Musiche di autori colti del ‘900 per il cinema, il teatro, il café-chantant ed il folklore. Brani di Weill, Auric, Poulenc, Satie, Ponce, Villa Lobos, Ovalle, Rota





Teresa Procaccini Edipan/Guitart 2004 L’opera completa per chitarra Studi e brani da concerto per chitarra sola, duo, trio e quartetto di una delle più importanti compositrici italiane. Con la partecipazione di Elio Pandolfi, voce recitante in Jokes su testo di Aldo Palazzeschi



Fabio Renato d'Ettorre (Luci e ombre - Musikstrasse) 2006



Enrico Razzicchia (Limpidissimi infiniti - Domani Musica) 2006



Partecipazione alla realizzazione delle monografie musicali su Fabio Renato d'Ettorre con Queimada per quartetto di chitarre e su Enrico Razzicchia con Allegoria dei musici dormienti per trio di chitarre




lunedì 7 gennaio 2008

Speciale Fernando Lepri: Pubblicazioni

Didattica di base e intrattenimento

Fondamenti di Chitarra - Un metodo in tre volumi per la didattica di base, estremamente graduale e gratificante per l’alunno, ricco di brani solistici e di duetti a partire dal semplice utilizzo delle sole corde a vuoto. Corredato da basi strumentali per l’esecuzione dei duetti. Pubblicato nel 1990 in collaborazione con Arturo Tallini, è stato più volte ristampato. E’ in preparazione una nuova edizione. Edizione Rugginenti



Playing .. the Movies –Un fascicolo con nove arrangiamenti di celebri colonne sonore (Ghost, New York New York, Titanic, Orfeo Negro ecc.) e un Cd contenente le basi orchestrali per l’accompagnamento. Gli arrangiamenti sono stati realizzati in due versioni: la prima per chitarra classica di medio livello, la seconda per chitarra facilitata, per strumenti melodici o tastiere.
Edizione Bixio-Cemsa / Carisch

Revisioni critiche, approfondimenti, CD, CD minus one

Joaquin Rodrigo - Concierto de Aranjuez e Fantasìa para un Gentilhombre: un importante sussidio, realizzato in collaborazine con Massimo Delle Cese, per lo studio e l’approfondimento dei due celebri concerti per chitarra e orchestra. Un fascicolo con introduzione storica di Angelo Gilardino, l’analisi critica e suggerimenti interpretativi e un doppio Cd contenente le esecuzioni integrali e le sole basi orchestrali, sia a tempo che a tempo rallentato per lo studio preliminare. Edizioni Guitart

Antonio Vivaldi – Concerto in Re e Sonata in Sol minore: Un fascicolo con l’analisi critica delle opere e la revisione della parte della chitarra contenente i concetti fondamentali della prassi esecutiva barocca, proposte di realizzazione di abbellimenti e diminuzioni e continui riferimenti agli originali. La pubblicazione è corredata dalla parte per clavicembalo di ambedue i brani e da un Cd contenente sia le esecuzioni integrali sia le sole basi strumentali con cui poter suonare accompagnati dalla clavicembalista Vera Alcalay e dall’orchestra d’archi Academica Romana
Edizioni A.f.M. in Italia e Melbay per gli U.S.A


Luigi Boccherini - Quintetto in Re G.448 per archi e chitarra e Introduzione e Fandango per chitarra e clavicembalo (arr. J. Bream):
Un fascicolo con introduzione storica e la revisione della parte della chitarra del quintetto e un Cd contenente sia le esecuzioni integrali sia le sole basi strumentali con cui poter suonare accompagnati dalla clavicembalista Giuliana Galia e dal Quartetto d’archi di Roma.
Edizione Guitart – Musikstrasse


Ferdinando Carulli - Concerto in La op. 8 per chitarra e orchestra: un fascicolo con l’analisi critica del concerto e la revisione della parte della chitarra e un Cd con l’esecuzione integrale e la sola base orchestrale (in preparazione)





Teresa Procaccini - Sei studi per chitarra op. 72 revisione, diteggiatura e incisione degli studi dedicati agli studenti di chitarra che devono sostenere il compimento inferiore.




Edizioni Edipan

Speciale Fernando Lepri: Rassegna Stampa

Solista



“… elogio della chitarra ... brillante solista ... vivace sensibilità ... tecnica brillante... effetti coloristici corposi e di bellissima qualità …”
(La Sicilia)

“… impeccabile stile ... grande tecnica e musicalità ... prezioso saggio di nobiltà interpretativa….”
(Il Corriere Adriatico)

“… le opere sono suonate con gusto e bravura …”
(Guitart n. 12)

“.. lavoro molto curato, nel quale ogni scelta è efficacemente argomentata .. essenziale e preciso .. familiarità con le spinose questioni legate alla prassi esecutiva della musica barocca “
(Il Fronimo)

“Il lavoro è ben strutturato e ottimamente realizzato, e va consigliato per la sua piacevolezza e per i suoi validi risvolti nell’azione didattica”
(Guitart n. 44)

Trio Chitarristico di Roma

"... Chiara musicalità e ottima intesa ... perfezione tecnica e varietà timbrica … "
(M.R. La Gazzetta del Mezzogiorno)

"... Seri, preparati, precisi, strumentisti tecnicamente ferrati ... un carosello di virtuosismi trattati con passione e sincera abilità"
(R. B. Il Tempo)

“…Straordinaria abilità tecnica...una leggerezza che rivela una notevole maestria ...”
(D. St. - Westdeutche Allgmeine Zeitung)

"... I chitarristi romani conquistano il cuore del pubblico ... concerto di alto livello ... Fragoroso successo..."
(K. B. Westfalenpost)

".. I tre esecutori avvincono i presenti..." (S.d.A. La Nazione)

"... Il gusto, l'eccellente raffinatezza del gruppo e i perfetti arrangiamenti ... creano una differenza fra il Trio e i numerosi chitarristi stranieri ..."
(Magazine Bulgarian Music)
" ... Hanno suonato con eccezionale coscienza musicale .. "
(L.B. Narodna Kultura)

" ... Trois Guitars et du plasir ..."
(H.H. La Presse de Tunisie )

"...Anche le chitarre sanno incantare... tre impeccabili artisti … ricchezza di sfumature... sicurezza tecnica, precisione e affiatamento degli esecutori...fantasia e perfetto senso dell'equilibrio..."
(S.F. L'Eco di Bergamo)

"... Centrate e gustose trascrizioni ... indubbia bravura del complesso, affiatato e musicalissimo ... ottimi gli interpreti..."
(N. S. La Gazzetta del Mezzogiorno)

"... Affiatamento davvero perfetto fra i tre artisti ... esprimevano una magnifica musica quasi con un'unica anima, facendoci assistere ad un evento particolare... Una qualità di suono di alto fascino..
(A.K. Hellweger Anzeiger)

“ … Insieme di primissima qualità.”
(Waz )

“… Concerto straordinario sotto tutti gli aspetti … i tre virtuosi hanno celebrato alla perfezione la musica chitarristica attraverso molteplici sfumature … raggiungendo alti livelli esecutivi … interpretazione brillante, eccitante ed emozionante … “
( M. S. Westfalische Rundchau)

“… Grande spettacolo per un pubblico entusiasta ... padronanza tecnica e perfetta sintonia … alto livello musicale del Trio.. “
(T.K. Ludenscheider Nachrichten)

“ … Vibra la corda della chitarra e dell’emozione … “
(B.T Il Resto del Carlino)

“ … La singolare formazione ha suonato con estro … molti applausi … “
(R.B. Il Tempo)
Recensioni ai Cd editi da Musikstrasse

“...Da veri virtuosi i tre chitarristi hanno lavorato a fondo sul timbro...” (U.P. Suono)

“...Indubbiamente il loro punto di forza è determinato da una grande perizia tecnica e da una raffinatezza nel gioco dei colori musicali...complimenti al Trio...” (Q.T. CD Classica)
(Q.T. CD Classica)

“...Convincente proprietà stilistica, brillante tecnica strumentale e ottimo affiatamento, con particolari note di merito per quanto riguarda l’esecuzione delle opere contemporanee.”
(R.P. Il Fronimo Luglio 95)
“...Splendido recital...testimonianza delle potenzialità e delle risorse...di questo tipo di formazione.”
(G.A. Guitart)

“.. Il trio dimostra una scelta di qualità per il repertorio … mostra virtuosismo e un’interpretazione consona ad una formazione così delicata …”
(F. C. Les Cahiers de la Guitare)

“...Sia per la bravura degli interpreti sia per la maestria degli autori...il Trio Chitarristico di Roma riesce ad affascinare l’ascoltatore per quarantacinque minuti di musica contemporanea: cosa più unica che rara.”
(R.M. Suono)

“...Grande qualità tecnica...il Trio è in grado di affrontare in modo veramente convincente lavori musicali di un Novecento così pieno di strade...Grande merito per l’esecuzione della complessa Ultima Rara di Sylvano Bussotti.”
(S.T. Prospettive musicali)

“...Registrazione di estremo interesse sia per quanto riguarda il repertorio proposto che per l’alto livello artistico e tecnico delle interpretazioni ... dimostrano di essere in possesso, oltre che di tecnica e musicalità, anche di cultura specifica e d’immaginazione.”
(R.P. Il Fronimo Luglio 99)

“ ... Il Trio Chitarristico di Roma (...) è considerato tra le formazioni chitarristiche italiane più rappresentative Il loro nuovo cd, Parade, si inserisce tra le più convinventi produzioni nell’ambito chitarristico contemporaneo internazionale … e proietta il Trio Chitarristico di Roma al di fuori dei limiti della cameristica tradizionale”
(Tutto Chitarra da Guitar Club)

" … Ottima registrazione del Trio Chitarristico di Roma (...). Le trascrizioni di d'Ettorre sono realizzate con grande maestria e fantasia (...). L'esecuzione del Trio è tecnicamente di alto livello, l'insieme è impeccabile sotto ogni punto di vista, le scelte interpretative sempre convincenti e appropriate, l'articolazione ricca di dettagli. Per finire il fraseggio -- elastico come quello solista -- testimonia dell'assoluta unità di intenti dei tre bravissimi musicisti romani."
(R.P. Il Fronimo Ottobre 2003)

domenica 6 gennaio 2008

Speciale Fernando Lepri: biografia

Fernando Lepri nasce a Roma nel 1958 e si diploma brillantemente nel 1984 presso il Conservatorio “Santa Cecilia" di Roma; si distingue in vari Concorsi chitarristici e nel 1980 vince il Concorso Nazionale di Pescara. Vincitore di borse di studio, segue corsi perfezionamento di Alirio Diaz, Josè Tomàs, Eliot Fisk. Interessato alla prassi esecutiva barocca, ne approfondisce lo studio con la clavicembalista Anna Maria Pernafelli.


Dal 1983 svolge con il Trio Chitarristico di Roma, che attualmente forma con Fabio Renato d'Ettorre e Marco Cianchi, un'intensa attività artistica sia in Italia che all'estero (Austria, Belgio, Germania, Grecia, Bulgaria, Tunisia, Algeria, Francia, Svizzera) esibendosi, tra l'altro, in prestigiosi auditori quali l'Oekter Halle di Bielefeld, la Sala Bulgaria di Sofia, Villa Rufolo a Ravello, l’Auditorium della WDR3 di Colonia, l'Auditorium Rai del Foro Italico. E' attivo anche in vari organici cameristici.


Ha partecipato a trasmissioni Mediaset, RAI e di varie emittenti private; ha registrato inoltre per la Radio Vaticana e per la Radio Nazionale Tedesca, Bulgara, Austriaca e Tunisina.


Con il Trio Chitarristico di Roma ha pubblicato tre CD per la casa discografica Musikstrasse: Recital, Rara musica del Novecento, Parade. Il Cd "Rara musica del novecento" nel 2006 è risultato vincitore del concorso discografico "Cd Major". Per Edipan-Guitart, ha inciso come solista, in trio e in quartetto un CD con l’opera completa per chitarra di Teresa Procaccini.


Oltre all’attività concertistica si è da sempre interessato alla didattica del proprio strumento: è direttore artistico e fondatore dell’ Accademia Nova, Scuola di Musica riconosciuta dal Comune di Roma, ha insegnato nelle Scuole statali ad indirizzo musicale, è stato promotore e docente in quattro Corsi Nazionali di Didattica Chitarristica autorizzati dal Ministero della Pubblica Istruzione e in vari Corsi di perfezionamento, ed è membro di giuria in concorsi chitarristici. E’, inoltre, autore di pubblicazioni didattiche come il metodo in tre volumi Fondamenti di Chitarra (scritto con Arturo Tallini per Rugginenti Editore) di cui sta attualmente curando una nuova edizione.
Ha curato anche edizioni per Berben, Ricordi, Melbay, Guitart, Rugginenti, A.f.M, Semar, Edipan, Bixio-Cemsa/Carisch. Tra queste le revisioni critiche e le incisioni discografiche dei concerti per chitarra e orchestra di Rodrigo, Vivaldi, Carulli e opere cameristiche di Vivaldi e Boccherini.


Vincitore del Concorso per l'insegnamento di chitarra nei Conservatori, è titolare di cattedra presso il Conservatorio "A. Buzzolla" di Adria.

sabato 5 gennaio 2008

Tammurriate in Campania: Una Cultura Millenaria: Parte seconda di Esposito Titti

Parlare oggi di tammurriate significa volgere la nostra attenzione ad un linguaggio musicale antichissimo in cui musica, canto e ballo si intersecano in un rituale folklorico dai mille colori; un linguaggio che, caldo, passionale e “incalzante”, riesce a divenire espressione dell’animo e della religiosità di una comunità ma che trae le sue vere origini da culti pagani riconducibili alla Magna Grecia.
Osservare come suonatori di tammorre, cantori e ballerini, su un tempo binario, utilizzando una particolare scansione metrica dei versi (o endecasillabi con periodiche modifiche o un metro ottonario con l’inserimento di stereotipi) ed una gestualità codificata nei movimenti, riescono ad esprimere, in perfetta armonia, gioie e dolori, sacralità e devozione, ha sicuramente un suo fascino.


Di certo chi non ha mai assistito ad una “tammurriata vera” difficilmente può immaginare: basta però partecipare nei mesi di aprile e maggio ad una delle feste popolari in onore di una delle Sette Madonne Campane, feste in cui essa trova principale collocazione, per comprendere quanto detto e cogliere al contempo la radice pagana legata ad essa.
Denominatori comuni di tutte queste Madonne, infatti, sono la loro rappresentazione in trono e la collocazione delle loro festività nei mesi in cui la natura si risveglia e la civiltà contadina avverte la necessità di riti propiziatori per il raccolto, elementi questi tutti riconducibili al culto di un’altra divinità femminile che come la Madonna era simbolo di fertilità e anch’essa era collocata in trono: Demetra, dea delle messi.


Facciamo dunque riferimento a circa duemilacinquecento anni fa, all’opera di colonizzazione della Magna Grecia in Italia ( e ciò spiegherebbe il perché della diffusione delle tammurriate solo nell’entroterra del Sud e non del nord Italia) e a rituali cerimoniali in onore di una dea al cui culto si associava un ballo con l’utilizzo di un tamburo molto simile all’attuale tammorra. Come essa anche il tamburo di Demetra, e successivamente in epoca romana quello utilizzato nei rituali in onore di Cerere, veniva percosso a mani nude e le rappresentazioni su reperti archeologici, affreschi e bassorilievi, databili intorno al V secolo a.c., ne sono testimonianza tangibile.
Accanto ai riti mariani in cui la Tammurriata appare nella sua forma più arcaica e verace, “il canto e il ballo sul tamburo” trovano anche modalità di espressione nelle più svariate attività ricreative e di aggregazione e si arricchiscono di contenuti che vanno ad esaltare i molteplici sentimenti dell’animo umano: la protesta, la sfida, il corteggiamento, la passione, l’amore infelice…



Tammurriate dunque come forma di cultura rurale, come trasposizione cristiana di culti pagani, come esternazione dell’indole umana ma soprattutto come tuffo nel passato col quale è possibile far riemergere e rivivere nel presente certe tradizioni per non lasciarle cadere nell’oblio.




Titti Esposito